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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
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Giocano tutti per la Juventus. Più la lepre rallenta, più le comari, dietro, annaspano. Cade in casa la Lazio, pareggia tra i fischi l'Inter, approfitta della pausa il solo Napoli. Duello a due e molto fumo all'orizzonte. L'unica cosa chiara è che dopo gli strepiti, le urla e le parole dal sen fuggite, la tanto invocata inchiesta su Juventus-Genoa forse non ci sarà .
Meglio così. Affrontata con gli strumenti tipici del porto delle nebbie si sarebbe rivelata l'ennesima pratica inutile. Con una Federazione che pur di non affrontare nodi strutturali irrisolti da decenni e pulizie di stagione non più rimandabili, avrebbe riempito qualche verbale di inchiostro per poi archiviare e annegare la pratica nel solito stagno del nulla di fatto. Intanto, in attesa del teatrino settimanale e di qualche inevitabile squalifica, prime pagine.
Delirio Juve.
Siamo in pieno Vintage. Tra l'Oronzo Pugliese paonazzo, Emiliano Mondonico che agita la sedia contro la tribuna, o Carletto Mazzone che corre pazzo di gioia verso l'odiata curva dell'Atalanta. Nella vana imitazione degli antenati, Antonio Conte sabato notte pareva davvero arrabbiato. La sua corsa verso la terna al fischio finale. Le agitate immagini dell'isterismo juventino così vicine e così lontane a quelle in differita di Parma, dove il Napoli si impone sui locali per 2-1, vìola il Tardini finora inospitale e vola a meno tre punti da chi ora, dilapidato il tesoretto, trema e si sente defraudato.
Davvero l'arbitro Guida, campano d'origine, ha detto "Non me la sono sentita" dopo non aver assegnato un evidente rigore alla Juventus a un soffio dalla fine sull'1-1? Davvero c'è un complotto ai danni di una squadra stanca, nervosa e in dispendiosa corsa anche nella Champions? Davvero esiste un movimento sotterraneo che vuole il Napoli campione?
Davvero la provenienza geografica dell'arbitro (inelegante sparata di Marotta) ha inciso sulla sua serenità generale? Ancor più dei soli 5 punti raccolti nelle ultime 4 gare, a preoccupare la Corte di Buffon e compagni, è l'aria intorno alla Sisport. La lamentosa cantilena da bar sport che maschera le difficoltà attingendo al sempreverde calderone arbitrale.
Una sindrome da assedio che l'Agnelli minore e i suoi dipendenti sventolano con calcolata aggressività , ben sapendo che "l'oggi a te, domani a me" è nella valigia di ogni direttore di gara che sgambetti in serie A, e che ai torti di ieri, seguiranno a norma di Cencelli i favori di domani. Lo dice Agnelli intervenuto al Gran Galà dell'Aic: "Quelli espressi da Conte e Marotta sono ragionamenti legittimi. Abbiamo partite molto importanti, i protagonisti lo vivono con la giusta dose di emotività e agonismo, quindi è molto difficile chiedergli di comportarsi da lord inglesi a fine gara, specialmente quando un episodio eclatante avviene allo scadere. Quando certi episodi avvengono alla Juve sono sempre enfatizzati in maniera importante. Adesso basta: l'importante è che alla fine vinca il migliore".
Lo spiega Conte, senza metafore: "Quando ci saranno errori a nostro favore che nessuno si azzardi a rompere le scatole". Sul terreno restano due dati. Uno. Se la Juventus è stata penalizzata (lo è stata anche gravemente, non c'è dubbio), la prima formazione a subire un torto nei 90 minuti si chiama Genoa. Il tocco di mano di Vucinic nel primo tempo avrebbe potuto disegnare un'altra gara e giustamente, il presidente irpino di stanza in Liguria, il giocattolaio Preziosi, lo fa notare.
Due. Il siparietto di un allenatore che balza in campo urla, dimena le braccia e grida alla vergogna, non è una bella cosa. Nell'istante e nel poco meditato proseguio: "C'è da dire lascio il patentino per sempre e me ne vado". Soprattutto se il medesimo è sotto i riflettori da sei mesi a questa parte per inquietanti vicende extrasportive. C'era una volta lo stile Juve. Pur nelle difficoltà e nei recenti acquisti sbiaditi (Anelka) a Torino erano tornati a vincere meritatamente e a giocare bene.
Rivederli in abiti moggiani non pare un'oculata operazione simpatia, né una saggia gestione delle risorse umane. A volte va bene o benissimo (Muntari), altre male (Granqvist). Se la calma di fondo però è quella mostrata sabato sera, procedendo verso un finale di partita che si annuncia incerto, per tagliare il traguardo non basteranno i caschi blu dell'Onu.
Piacere, Cavani.
Come detto il Napoli recupera il mezzo passo falso di domenica e si issa a meno tre punti. Vittoria sofferta, ma meritata a Parma. Gli emiliani, imbattuti in casa, erano lanciati verso l'Europa. Giocano a viso aperto i ragazzi di Donadoni e impegnano più volte De Santis (redento dopo la cappella di Firenze), ma prendono gol sull'asse Dzemaili-Hamsik dopo soli venti minuti e per raggiungere il pareggio devono scoprirsi.
La partita è vera e a tratti agonisticamente molto bella. Il Napoli manca più volte il raddoppio (bravo Mirante, imprecise le punte) e quando sembra fatta, a un quarto d'ora dal termine, si complica ancora la vita. Sansone fa carambolare la sfera sull'ex Paolo Cannavaro che la mette dentro. Un tempo si sarebbe chiamata autorete. Ora la Juve dista nuovamente cinque punti e il cronometro avanza. Ci vuole il Matador messo ai dieci metri da un'illuminazione di Insigne per risolvere in zona Cesarini e dare il via alla festa dei 5.000 napoletani presenti. Per lo scudetto c'è anche De Laurentiis.
Sogni in similoro
Non c'è forse più la Lazio. Più che per i sei punti di distanza (applausi, comunque) per la mancanza di alternative dietro ai titolari. Il Napoli ha Insigne, la Lazio il vecchio guerriero Brocchi. Così dopo 16 partite utili: "Siamo stati fortunati? Certo" aveva detto non senza preveggente ironia Pektovic alla vigilia, basta un Chievo molto concentrato per far sfilare in passerella la sfortuna e frenare il sogno di Lotito.
I veronesi si impongono per 1-0 (Paloschi) ma a impressionare in una Lazio che fa a meno di Klose per causa di forza maggiore e di Mauri e Hernanes (per scelta di Pekto), è la pochezza d'insieme che lascia il portiere veneto Puggioni quasi inoperoso. A sei punti, la Lazio non dovrà almeno immediatamente guardarsi dall'Inter (che pareggia con il Torino in serata, soffre tantissimo e rimane sotto, a tre punti.
Subito Chivu su punizione, poi l'inaudita doppietta di Meggiorini (non segnava da 28 partite) e il dominio del Toro raggiunto dal pareggio di Cambiasso a 25 minuti dalla fine su invenzione di Zanetti, 39 anni. Ci sarebbe il tempo di vincere ma all'Inter, più che l'ultimo tocco, sembra mancare un'idea. Il volto di Moratti è un programma. Sneijder sarebbe servito. Il Milan, al secondo successo consecutivo grazie al blitz di Bergamo, è a soli tre punti.
Milan sì.
Nel vecchio stadio dove Colantuono si arrangia con quel che ha e per la prima volta in stagione azzarda due punte dal primo minuto (Parra e Denis), il Milan di Allegri si impone per 1-0 raggiungendo quota 37. Ci pensa il solito El Sharaawy (non segnava da un mese) su assit di Niang. Il Milan dall'attacco giovane rischia poco, lotta molto, litiga, spreca e alla fine festeggia. Rispetto alle prime settimane da incubo è un'altra storia. Chissà che il tentativo di salvare la faccia non coincida con l'aspirazione-prima solo sussurrata e ora concreta- di raggiungere il terzo posto. Per la squadra dell'Unto del signore, sarebbe un miracolo. Quasi come l'ingaggio di Balotelli. A volte succedono.
I Diamanti di Roma.
Aria di requiem invece alla Roma. Dopo le esternazioni di Zeman: "Stekelenbug ha sbagliato tutto, la squadra non sarà mai tale se non si rispettano regole scritte che qui non esistono" e le frizioni con la società , un altro inutile punto che la colloca dietro il Catania di Maran e danno all'informe giudizio sull'annata le cupe tinte del fallimento assoluto. Il pareggio da fine stagione a Bologna è un 3-3 che dimostra lo scollamento dell'ambiente e la nudità un progetto tecnico che come si diceva delle giovani promesse, forse, "si farà ".
Per vestirsi di abiti utili a correre al pari della concorrenza alla Roma attuale mancano un portiere degno di questo nome (l'inguardabile Goicoechea è tra i peggiori del campionato), un terzino sinistro e soprattutto, la cattiveria. Nell'anticipo domenicale Totti e i suoi discepoli seminano bene ma in vantaggio per 2-1 (Florenzi, Osvaldo) vengono ripresi e superati a causa di un centrocampo molle e di una difesa imbarazzante.
Pareggerà Tachsidis, il più contestato dall'Olimpico, per il 3-3 finale. Nell'anarchia tattica, persino ovvio che conquisti la scena l'anarchico per eccellenza. Un grande calciatore. Alessandro Diamanti da Prato. La giusta punizione per l'indolenza sarebbe essere puniti dai suoi piedi che trovano pali e traverse a impedirne la gloria. Con l'Udinese a un punto, la settimana a Trigoria si annuncia pesantissima.
Coda di rospo.
In coda il Chievo sale a 28 con i tre punti di Roma e guarda il gruppo in sofferenza con dieci punti di tranquillità . Bene anche la Sampdoria di Delio Rossi. Il Pescara si è dimenticato di scendere il campo e la resa, un vergognoso 0-6 serve soltanto a mettere in vetrina lo strepitoso ventenne italoargentino Mauro Icardi. Ne fa quattro, l'Icardi, che ancora non ha deciso se vestire la maglia delle sue origini o accettare la corte di Cesare Prandelli. Viste le doti non è un dettaglio di poco conto. Il Genoa prende un punto a Torino con l'esordio di Ballardini, terzo tecnico in 22 partite. Cagliari e Palermo dividono la posta e il Siena perde a Udine e sempre più ultimo, si uniforma all'atmosfera pompeiana della città .
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