NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Roberto Brunelli per Pubblico
Sull'Italia dolente torna ad abbattersi la maledizione di Sanremo. Con tutte le sue idiosincrasie, i suoi riflessi condizionati, le coazioni a ripetere, le letture politiche. Sin troppo facile, ora che la conduzione è stata affidata a Fabio Fazio, veder stagliata sul festival l'ombra lunga del governo Monti, l'austerità dei tecnici, la moralità della signora presidentessa della Rai, la signora Tarantola, dopo i coloratissimi anni bui anni del bunga
bunga e poi della grande sintesi pattriotarda targata Morandi.
La notizia, per farla breve, è che Fazio proporrà un festival probo, onesto, pieno di buone intenzioni. Ha chiamato solo i migliori (il grande Mauro Pagani farà il direttore musicale,
mentre tra gli autori figurano Michele Serra, Francesco Piccolo, Claudio Fasulo,
giusto per citare i primi tre), e vuole davvero rimettere al centro della kermesse la canzone italiana.
Ogni artista porterà ben due canzoni, non ci saranno eliminazioni dirette stile talent- show, ed è quasi sicuro che Fabio riesca a portare sull'anemico palco dell 'Ariston tanti di quei cosiddetti «big» che solitamente evitano come la peste il festival di Sanremo (pare che sia più o meno certa la presenza di Gino Paoli).
L'amica Luciana Littizzetto probabilmente prenderà il posto della bionda e della bruna, tanto spazio viene dato ai giovani, sicuramente saranno rappresentati i generi musicali che solitamente vengono tenuti alla larga dalla città dei fiori (a cominciare dall'hip hop) e i cosiddetti superospiti non saranno quelli che casualmente passeranno dal Bel Paese solo perché impegnati nei loro usuali giri promozionali, ma grandi artisti che si legheranno con eleganza alla «narrazione» faziana (ci scusi Vendola) del Sanremo 2013.
Infine, anche se per ora Fabio si schermisce, è probabile che ad un certo punto si troverà un modo elegante per far partecipare Roberto Saviano, e tutti ne saremo assolutamente entusiasti. Ma c'è un ma. Grosso come una casa. Se da una parte l'irruzione della cosiddetta «qualità » non può non rallegrare ogni sincero democratico, dall'altra non può esistere un festival di Sanremo senza la sua sana dose di trash. à una condizione ontologica, si potrebbe dire.
Come ognun sa, la sua ritualità quasi sacrale implica una buona fetta di aberrazione. Vanno bene le canzoni che scavino nel profondo, come promette Mauro Pagani (uno che ha lavorato a lungo con un mostro sacro come De André, per cui sa di cosa parla): ma sono intrinsecamente necessari ad una buona riuscita del festival che per anni ci siamo ostinati a chiamare della «fu canzone italiana» anche gli ultra- popular alla Al Bano, alla Pupo, al mai troppo compianto Mino Reitano, immenso nel suo candore elementare, le Oriette Berti e i loro succedanei postmoderni. Questa è la canzone italiana: tante volte pessima - figurarsi negli anni iper-dopati dei cosiddetti talent-show - ma spesso più vera di altrettanta musica virtuosa per animi virtuosi.
roberto saviano e fabio fazio fazio saviano littizzettoCLAUDIO BAGLIONI - COpyright PizziGino Paoli e Ornella Vanoni
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