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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
1 - MONTI CALA LA SCURE SUL CONSIGLIO...
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
La spending review della Rai è già cominciata. Così come il clima di scontro che il Pdl intende istituzionalizzare dentro il nuovo consiglio di amministrazione. Stavolta però con gli scarni numeri della minoranza. Subito 3 milioni di tagli alle spese di gestione del Cda. Significa che i membri perderanno status symbol e privilegi. Via l'auto blu 7 giorni su 7, abolite le carte di credito, stop ai distacchi interni e agli assistenti portati da fuori, fine delle spese di rappresentanza.
In più lo stipendio base del consigliere viene decurtato del 30 per cento. Passa da 98 mila euro a 65 mila circa. Le deleghe lo faranno lievitare un po', ma il punto di partenza si riduce drasticamente. Sono le prime mosse dell'azionista di Viale Mazzini, ossia il Tesoro. Che ha un nome e un cognome: Mario Monti. Le ha comunicate ieri il dirigente incaricato di Via XX settembre nel corso dell'assemblea dei soci chiamata a confermare la nascita del nuovo consiglio.
à già una piccola rivoluzione che colpisce la zona grigia dei benefit. Alla Rai sono da sempre molto ambiti per il loro valore economico e perché rappresentano un biglietto da visita. Il governo ha anche comunicato formalmente quali saranno i nuovi poteri del presidente Anna Maria Tarantola, per ora solo designata. Per i contratti sotto i 10 milioni basta la sua firma. Finisce l'era delle estenuanti trattative in consiglio. Che a questo punto non avrà più bisogno di riunirsi ogni settimana.
Fiction, programmi, contratti delle star: in larga parte saranno sotto il diretto e unico controllo di Tarantola. A lei spetteranno anche le nomine dei dirigenti di primo e secondo livello non editoriali. Restano quindi fuori dai "pieni poteri" i posti di direttore di tg e di rete, ma resta dentro tutta la struttura amministrativa dell'azienda, dal capo del personale alla pianificazione al controllo finanziario. Nella Rai prima degli "alieni" anche queste caselle erano merce di scambio tra i partiti entrando nel grande risiko delle compensazioni.
La mini riforma della governance, che corrisponde alle deleghe del numero uno, era già stata annunciata da Monti quando presentò i nuovi vertici Tarantola e Luigi Gubitosi,
direttore generale. Ma adesso l'indirizzo è stata formalizzato in una sede ufficiale. Scatenando le prime reazioni. Guglielmo Rositani, consigliere confermato in quota ex An, ha fatto mettere a verbale che le modifiche statutarie di Monti sono «contro la legge». Siamo all'antipasto di una "guerra" senza quartiere che il centrodestra prepara da giorni.
Eppure il governo non mostra nessuna prudenza. Sa bene che sulla Rai pende la minaccia estrema dei berlusconiani: fare qualche scherzo nel corso della votazione del presidente in commissione di Vigilanza. Per ratificare la decisione di Palazzo Chigi servono 27 voti e quindi il consenso pieno di Pdl e Lega. «Non è detto che ci siano», continuano a ripetere i fedelissimi del Cavaliere. Ma il segnale lanciato ieri dal ministero dell'Economia lascia capire che il premier non è affatto spaventato.
Brucia i tempi e vuole mandare segnali precisi. Contenimento dei costi e basta sprechi. Tarantola sta già lavorando al suo primo discorso da presidente davanti ai consiglieri. Non sarà un atto formale. «Da quelle parole si capirà come vogliamo cambiare la Rai». Il neopresidente sa bene che un'impresa così grande non si governa solo predicando l'austerity. Ha imparato a conoscere le aziende quasi più delle banche nel corso della sua esperienza a capo della Vigilanza di Bankitalia. «Razionalizzazione e rilancio», sarà la base del suo programma.
E il taglio ai compensi dei consiglieri serve a far capire che stare nel cda Rai non è un lavoro, che quell'organismo avrà un ruolo meno fondamentale. Le scelte del governo sono destinate ad alimentare la rabbia del Pdl. Nei corridoi di Viale Mazzini c'è chi scommette sul fallimento del piano di Palazzo Chigi. O perlomeno su un suo ridimensionamento.
Ma oggi la maggioranza è in mano ai membri del cda indicati dall'esecutivo, a quelli delle associazioni votati dal Pd e al consigliere dell'Udc. La Rai può diventare il primo grande esperimento postberlusconiano dopo il governo tecnico. Per quello è esposto agli attacchi di quel mondo. Ma per lo stesso motivo non può e non deve fallire nelle intenzioni di chi sogna il superamento del Cavaliere.
2 - E ORA PER LA GUIDA DEL TG1 SPUNTA LILLI GRUBER...
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
Da giorni si moltiplicano le voci sulla prima nomina dei nuovi vertici Rai. Cambiare Viale Mazzini significa anche cambiare i volti, non solo correggere i conti. E non c'è posto più visibile della direzione del Tg1. Alberto Maccari è in scadenza di contratto. A dicembre uscirà dall'azienda. Per la sua sostituzione è spuntato a sorpresa il nome di Lilli Gruber. Sarebbe un clamoroso ritorno.
Il profilo della conduttrice di Otto e mezzo, ex anchor-woman del Tg1, sembra perfetto per un governo guidato da Mario Monti. Esperienza internazionale, curriculum da inviata, alcuni anni a Bruxelles come eurodeputata del Pd, consensi trasversali nel mondo della politica, di madre lingua tedesca che in tempi di spread può diventare un valore aggiunto. All'ultimo appuntamento è stata anche invitata dal gruppo Bilderberg, la sede informale in cui si incontrano i banchieri, economisti e politici più influenti del pianeta.
à un incontro che ha visto per molti anni ospite fisso Monti. Con la Gruber, il Tg avrebbe un respiro più europeista e globale, quindi più sganciato dai partiti e più vicino ai dossier che il governo è chiamato a maneggiare ogni giorno. Identikit non significa candidatura certa. Ma è vero che Palazzo Chigi preferirebbe un telegiornale della rete ammiraglia
diverso dai canoni classici e lontano dagli equilibri delle forze politiche.
Del resto, uno dei pochi inviti televisivi accettati da Monti è stato quello della Gruber su La7. Il cambio della guardia potrebbe avvenire in autunno e la nuova direzione condurrebbe il Tg1 verso le elezioni del 2013, momento cruciale del sistema dopo la cura tecnica. Altra nomina a breve sarà quella a Raidue. Pasquale D'Alessandro, dirigente molto stimato, ha fallito la battaglia degli ascolti. La rete perde pubblico e pubblicità . Si dice a Viale Mazzini che D'Alessandro abbia addirittura già inviato la lettera di dimissioni. Resteranno ai loro posti invece gli altri direttori di rete.
Il rinnovamento al Tg1 apre di solito un giro vorticoso di sostituzioni anche negli altri Tg. Questa è la regola della Rai. O meglio, della vecchia Rai. Al Tg2 e al Tg3 infatti sono sicuri che non ci saranno sconvolgimenti, che un eventuale rivoluzione non potrà avvenire prima del 2013, ovvero dopo le elezioni. Ma la partita è appena cominciata e a Viale Mazzini non sono così sicuri che gli "alieni" faranno la fine del marziano di Flaiano, che dopo l'effetto iniziale viene snobbato da tutti e se ne torna sul suo pianeta. Tarantola e Gubitosi vogliono durare.
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