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SI E’ SPENTA LA VOCE DI NEW YORK - IL MONDO DELLA LETTERATURA PIANGE PAUL AUSTER: LO SCRITTORE AVEVA 77 ANNI ED ERA MALATO DI CANCRO AI POLMONI – NON AVEVA IL CELLULARE, NON USAVA IL COMPUTER. LA MOGLIE ANNUNCIO’ LA MALATTIA SUI SOCIAL: VIVERE CON QUALCUNO CHE HA IL CANCRO E VIENE BOMBARDATO CON LA CHEMIOTERAPIA E L’IMMUNOTERAPIA È UN’AVVENTURA DI VICINANZA E SEPARAZIONE…
Da corriere.it
È morto Paul Auster, lo scrittore americano che è stato la voce di New York. Aveva 77 anni. Era malato di cancro, lo aveva annunciato la moglie Siri Hustvedt su Instagram - «Penso che sarebbe terribile essere da soli a Cancerland», scrisse la scorsa primavera in un post struggente e pieno d’amore.
Romanziere prolifico, autore di memorie e sceneggiatore diventato celebre negli anni Ottanta per aver ridato nuova linfa al romanzo noir, negli anni è diventato uno degli scrittori newyorkesi più caratteristici della sua generazione. È morto proprio per complicazioni dovute a un cancro ai polmoni nella sua casa di Brooklyn.
QUANDO LA MOGLIE ANNUNCIO’ LA MALATTIA
Da corriere.it - Estratti
«Penso che sarebbe terribile essere da soli a Cancerland». Ha fatto benissimo Siri Hustvedt a dare ufficialmente la notizia della malattia di suo marito Paul Auster. Perché il mondo letterario di Manhattan è piccolissimo, la voce cominciava a girare, e almeno così la questione è stata chiusa in partenza: Auster è malato da dicembre, è in cura in uno dei migliori centri di oncologia del mondo, sta ricevendo chemio e immunoterapia. Punto.
Bizzarro il medium, Instagram, perché Auster non ha il cellulare, non usa il computer, e se hai bisogno di lui devi chiamarlo sul fisso, nella bella casa di Brooklyn, o scrivergli un biglietto se non è urgente. Hustvedt ha scelto il social per postare poche parole che hanno commosso tutti i lettori di Auster — è uno di quegli scrittori apparentemente «freddi» che sono invece capaci di colpire al cuore.
Ecco il post di Hustvedt: «Sono stata lontana da Instagram per un po’. Il motivo: a mio marito è stato diagnosticato un cancro a dicembre — non stava bene da diversi mesi. Ora è in cura allo Sloan Kettering di New York, e io mi sono trasferita in un posto che ho chiamato Cancerland, la terra del cancro. Molte persone ne hanno varcato i confini, o perché sono ammalate, o lo sono state, o perché amano qualcuno — un genitore, un figlio, un coniuge o amico — che ha o ha avuto il cancro. Il cancro è diverso per ogni malato.
Tutti i corpi umani sono uguali e non ce ne sono due uguali. Alcuni sopravvivono e altri muoiono. Lo sanno tutti, eppure vivere vicino a questa verità cambia la realtà del quotidiano. L’intimità con un’altra persona non è solo un’esperienza parallela, due linee che si muovono nella stessa direzione ma non si incrociano. È molto più simile a un diagramma di Venn dinamico, se una cosa del genere è possibile, le parti sovrapposte di due cerchi continuano a muoversi cambiando nel tempo. Un commovente io, e un tu, che è anche un noi.
Penso che sarebbe terribile essere soli a Cancerland. Vivere con qualcuno che ha il cancro e viene bombardato con la chemioterapia e l’immunoterapia è un’avventura di vicinanza e separazione. Bisogna essere abbastanza vicini per sentire i trattamenti, snervanti, quasi fossero i tuoi. E abbastanza lontani da poter essere un aiuto efficace. Troppa empatia può rendere una persona inutile. Camminare in equilibrio su questo filo non è sempre facile, certo, ma è il vero lavoro dell’amore».
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