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Editoriale di Alfonso Signorini per "Chi", in uscita martedì prossimo
Care lettrici, cari lettori, come sapete non amo occuparmi in questo spazio dei contenuti di "Chi": ho incominciato proprio qui a instaurare con voi un bellissimo dialogo e, visto che è una preziosa realtà , continuerò a farlo. Per un giornale, di qualsiasi giornale si tratti, il numero, il consenso e l'interesse dei suoi lettori sono l'unica cosa che conta. Il resto sono chiacchiere. Ma stavolta farò un'eccezione. Perché?
Perché quando le chiacchiere si trasformano in fandonie belle e buone occorre prenderle per le orecchie e sottoporle al pubblico scherno. Come nascono le fandonie? Da un sentimento umano molto meschino, che grazie al cielo non ho la fortuna di conoscere: l'invidia. Quando non c'è l'invidia, subentra la dietrologia faziosa, quella che oscura il buon senso, impedendo di vedere le cose nella loro realtà .
Vi parlo di due servizi, entrambi pubblicati da "Chi" la scorsa settimana ed entrambi entrati nell'occhio del ciclone. Il primo è quello su Ilda Boccassini, sorpresa a fare shopping nella boutique di Hermès, nel quadrilatero della moda milanese. "Repubblica", che tutto è fuorché un giornale equilibrato, parla di un servizio organizzato ad arte per screditare il pm che sta seguendo il processo Ruby, nel quale è coinvolto Silvio Berlusconi.
Scomoda perfino il calzino turchese del giudice Mesiano, parlando di pedinamenti occulti organizzati da "Chi" per gettare fango sul magistrato. I giornalisti di "Repubblica" forse ignorano che ogni settimana servizi come quello realizzato sulla Boccassini, dove si analizzano il look (calzini compresi) e i gesti dei personaggi sono all'ordine del giorno (nel numero in questione ve ne sono altri tre).
Quanto agli occulti pedinamenti gli stessi giornalisti ignorano che il quadrilatero di Milano, dove la signora Boccassini è andata a fare shopping, pullulano di paparazzi, che puntualmente sorprendono i personaggi durante il loro shopping. Se la signora in questione si fosse recata a fare spese con le sue belle calze a righe e la sua bella sigaretta in un negozio di via Torino o di corso Genova i fotografi non l'avrebbero certamente immortalata, perché in quelle vie non stazionano. E "Chi", il vituperato giornale inquisitorio che esiste solo nella fantasia malata di certi giornalisti, quelle foto non le avrebbe mai potute pubblicare.
Seconda scemenza. Leggo sulla prima pagina di Libero che "Chi" avrebbe pagato per l'esclusiva delle foto di Raffaella Fico con sua figlia Pia centomila euro. La notizia è data per certa sulla prima pagina del quotidiano, senza che nessuno si sia preso la briga di telefonarci per sapere se la notizia che si preparava a lanciare avesse qualche fondamento di verità .
Spendere centomila, ripeto centomila, euro per delle fotografie in un periodo come questo, tra i più pesanti e critici nella storia dell'editoria, sarebbe un gesto folle e immorale. Si mettono in cassa integrazione i giornalisti per spendere centomila euro per le foto della figlia di Balotelli? Se così fosse, ci sarebbe di che vergognarsi.
Boccassini, Fico, due esempi di balle trattate per realtà : tanto il lettore è lo scemo del villaggio.... Alla prossima!
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