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LA ROMA DEI GIUSTI – ARRIVA “UN SEMPLICE INCIDENTE”, THRILLER POLITICO AMBIENTATO E GIRATO IN IRAN SENZA ALCUN PERMESSO, MA MONTATO E LAVORATO IN FRANCIA – UN FILM BEN SCRITTO, INVENTIVO, NON BANALE, DOVE LE SORPRESE NON SONO MAI SOLO MECCANISMI NARRATIVI PER SVEGLIARTI, MA DEVONO RACCONTARE L’ARIA CHE SI VIVE IN UN PAESE COME L’IRAN - CERTO NON È UN FILM INNOVATIVO, MA HA UNA STORIA ORIGINALE CHE SI SVILUPPA COME UN PROCESSO POLITICO AL SISTEMA DI GIUSTIZIA/INGIUSTIZIA DEL PAESE… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Premiato con la Palma d’Oro a Cannes, un po’ inattesa, arriva al Rome Film Fest e da domani 23 nelle sale italiane, “Un semplice incidente”, thriller politico con parti comiche del vecchio maestro iraniano Jafar Panahi di co-produzione francese, cioè prodotto dallo stesso Panahi e da Philippe Martin per Les Films Pelléas, ambientato e girato in Iran senza alcun permesso, ma montato e lavorato in Francia. Al punto che rappresenterà la Francia agli Oscar come miglior film straniero.
Più dramma che commedia, sembra quasi una sorta di versione allungata di un episodio di "Alfred Hitchcock Presents", segna il ritorno al cinema internazionale ben scritto, inventivo, non banale, dove le sorprese non sono mai solo meccanismi narrativi per svegliarti, ma devono raccontare l’aria che si vive in un paese come l’Iran.
Solo l'inizio, con una piccola trovata che capiamo subito, ci fa precipitare subito nel cuore della storia del film. Siamo nell'auto di una famiglia iraniana assolutamente normale, penso. Padre torvo e barbuto, mamma tutta veli neri e incinta, figlioletta arzilla e rompicoglioni. Quest'ultima chiede al padre di alzare la musica a palla, perché sta cantando una sorta di Annalisa iraniana. E capiamo da subito che, con la musica a palla, sta per accadere qualcosa di brutto.
Lo vediamo in tutti i film e in tutte le serie, no? Il padre barbuto alza la musica a palla e mette sotto qualcosa con l’auto. Un cane. Non voleva farlo, certo. Ma la macchina, un po’ un catorcio, non funziona più bene, così si ferma in un posto isolato in una autofficina per rimetterla a posto. È qui che lavora il vero protagonista del film, un certo Vahid, interpretato da Vahid Mobasseri, che pensa di aver riconosciuto nel padre barbuto con gamba di legno, qualcuno che conosce. Al punto da seguirlo fino a casa e dando così vita al dramma centrale del film.
Il padre barbuto con una gamba di legno, interpretato da Ebrahim Azizi, viene riconosciuto da Vahid come Ehgbal, un aguzzino, un torturatore del regime. Così, il giorno dopo, lo cattura, lo chiude nel suo van e pensa di ucciderlo. Ma è davvero lui? Ma anche se fosse lui, gli dice un amico più saggio, cosa gli vuoi fare? Ecco. A questo punto il gruppo dei torturati che vogliono vendicarsi si allarga, coinvolgendo oltre a Vahid, una fotografa arrestata per proteste, che ha visto fare cose orrende al torturatore, una coppia di sposi, un altro tizio.
Tutti hanno le loro idee su quel che si potrebbe fare all'uomo, che si dichiara però innocente. Ma Vahid ha perso tutto quello che aveva per colpa sua, da quando lo hanno arrestato perché, operaio, protestava contro il governo. Come se non bastasse ci si mette anche la bambina di Ehgbal, che chiama il padre perché la mamma sta male, deve partorire immediatamente. Cosa fare? E cosa fare della nostra voglia di vendetta?
Certo non è un film innovativo, ma ha una storia originale che si sviluppa come un processo politico al sistema di giustizia/ingiustizia del paese. Attori bravissimi, Vahid Mobasseri, Ebrahim Azizi, Mariam Afshari, scrittura perfetta, messa in scena giustamente premiata a Cannes. Applausi. Che volete di più? Esce in sala il 23 ottobre.
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