FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Marco Giusti per Dagospia
Una vita difficile, Il vigile, Il vedovo, Crimen, Bello, onesto, emigrato in Australia…, La ragazza con la pistola, La spiaggia, Lo scopone scientifico, Totò e Carolina, Il moralista… Rodolfo Sonego ha scritto 80 film, quasi tutti i capolavori di Alberto Sordi, e gran parte dei capolavori della commedia all’italiana. Ha lavorato con registi come Alberto Lattuada, Dino Risi, Luigi Zampa, Mario Camerini, Mario Monicelli, Luigi Comencini, con produttori potenti come Dino De Laurentiis, Carlo Ponti, Angelo Rizzoli.
Oggi i film, in Italia, non si scrivono più come li scriveva Sonego. Non si scrivono più, cioè, partendo da un’idea che nasce dallo studio della realtà. Come non si vanno più a cercare quelle notizie di cronaca che possano avere dentro “il germe di una metafora universale”. Oggi in Italia ci sono degli attori, dei registi, degli sceneggiatori. Si scrive e si gira in fretta, come negli anni ’50 e ’60. Ma le idee non le portano più i Sonego, i De Concini, gli Amidei, gli Zavattini, gli Age e Scarpelli cresciuti con la guerra e con il neorealismo.
Le idee si comprano o si prendono da altri film, dai libri, dalla tv, dal web. Si girano sequel e remake, e sequel di remake. Non si perde più tempo a cercarle. Sonego, invece, come spiegano le fondamentali 588 pagine a lui dedicate da Tatti Sanguineti, ‘’Il cervello di Alberto Sordi. Rodolfo Sonego e il suo cinema’’, Adelphi, 26 euro, partiva sempre e comunque dalla ricerca dell’idea. E quest’idea nasceva quasi sempre da esperienze di vita, di viaggio e dalla cronaca.
L’ossessione di Sonego per arrivare all’idea per un film, anche per episodi da scrivere in mezz’ora, è quello che viene maggiormente fuori da tutte le sue storie e i suoi ricordi raccolti con amore da Tatti Sanguineti. Uno sport oggi molto poco praticato nel nostro cinema. Come ricordava Furio Scarpelli nel 2000 parlando del collega. “Anche perché l’autore di storie per il cinema è stato caraccato e ridotto su un pizzo della seggiola dal procacciatore di finanziamenti e dal burocrate cine-televisivo”.
Come se i nuovi padroni del cinema da noi, insomma, fossero dei piccoli cialtroni sempre a caccia di soldi e di affari, come i tanti personaggi cinematografici di Sordi, e proprio questi avessero ridotto l’autore di storie alla Sonego a ruolo di rapido esecutore di sceneggiature banali e fatte in serie.
Ohibò. Ecco, proprio per capire come funzionasse il cinema e il lavoro dello sceneggiatore ai tempi della commedia all’italiana, ho estratto una serie di dichiarazioni di Sonego raccolte da Tatti nel suo/loro lunghissimo librone pieno di tante altre idee per altri libri e per altri film.
Racconti d’estate. “Erano tutti racconti di Moravia, ma mancavano quaranta minuti e allora chiamarono me. Sorde era ad Amburgo per I magliari. Lo convocarono per il sabato in Liguria. Ci siamo incontrato davanti alla macchina da presa. Alberto, se c’ero io, accettava delle cose alla cieca. Aveva un coraggio da leone”.
Brevi amori a Palma di Majorca. “I vari episodi erano finiti e dovevano girare in una decina di giorni la cucitura con Sordi che prima non aveva potuto e che in quel periodo era occupatissimo. Chiesero che il copioncino fosse pronto due giorni dopo, perché c’era il volo per le Baleari. E così io e Allegra (la moglie) non siamo andati a dormire finché non abbiamo messo assieme un mucchietto di carta. Ho sfruttato la passione di Alberto per le difformità e ho creato per lui la figura di uno zoppo invadente – lui per ingentilirlo lo chiamava “zoppetto” _, una specie di complessato all’incontrario, uno scomplessato che anticipa Guglielmo il dentone”.
Il moralista. “Appena tornato da un viaggio all’estero, ricevetti una telefonata: “Corri alla Titanus, sono tutti pronti: Sordi, de Sica, la Valeri, ma non c’è più la sceneggiatura. Il produttore ci ha ripensato.” Vado lì e De Sica, gentilissimo, s’avvicina e mi chiede: “Scusi, ma faccio ancora lo zio?”. L’unica cosa che mi venne in testa, vedendoli così annoiati e in attesa di copione, fu questa: perché non li sbattiamo tutti dentro? Così nacque Il moralista. Con buona pace di quella stangona tedesca, bellissima, che era sotto contratto per una parte drammatica e finì invece col fare la spogliarellista da night. Poveretta. Chiedeva del drammaturgo. E il drammaturgo ero io…
Marco Giusti e Tatti Sanguinetti
Il moralista l’ho buttato giù in una notte. Lo spunto era la storia diq uesto censore specializzato nell’accanimento contro i manifesti dei film. Posso dire con certezza che il personaggio interpretato da Alberto Sordi, Agostino il moralista, andava molto al di là della figura realmente esistente dell’onorevole Agostino Greggi e delle sue fobie.”
Vacanze d’inverno. “Sempre la stessa storia. Sempre gli stessi: Donati e Carpentieri. Approfittavano della disponibilità di De Sica e di Sordi, artisti che avevano un bisogno assoluto di lavorare sempre. De Sica perché si annoiava. Qui la novità è la Seicento. Anche io e Allegra avevamo comperato la Seicento: ci andavamo da Roma a Belluno”.
Il vedovo. “La cosa più originale de Il vedovo è l’apparizione della nevrosi e la rappresentazione dell’antisemitismo come un fatto nevrotico. La creazione di un tipo di personaggio completamente nuovo, che prima non esisteva. Dopo un po’ Sordi fa al suo tirapiedi una predica contro certi ebrei che avrebbero sottratto il mercato degli ascensori. La moglie, Franca Valeri, lo attacca. “Tu parli male degli ebrei perché loro sanno fare gli affari e tu no”. Qualcuno scrisse che questo non era umorismo ma psichiatria. Walter Chiari queste cose non le diceva. Nel repertorio di Macario non c’erano”.
Crimen. “Un giorno De Laurentiis mi chiamò nel suo ufficio presso i teatri di posa: “…Ho bisogno di chiederti un favore: ho sotto contratto per due film all’anno con Sordi, Gassman e Manfredi… senza contare Silvana. Io ho bisogno di fare un film a Montecarlo: voglio che tu intrecci questi miei attori, il casinò, il lusso, una trama gialla”… (..) L’ingranaggio narrativo di Crimen che stritola tutti i personaggi come in un torchio hitchcockiano era tutto tutto tutto mio.
C’erano un sacco di personaggi da trattare tutti alla pari e c’era da scrivere sugli attori che avevamo: ci fu moltissimo lavoro, arrivarono altri rinforzi. Ci impiegammo un mese e alla fine portammo con una macchina il copione a Roma, mentre gli attori erano già pronti per girare a Montecarlo. La psicologia del gioco d’azzardo mi interessava, ma il vero giocatore, il grande scommettitore del film era naturalmente De Laurentiis: si cominciò a girare Crimen alla cieca, con gli attori che non avevano letto un copione che non c’era. Io non andai a Montecarlo. Il film uscì a Natale e fece quasi un miliardo d’allora di incassi. De Laurentiis si ripagò tutti i debiti che aveva. Perfino la critica ci trattò benino: si erano divertiti.”
una vita difficile sordi tpa 88
Il vigile. Il vigile appartiene a quella schiera di casi in cui la cronaca serve, perché contiene dentro di sé il germe di una metafora universale. Il vigile era un vigile qualunque, una canaglietta romana… un certo vigile Mellone salito alla ribalta delle prime pagine perché aveva fatto una multa al sindaco di Roma. Diventò un eroe perché era un cretino, non perché era un eroe. Un piccolo cretino prepotentello. Allora mi dissi: “Mi piace l’idea che sono i cretini e i prepotenti che diventano eroi”, punto e basta. Ecco perché gli eroi sono pericolosi”.
Una vita difficile. “Ho scritto questo copione con particolarissimo amore e attenzione, e Risi si è messo con moltissima umiltà, come ha spesso riconosciuto, a mia disposizione, perché si trattava di un copione particolare, una storia che praticamente riguardava me, con molto di autobiografico. Dopo tanti film che parlavano di fatti particolari, di brani di vita, dopo tante novelle, racconti brevi, è forse il primo film che affrontava un arco di vent’anni di vita di un italiano. L’obiettivo era quello di fare un romanzo cinematografico e non più un racconto. (..)
Era la mia vita. Se chiedete a Dino De Laurentiis che l’ha prodotto, a Dino Risi che l’ha diretto, ad Alberto Sordi che l’ha interpretato di raccontarvi il film, nessuno di loro ve lo saprà raccontare. Una vita difficile è un segreto che ho io solo, non ce l’hanno loro. Loro hanno seguito quello che c’era nel copione e si sono trovati in fondo a una galleria ignorando come ci sono entrati.
Il comandante. “Totò era stato il padrone del paese. Il padrone del cinema amico al cento per cento e io, con alcuni miei film per Sordi, avevo fatto un po’ scricchiolare il suo impero. Lo salutai come lo salutavano tutti: “Buonasera, Principe”. “Sonego, lei che ha un cervello così grande, un cervello finissimo, che è tutto un cervello, io Le chiedo il permesso di darle del tu”. E tutti rimasero allibiti, perché Totò notoriamente ci teneva a farsi dare del lei.
“Chiamami Antonio”.
I complessi - episodio Guglielmo il dentone. “Sordi un giorno viene a casa mia con una dentiera che gli avevo regalato, io dissi: “Perché non scriviamo una storiella su un brutto che vuole parlare alla televisione?” Ci siamo messi a lavorare per tre o quattro mattine ed è venuto fuori l’episodio inserito poi nel film I complessi”.
La ragazza con la pistola. “Mi è stato ispirato da un racconto di una infermiera che avevo conosciuto in Inghilterra; in seguito è stato orribilmente manipolato in mia assenza. Era uno dei primi film femministi che dava un certo respiro al personaggio femminile, una meridionale che parte dal’Inghilterra per uccidere un uomo e che, nel corso del viaggio, si emancipa e fa altre esperienza; poi ritrova l’uomo che voleva uccidere, ci va a letto e poi scompare. La storia è stata rimaneggiata a tal punto da perdere ogni concetto di emancipazione”.
Amore mio aiutami. Mi promettevano una Mercedes, per esempio, se in Amore mio aiutami, nel finale, avessi fatto ritornare Monica Vitti col marito, Alberto Sordi. Ma io lì sono stato meno pigro, più presente, mi sono battuto, la Mercedes è rimasta lì dov’era: e il film, eccolo, per gli anni in cui è nato, mi sembra abbastanza coraggioso e coerente…”
Bello, onesto, emigrato in Australia sposerebbe compaesana illibata. “Dopo che il film uscì, Gianni Hecht Lucari estrasse il libretto degli assegni e mi disse: “Ti do cinquanta milioni se mi fai un altro film sull’Australia…”. Allora con cinquanta milioni compravi tre o quattro appartamenti”.
ALDO FABRIZZI ED ALBERTO SORDI
Lo scopone scientifico. “Una partita a carte tra il popolo e il potere. Mi interessa fare un’analisi psicologica del popolo, del suo comportamento, delle sue tecniche nel gioco e nella vita finalizzate a strappare un po’ di potere alla vecchia. Ciò che emerge è che il popolo non è razionale bensì emotivo, mentre il potere è razionale, è buon attore, dunque buon psicologo.”
Il comune senso del pudore. “Una delle peggiori regie di Sordi. Una cosa che è mia del film e che mi divertiva era lo schizzo, il ritrattino del produttore cinematografico del quarto episodio del film. E’ sempre stata una mia specialità di infilare nei copioni battute, spunti e situazioni ispirate da Rizzoli, da De Laurentiis, da Amati. Ma i produttori sono la gente che io ho frequentato di più. Che conosco meglio, che posso raccontare meglio di un’altra categoria sociale. Conosco i produttori meglio dei metalmeccanici.”
SORDI E GASSMAN NE _LA GRANDE GUERRA
Dove vai in vacanza? – episodio Le vacanze intelligenti. Il titolo lo presi dalle rubrica de L’Espresso: le vacanze intelligenti del borghese illuminato e radical chic. L’idea era questa: le disavventure di un padre della nostra generazione, il quale non si è reso conto di aver messo al mondo dei marziani. Non ha più nulla da condividere con questi suoi tre figli di cui uno studia psicologia, un altro matematica e un terzo archeologia. “I miei figli, poveracci, studiano…” dice il protagonista all’alba all’Ortomercato con una cassetta di pomodori San Marzano sulle spalle.
1953 Alberto Sordi e Vittorio Gassman
E questi figli studiosi costringeranno il padre scoppiato e la madre obesa alle vacanze intelligenti: mangiare l’insalata scondita, assistere a concerti in cui non si suona, visitare una Biennale d’Arte dove sono esposti un sasso e un gregge. Alle riprese non ho partecipato. La scena della povera fruttarola spaparanzata su una sdraio che, mentre il marito le cerca una Coca-Cola, un turista americano vorrebbe comperarsi per diciotto milioni era naturalmente nel copione.
Le pecore non erano esposte quell’anno ai Giardini: le avevo prese dalla Biennale dell’anno prima. L’unica cosa che posso dire è che quando andai alla Safa Palatina a visionare il materiale per vedere se era possibile arrangiare qualcosa, invitai Altman con la promessa di fargli poi assaggiare le famose polpette del ristorante della Safa. Altman non capisce l’italiano: vide l’episodio con io che gli traducevo all’orecchio qualche battuta, ma gli parve straordinario.”
Io e Caterina. “Se i film escono come escono, e il mio Io e Caterina è un esempio, è anche perché noi autori siamo pigri, forse un po’ vigliacchi: scriviamo il film e poi lo abbandoniamo. Se lo seguissimo, se ci imponessimo, certe cose non succederebbero… E’ uno dei miei film, non certamente il solo tra quelli ai quali io ho lavorato, al quale è mancato il mio controllo, la mia presenza in fase di lavorazione. E a questo punto le cose sono andate come sono andate.”
in viaggio con papa sordi e verdone
In viaggio con papà. Sordi e Verdone avevano deciso di fare un film insieme e un giorno, fingendo di scherzare, mi dissero che volevano una storiella per il domani mattina. “Se volete una storiella per domattina, è quella di un ragazzo che passa per Roma e rompe le palle al padre. Sono due esseri soli, due solitudine che si sommano assieme e non ne esce fuori niente”. “Bene. Lo facciamo subito”. E se lo sono fatto loro, come piaceva a loro”.
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