small axe

LA ROMA DEI GIUSTI - POCHI SCHERZI. LA MINISERIE DI STEVE MCQUEEN ''SMALL AXE'', , TUTTA DEDICATA ALLA CULTURA E ALLE LOTTE DELLA COMUNITÀ GIAMAICANA A LONDRA TRA IL 1969 E IL 1980, NON SOLO È GIÀ CELEBRATA COME UN CAPOLAVORO, E DIREI CHE LO È, MA HA FATTO IL PIENO IERI E IL TUTTO ESAURITO OGGI ALLA FESTA DEL CINEMA. AL SAVOY, QUANDO A FINE PROIEZIONE SI È MATERIALIZZATO IN UNA PLATEA DI TUTTI RAGAZZETTI BIANCHI STEVE MCQUEEN NERO CON MASCHERINA NERA È STATO TRAVOLTO DA UN’ESPLOSIONE DI SINCERI APPLAUSI

 

Marco Giusti per Dagospia

 

steve mcqueen dirige small axe

Festa del Cinema di Roma. Pochi scherzi. La miniserie ideata e diretta da Steve McQueen, “Small Axe”, come la canzone di Bob Marley, tutta dedicata alla cultura e alle lotte della comunità giamaicana a Londra tra il 1969 e il 1980, distribuita in tutta il mondo da fine novembre su Amazon Prime, non solo è già celebrata in tutto il mondo come una specie di capolavoro, e direi che lo è, ma ha fatto il pieno ieri e il tutto esaurito oggi (urge un’ulteriore proiezione!) alla Festa del Cinema di Roma ahimé travolta dall’impennata di contagi in Italia e dal lutto di Francesco Totti che ha saltato il già lanciatissimo evento dell’incontro all’Auditorium.

 

Visto che c’ero, posso testimoniare che ieri al cinema Savoy, per la prima di “Lovers Rock”, incredibile episodio di “Small Axe”, tutto dedicato alla musica giamaica di fine anni ’70 (“Mercury Sound! Mercury Sound!”), quando a fine proiezione si è materializzato in una platea di tutti ragazzetti bianchi Steve McQueen nero con mascherina nera al centro della sala è stato travolto da un’esplosione di sinceri applausi. “Small Axe”, e soprattutto questo episodio, l’unico che non metta in scena i durissimi conflitti coi poliziotti e la giustizia bianca, ma si dedica a una notte di musica, ballo, amore e soprattutto canne, e credo che si veda più fumo in questi 70 minuti che non in tutto il cinema italiano dai tempi di Pastrone a Nanni Moretti in “Caro diario”, è davvero una boccata d’ossigeno per i ragazzini cinefili che probabilmente, con i nuovi dpcm, non avranno più tante occasioni di vedere qualcosa di così potente al cinema.

small axe

 

E bello sarebbe stato vedere al cinema anche gli otto episodi di “We Are Who We Are” di Luca Guadagnino, che ha per i ragazzi lo stesso effetto liberatorio. Pur pensati e diretti prima della pandemia, sono le serie, credo, che più possano aprire la mente agli spettatori più giovani e attenti. Se il cinema di Guadagnino si rifà esplicitamente ai suoi modelli Maurice Pialat e Bernardo Bertolucci, quello di Steve McQueen non ha niente a che dividere con le Nouvelle Vague europee, ma cerca di ricostruire, da subito, un percorso nero all’interno del rapporto col colonialismo bianco, anzi inglese, che da subito ha accomunato irlandesi e neri, come dimostrano “Hunger” e “12 anni schiavo”.

 

Ma sia Steve McQueen che Luca Guadagnino hanno come riferimento un pubblico giovane che vuole scoprire oggi la propria identità partendo da una rilettura attenta della storia del secolo scorso. E entrambi hanno questa idea di cinema estremamente sensuale che avvolge i corpi dei protagonisti e ne è costantemente innamorato. Guardate cosa fa Steve McQueen con John Boyega, il ragazzo nero che vuole diventare poliziotto in “Red, White and Blue”, per battere il razzismo dei bianchi, ma anche con Shaun Parkes in “Mangrove”, con i ragazzi di “Lovers Rock” che ballano attaccati tutta la notte.

small axe

 

Ognuno di questi cinque episodi, a Roma se ne sono visti tre, quelli che ho citato, ha una sua storia, un suo stile, e perfino una durata diversa. Tutto è molto più libero rispetto a una serie tradizionale. L’idea di Steve McQueen è quella di costruire cinque storie esemplari della storia della comunità che ne celebri la lotta per la conquista di un proprio spazio identitario. “Mangrove”, l’epiosdio che aprirà tutta la miniserie il 20 novembre, è costruito attorno al primo ristorante di cucina caraibica gestito e diretto da un giamaicano, Frank Crichlow, Shaun Parjkes, nel 1970, alla sua lotta per rimanere aperto malgrado gli attacchi della polizia di Notting Hills, e al duro processo che Crichlow, assieme ai leader delle Black Panther londinesi e delle proteste civili, dovettero subire dalla giustizia bianca e razzista inglese.

 

small axe

Somiglia molto, anche per la storia, al recentissimo “The Trial of Chicago Seven” di Aaron Sorkin, che potete vedere da un paio di giorni su Netflix, tutto dedicato a un celebre processo che, nel primo mandato presidenziale di Nixon, 7 leader studenteschi, da Tom Hayden a Abbie Hoffman, da Jerry Rubin a Bobby Seale delle Black Panther, dovettero subire ingiustamente a Chicago. Se il film di Sorkin è interpretato da attori meravigliosi, Sasha Baron Cohen come Abbie Hoffman e Frank Langella come il giudice Hoffman sono uno spettacolo, ma è superparlato e un po’ pesante, quello di Steve McQueen mi sembra meglio costruito e diretto.

 

small axe

E serve per aprire il discorso sull’intera serie. “Lovers Rock” è l’unico che non ha né una storia vera né una vera storia forte, è solo un incredibile omaggio alla musica giamaicana, il Lovers Rock, reggae romantico da ballare per ragazze, e alle storie d’amore dei padri e delle madri dei ragazzi di questa generazione. E’ anche l’episodio più libero come messa in scena, più artistico e forse legato ai suoi grandi video degli esordi.

 

 “Red, White and Blue” è decisamente più politico e più tradizionale, ricostruendo la vera storia del primo poliziotto nero londinese, Leroy Logan, interpretato dalla star di Star Wars John Boyega, un ragazzo colto e laureato che decide di fare il Bobby proprio per cambiare dall’interno la mentalità della polizia e aiutare la gente della sua comunità. McQueen si identifica completamente in Boyega, lo segue da vicinissimo. E gli offre la battuta migliore quando se ne esce con un “Voglio unirmi alla Forza”, e, visto che siamo alla fine degli anni ’70, gli rispondono “Ma vuoi diventare Jedi?”. E lui spiega che vuole unirsi alle “Forze di Polizia”. 

 

john boyega in small axesmall axe