1. NEL PAESELLO DELLE MERAVIGLIE SI AGGIRA ALICE-SERRA CHE MORALEGGIA SU LA PRIVACY PERDUTA SOLTANTO SE NE E’ VITTIMA (CONSAPEVOLE) IL SUO EDITORE CARLO DE BENEDETTI 2. E ASSOPITO SULLL’AMACA CHE OCCUPA A “LA REPUBBLICA” L’EX DIRETTORE DI “CUORE” E DI “TANGO” NON SI E’ ACCORTO NEPPURE CHE DA OLTRE VENT’ANNI IL QUOTIDIANO DI EZIO MAURO FRUGA MORBOSAMENTE DAL BUCO DELLA SERRATURA NON SOLO LE VICENDE POLITICHE E INTIME DI BERLUSCONI MA PUBBLICA INTERE PAGINATE DI CONVERSAZIONI PRIVATE SU PERSONE APPENA SFIORATE DALLE INDAGINI SE NON ESTRANEE. INTERCETTAZIONI CHE DI PUBBLICO INTERESSE (ANCHE GIUDIZIARIAMENTE) AVEVANO BEN POCO. O NO? 3. FINO AD AZZANNARE DAGOSPIA CHE ATTINGEREBBE NEL “TORBIDO” RIVELANDO IN ANTICIPO LE MARACHELLE DI CARLO DE BENEDETTI NEL TENTATIVO DI SALVARE LA SUA SORGENIA

1. L'AMACA
Michele Serra per La Repubblica

"Le discussioni private non sono e non possono diventare oggetto di discussione pubblica", dice Fabrizio Barca in merito all'intercettazione-trappola tesagli qualche giorno fa da un varietà radiofonico. Ha ragione; ma non ha alcuna speranza che questa ragione gli venga riconosciuta perché nel sistema mediatico la distinzione (sintattica prima ancora che etica) tra parola privata e parola pubblica è cancellata.

Nove giornalisti su dieci (soprattutto i più giovani) sono sintonizzati dall'alba al tramonto sul principale sito di gossip italiano: autorevolissimo a patto di rimuovere alla radice ogni vaglio etico e metodologico sulle fonti. Nove giornali su dieci riprendono, spesso con rilievo, parole estorte con l'inganno oppure intercettate da inquirenti e divulgate anche quando non sono di pubblico interesse.

L'argine tra notizia e diceria, tra polemica leale e colpo basso è travolto, e tutto finisce in un melmoso streaming che si autopromuove a "trasparenza" anche quando attinge nel torbido. E posizioni come questa mia sono, nel mondo dei media, di stretta minoranza, e senza dubbio tacciate di moralismo e decrepitezza.


2. DAGO-REPLICA
E' da oltre vent'anni che "la Repubblica" fruga dal buco della serratura le vicende politiche e umane, comprese le più intime, del Cavalier Berlusconi. E di tanti altri personaggi della politica e del mondo della finanza. Spesso spacciando per battaglie in nome della "trasparenza" (a volte sacrosante) anche quelle in cui i suoi bravi cronisti pescavano a piene mani nel laghetto "torbido" formato dal circuito mediatico-giudiziario.

Tant'è che è nata, tra le altre, una nuova figura bieca che si aggira ora nel panorama giornalistico, "l'intercettato". Una sorta di Uomo Nero, dannato per sempre alla pubblica berlina.

Adagiato sulla sua comoda "amaca" di largo Fochetti l'eccellente Michele Serra nel frattempo, però, deve essersi assopito.
Non si è avveduto così che il quotidiano su cui collabora, pubblicava intere paginate di conversazioni private su persone appena sfiorate dalle indagini se non estranee.
Intercettazioni che di pubblico interesse (anche giudiziariamente) avevano ben poco. O no?

Sugli "svaghi erotici" di Berlusconi, poi, il giornale diretto da Ezio Mauro ci ha campato. E non solo metaforicamente. Berlusconi, per altre e vecchie questioni, è stato costretto a sborsare al rivale Carlo De Benedetti quasi 500 milioni di euro per aver barato in una vecchia causa per il possesso del gruppo Mondadori-l'Espresso.

Soldi contanti che adesso i De Benedetti si tengono ben stretti mentre la Sorgenia, società energetica della famiglia affidata alle cure (sic) del figlio Rodolfo, batte cassa con le banche per salvarla dal fallimento con i soldi altrui. O, magari, per sbolognarla a qualche ente pubblico (l'Eni) come sospettava non solo Dagospia ma anche il Corrierone di Flebucciuo de Bortoli. Gossipari ovviamente smentiti il giorno dopo dai De Bendetti.

Sulle pagine dove si culla soave Serra, però, ancora non abbiamo visto alzarsi il ditino accusatore di Massimo Giannini.
Il vice direttore sempre vigile a mettere alla gogna i Vari&Avariati Zunino e Zalenski che pompano soldi degli istituti di credito e si dimenticano di restituirli al mittente senza interessi.

Del resto nel Paesello delle meraviglie tornano d'attualità le parole di Lewis Carol messe in bocca alla Duchessa: "Tutte le cose hanno una morale, basta saperla trovare".
Come stupirsi allora se dondolandosi sdraiato nella sua amaca, l'ex direttore di "Tango" e di "Cuore" - micidiali inserti satirici dell'"Unità" -, non ha trovato nulla da eccepire, eticamente parlando, neppure sulla lettera pubblicata in prima pagina da "la Repubblica" in cui l'ex moglie di Berlusconi, Veronica Lario, ne denunciava i (tanti) vizi privati e le (rare) virtù pubbliche.

Uno di quei "colpi bassi" che Serra deve aver rimosso nel polemizzare l'altro giorno (ovviamente senza citarlo) con il "principale e autorevolissimo sito di gossip italiano" (Dagospia).

Spesso anche Serra ha inzuppato il pane della sua sapienza infarcito di falsa morale nel tentativo (fallito) di non superare l'argine tra "notizia e diceria".
Si ricordano soprattutto le sue intemerate contro Giuliano Ferrara che considera il Cavaliere "tout court" un suo Grande Amore.

Certo, non arriveremo a scrivere - come ha fatto invece Serra sulle passioni politiche del direttore de "il Foglio" -, che la "pappatoia viene prima della morale" (Bertold Brecht). Ma resta il fatto che a fargli saltare la mosca al naso è stata soltanto l'intervista-trappola ("la "Zanzara" di Cruciani&Parenzo) in cui l'economista di area Pd, Fabrizio Barca, rivela che il suo editore di riferimento, Carlo De Benedetti, ha brigato per averlo nel nuovo governo Renzi.

Già, le discussioni private "non sono e non possono diventare oggetto di discussione pubblica", afferma su "la Repubblica" di domenica lo "sdraiato" Serra, sentendosi così in piena sintonia con il loquace e ingenuo(?) Barca.

Uno sfogo via radio emblematico alla vigilia del siluramento del governo Letta per far largo al rampante Matteo Renzi spalleggiato senza riserve dall'Ingegnere incontinente.
E altri dubbi emergono su come sia stato liquidato in poche ore il gabinetto del presidente Napolitano grazie agli scoop dei giornaloni dei Poteri marci. Non desta sospetto tanta fretta?

E come la mettiamo sul piano della riservatezza perduta tanto cara a Serra quando Carlo De Benedetti svela a una sua vecchia conoscenza, il giornalista commerciale Alan Friedman, che in un incontro amichevole (privatissimo) con Mario Monti il professore gli aveva spifferato che ben prima del suo incarico a premier era stato contattato, sia pure informalmente, dal capo dello Stato?

Una confessione, a quanto sembra, a prova di smentita se De Benedetti (rileggendola) ne ha autorizzata addirittura la pubblicazione nel libro di Friedman "Ammazziamo il Gattopardo" (Rizzoli). E non si tratta di "parole estorte con l'inganno".

La passione di voler raddrizzare il prossimo con i sermoncini a mezzo stampa è vecchia una malattia che affligge pure lo sdraiato di largo Fochetti. Per stare al tema della privacy violata da lui sollevato lo chiameremo Effetto Serra(tura).