DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
1- SANREMO BUM BUM: 14,4 MILIONI DI SADO-MASO
Ansa.it - Boom di ascolti per la finale del festival di Sanremo che ha ospitato Adriano Celentano: gli spettatori sono stati 14 milioni 456 mila pari al 50.93% di share nella prima parte e 12 milioni 31 mila con con il 68.74% nella seconda. Un dato che migliora decisamente sia il risultato della quarta serata del festival, sia quello della finale 2011.
2- HA VINTO LA NANA CHE STRILLA
Paolo Biamonte per Ansa.it - Ha vinto Emma come da previsioni. Un podio al femminile e tutto di ispirazione talent: Emma e' la ex star di Amici, Noemi ha cominciato a X Factor e Arisa e' stata uno dei giudici dell'edizione di quest'anno. Si puo' dire pero' che ancora una volta e' la popolarita' il fattore determinante, perche' Noemi ha ormai una carriera lontana dal talent ed e' entrata nei tre finalisti grazie alla golden share esercitata dalla sala stampa.
3- IL MOLLEGGIATO SCOPRE LA CONTESTAZIONE
Mario Luzzatto Fegiz per Corriere della Sera
Forse nel prossimo contratto Celentano dovrà inserire anche la scelta nominativa degli spettatori in sala. Per la prima volta nella sua carriera si è trovato di fronte a un dissenso clamoroso di una parte della platea dell'Ariston che lo ha colto chiaramente di sorpresa. Le grida non sembravano tanto riguardare i contenuti delle sue esternazioni, quanto proprio il suo ruolo su quel palco. L'espressione del Celentano stupito-seccato sarà difficile da dimenticare. Rivelava un uomo poco abituato ad essere contraddetto, da sempre circondato da yes-men, fin dai tempi del Clan.
La contestazione lo ha colto impreparato. Lui, abituato ad ammaliare le grandi platee e i colleghi di ogni età , lui così pericolosamente simpatico, messo al muro da urla e fischi in diretta eurovisione. Ma c'è sempre, per tutti, una prima volta. Cogliere il mondo solo attraverso i media nell'isolamento di Galbiate, non aiuta a restare connessi con la gente vera, quello che grida «basta, predicatore!» e che non mostra nessuna indulgenza per chi si ritiene al di fuori e al di sopra delle regole.
4- LA MORI CONTRO UN CONSIGLIERE RAI: UNA BUFFONATA ORGANIZZATA GARIMBERTI: ACCUSE INACCETTABILI
Renato Franco per Corriere della Sera
Questa volta canta di più, ma continua a fare il Profeta: «Sono venuto per parlare della vita, della morte e soprattutto di quello che viene dopo». Accipicchia. E poi no, chiedere scusa non è nelle sue corde, non ci pensa nemmeno il Grande Esternatore.
Ecco il Secondo Monologo di Celentano. In sala c'è chi contesta, la platea si divide, volano i «basta, basta» nel momento in cui l'aspirante apostolo cerca di chiarire il suo pensiero: «Quando dico che Famiglia Cristiana e Avvenire andrebbero chiusi, ho detto "andrebbero", non significa esercitare una forma di censura».
Era entrato in scena alle 22.40 e ci è rimasto per 28 minuti. Fa la sua Epifania sul rock di «Thirteen Women» di Bill Haley, la scenografia è la stessa della prima serata: una scrivania, luci soffuse, l'immancabile bicchiere d'acqua. Torna a occuparsi del diluvio (universale, visto il soggetto) di reazioni che il Primo Monologo aveva causato. La colpa è di chi non ha compreso.
«La corporazione dei media si è coalizzata in massa neanche avessi fatto un attentato allo Stato. Fra quelli che mi hanno difeso, mi ha colpito la voce di un prete, don Mario, che ha capito ciò che i Vescovi hanno fatto finta di non capire». Molti di più quelli, a suo dire, che non hanno inteso le sue parole e tra questi, surprise, ci mette Marco Travaglio, un modo - l'esegesi del pensiero celentanesco - per dimostrare la sua anarchia e libertà di pensiero: «Perfino Travaglio invece non ha resistito, ha affondato il coltello nella piaga, non la mia, la vostra. Vi distolgono dal capire e allora cosa fanno? Estrapolano una frase dal contesto cambiando anche il modo dei verbi».
Quindi spiega il motivo della sua apparizione: «Io sono venuto qui per parlare del significato della vita, della morte, soprattutto di quello che viene dopo, della straripante fortuna che tutti abbiamo avuto per essere nati e dunque divertirci a fantasticare su dove e come sarà il Paradiso». Un mondo dal quale «ci allontaniamo sempre di più e invece dovremmo cercarlo».
Sottolinea: «Su questi temi dovrebbe basarsi un giornale che ha la presunzione di chiamarsi Famiglia Cristiana o anche Avvenire. Ma loro parlano di politica, della politica del mondo anziché di Dio». Concede: «Se i giornali fossero miei io non li chiuderei, ma cambierei la loro impostazione. Siamo in democrazia, ho espresso un mio desiderio: potete anche stare aperti, ma almeno cambiate il nome della testata».
In Rai le prime reazioni al Secondo Monologo sono discordanti. Il direttore generale Lei avrebbe apprezzato, il presidente Garimberti no. «Celentano ha fatto il suo lavoro in modo corretto e attento: c'è soddisfazione per il suo discorso, vicino agli uomini, alle donne, alla realtà . à stato bello ascoltarlo», il pensiero che verrebbe attribuito al dg.
Il presidente invece avrebbe giudicato «di cattivo gusto il fatto che Celentano sia tornato ad attaccare i giornali cattolici, totalmente fuori contesto le teleprediche e il modo in cui sono stati toccati argomenti alti che andrebbero toccati in diverso contesto e con ben altro livello intellettuale».
Interviene anche Dino Boffo, direttore di Tv2000 che accusa Celentano di «falso in atto pubblico, non si può mistificare la realtà ». Claudia Mori invece è furibonda. Alla fine dell'esibizione del marito raggiunge come un ciclone il consigliere di amministrazione Verro seduto in prima fila: «Complimenti per la buffonata che avete inscenato», perché l'idea del Clan è che i fischi in sala siano stati organizzati dalla Rai. Una ricostruzione e un gesto che Garimberti subito bolla come «inqualificabile e inaccettabile». Insomma le polemiche non mancheranno.
L'esibizione di Celentano si era chiusa con due canzoni, entrambe dall'ultimo disco. «La cumbia di chi cambia» è un'accusa alla classe politica. Con Morandi canta «Ti penso e cambia il mondo», una brano che fa venire letteralmente le lacrime agli occhi al conduttore.
A Celentano piacendo, Sanremo si svuota.
5- CHE SCHIFO IL FESTIVAL, SPERIAMO TORNI PRESTO
di Riccardo Bocca per il blog Gli Antennati sul sito de L'Espresso
Ora che tutto è finito, e che nel cuore degli addetti ai canori regna un sollievo da venticinque aprile, da day after di un impegno massacrante, cresce la percezione neanche troppo sballata che in fondo in fondo sia stato bello, anzi molto bello, giocare al gioco del Festival di Sanremo.
Bruci all'inferno, perché reo di menzogna, chi per giustificare il proprio vizio oscuro di cinque sere appiccicate a Sanremo, parla ancora di musica di qualità , di rilancio della melodia italiana e altri soavi propositi, già smentiti d'altronde dalla presenza in scena di personaggi come Crudelia Bertè e il solito Bazar di Matia.
Basta per sempre, verrebbe da implorare, con questa favola del laboratorio canoro, della vetrina internazionale per superstar e nuovi talenti. Se al festival c'è un punto fermo, infatti, sta da tutt'altra parte; cioè nell'attimo irrinunciabile, anno dopo anno, in cui una monumentale pernacchia parte dalle case italiane in direzione ligure.
Un poderoso sussulto, figlio di tradizioni ancor più antiche del festival, che rimbomba nelle abitazioni più varie, dalle stamberghe delle periferie disumane fino alle snobissime piattaforme del pubblico online, dove anche il meglio della cervelleria circolante sfotte Sanremo e la sua modestia implicita.
Tutti assieme, ipocriticamente, i pubblici della bella Italia, dai più alti ai più bassi, fingono insomma di disprezzare la platea dell'Ariston, tacciandola di applaudire a ogni accenno canoro, provenga esso dalla divina Patti (non quella Pravo) o dalla D'Alessio family, insuperabile nell'occupare spazi mentre dovrebbe al massimo allietare spizi.
E ancor di più, il popolo dei telecinici, finge disprezzo e scandalo per i deliri di Celentano, l'incontinente Adriano, tanto stroncato a caldo per le sue brame di paradiso -anche fiscale, perché no?-, quanto riamato un secondo dopo quando si mette a cantare.
Che poi sia Emma Marrone, a vincere il festival, cioè il partito invisibile del segretario De Filippi, o il ciuffettone coatto di Alessandro Casillo, trionfatore tra i giovani, davvero cambia pochissimo. Perché tutti sanno, da un pezzo ormai, come funziona Sanremo. E dunque neanche provano, scanalando altrove, a ridimensionare quest'infilata di giurie e televoti, presentatori e superospiti.
Molto più divertente, piuttosto, è concepire Sanremo come il migliore dei cassonetti. Un gran bidone delle meraviglie dal quale estrarre, anno dopo anno, il meglio e il peggio di noi stessi; così, in ordine sparso, senza pretese, ammassando una Dolcenera qualunque a un balletto di Ezralov, un'ospitata dei Cramberries a un'ovvietà di Morandi.
Alla fine, con questo metodo empirico, si incrociano anche disarmanti sorprese, come il dono canoro della seconda Arisa, o il dolore artistico di un certo Eugenio Finardi.
Sempre in attesa, s'intende, che il tempo passi a tremila all'ora. E qualche nuovo giullare, con puntualità impeccabile, ci faccia uscire dalla bocca le parole che amiamo:
«Ma quanto fa schifo, quest'anno, Sanremo?».
Rocco Papaleo Belen Mrazova SANREMO SECONDA SERATA jpegEMMA MARRONE A SANREMO CELENTANO-MORANDIRocco Papaleo morandi e papaleo b IVANKAIVANKACELENTANO-MORANDIIVANKACELENTANOADRIANO CELENTANO DURANTE LA SUA ESIBIZIONE A SANREMO IVANKAIVANKACLAUDIA MORIfft79 claudia moriPAOLO GARIMBERTI LORENZA LEI VASA VASA Antonio Verro foto Milestone ARISA SANREMO
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