DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
da Circo Massimo - Radio Capital
Più di Amadeus, più di Fiorello, più delle canzoni, la protagonista della prima serata del Festival di Sanremo 2020 è stata Rula Jebreal, con un commovente monologo contro la violenza sulle donne in cui ha parlato anche della madre, morta suicida dopo le violenze. "Prima di entrare c'era un momento di suspense, tutti sentivamo la responsabilità per quello che era stato detto prima del monologo.
amadeus abbraccia rula jebreal
Quando sono entrata, ammetto che facevo fatica a guardare davanti a me, c'era mia figlia", racconta la giornalista a Circo Massimo, su Radio Capital, "L'energia nella sala era bellissima, ma dire quelle parole è stata dura, perché sapevo che mentre le dicevo qualcuna subiva quelle cose, sapevo che mentre facevano polemiche su Sanremo le donne venivano ancora picchiate, molestate, uccise. In questo paese solo la scorsa settimana sono state uccise sei donne. Sta diventando un'emergenza nazionale", continua, "Dobbiamo rispondere, continuare a combattere.
Ho cercato di dire all'inizio di fare tutti un passo avanti, guardando al di là delle opportunità politiche e cercando di affrontare i temi veri". Fare un passo avanti vuol dire anche andare oltre i dati: "C'è una parte che non viene raccontata, ad esempio secondo la maggioranza delle statistiche il 70% delle donne non denuncia molestie, abusi o stupri, perché hanno paura delle domande insinuanti, dei sorrisi sotto i baffi... non ci dimentichiamo che quando è scoppiato il metoo negli Stati Uniti, pur nell'ampia solidarietà della società, in delle trasmissioni alcuni uomini mettevano in dubbio e discutevano le storie delle vittime senza sapere tutti i fatti. Sono rimasta agghiacciata.
Per venire avanti ci vuole un coraggio immenso. Anche mia madre ha avuto paura delle domande e delle insinuazioni". La madre, appunto, di cui è riuscita per la prima volta a parlare apertamente: "Quando vivi una cosa così scioccante, sei anche tu vittima indiretta di quello stupro", racconta Jebreal a Massimo Giannini e Oscar Giannino, "Ho vissuto nel terrore che questo accadesse a me o a mia figlia. E ho vissuto la vergogna di non sapere come raccontarlo, fino a poco fa non sapevo come dirlo. Ho deciso che c'era un'opportunità, adesso che ho 46 anni e ho una figlia grande, ho sentito l'esigenza di dirlo quando ho visto i dati. E stamattina io spero che questo monologo faccia riflettere. Non solo c'è la responsabilità della politica e delle forze dell'ordine, ma anche la nostra responsabilità civile, di come parliamo. La violenza vera inizia con le parole".
RULA JEBREAL CON WEINSTEIN E SCHNABEL
Parole che, ricorda la giornalista, hanno colpito lei e anche chi ha partecipato alla scrittura del monologo: "Selvaggia Lucarelli mi ha aiutato, quando ho avuto bisogno di colleghe donne per dire le parole giuste mi sono rivolto anche a lei, oltre che ad autori come Sergio Rubino. Ho letto da qualche parte che c'è chi dice che lei è esperta in zoccolaggine, una parola di una violenza totale. Io sono stata chiamata talebana qualche anno fa su un giornale... queste parole violente mettono a rischio la nostra sicurezza. Gli uomini devono essere responsabili di come usano le parole, perché le donne poi pagano un prezzo alto".
Il monologo di Rula Jebreal è stato accompagnato da polemiche politiche: "C'è stato un momento in cui abbiamo detto che avrei fatto una cosa contro la violenza sulle donne. Ho letto da qualche parte che qualcuno chiedeva di avere un contraddittorio, e lì sono rimasta scioccata. C'è un problema logico? Volete che salga su quel palco un uomo che picchia le donne, uno stupratore? Quello sarebbe stato un contraddittorio".
Jebreal, poi, ringrazia: "Amadeus è stato straordinario. Dalla Rai ho avuto la libertà totale, non hanno detto neanche una parola quando gli abbiamo dato il monologo. Anzi, il direttore di Rai1 si è molto commosso: mi ha vista anche nell'ultima prova, mi ha sostenuta fino in fondo". Infine, un appello alle donne: "Vorrei dire alle colleghe che bisogna essere solidali tra di noi. Chi ha una piattaforma deve aprirla alle voci femminili. Se si ha un po' di potere, bisogna condividerlo con altre donne. Se si ha un minimo di libertà, bisogna liberare altre donne".
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