gomorra la serie

PREPARATEVI A UNA “GOMORRA” DI SANGUE - IL REGISTA STEFANO SOLLIMA: “SARÀ UNA GUERRA TOTALE DOPO LA FINE DELL'ERA SAVASTANO E AVRANNO PIÙ SPAZIO LE DONNE BOSS - SE DURANTE LE RIPRESE ABBIAMO PARLATO CON QUALCHE BOSS? A NAPOLI NON CAPISCI MAI BENE CON CHI STAI PARLANDO…”

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Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”

 

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Dov’eravamo rimasti? Il capostipite del clan Savastano è evaso, la gang di ragazzi del figlio Genny è caduta in un’imboscata e Ciro ha sparato a Genny. L’era dei Savastano, che un tempo regnava su Napoli, sembra irrimediabilmente finita. Gomorra è la serie tv che ha aperto uno spartiacque e una credibilità all’estero: la prima serie è stata venduta in 130 paesi, la seconda andrà in onda dal 10 maggio su Sky Atlantic (ce ne sarà una terza, di questa produzione Sky realizzata da Cattleya).

CRISTINA DONADIO GOMORRA CRISTINA DONADIO GOMORRA

 

Stefano Sollima è supervisore e regista: ma i 12 episodi avranno una turnazione tra lui, Francesca Comencini, Claudio Cupellini e Claudio Giovannesi. «Andrà in onda — dice Andrea Scrosati, vice presidente executive di Sky — anche su Sundance tv, modificando quella consuetudine che vedeva l’Italia importare serialità dagli Usa senza esportarla mai in quel territorio».

 

Sollima, avrete tutti gli occhi puntati su di voi.

«Sì, ma è stato meno difficile di quanto si possa credere. Contano la scrittura, il cast e gli elementi di riflessione e indagine».

 

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Cosa succederà nella seconda serie?

«Anzitutto la riconquista del territorio. C’è una cordata di criminali che cerca di approfittare dello smarrimento dei Savastano. Il figlio (Salvatore Esposito) chiede aiuto al padre (Fortunato Cerlino) che non è più capace di riprendere il comando. Questo apre una serie di conflitti anche personali. Non ci sono due clan che si fronteggiano, c’è il boss Conte (Marco Palvetti) che cerca di imporre la sua egemonia, ma la rottura degli equilibri porta alla lotta di tutti contro tutti».

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Dopo la morte di Lady Gomorra chi è la nuova protagonista femminile?

«Ce ne sono due, le donne crescono nella seconda serie. Maria Pia Calzone era una leonessa, Cristina Donadio nei panni di Scianel è una iena che gestisce il territorio. L’altra new entry è Cristiana Dell’Anna (Patrizia) che ha cresciuto da sola una famiglia numerosa».

 

Uno dei personaggi più indovinati è Ciro, di Marco D’Amore.

«Ciro riprende a tramare nell’ombra con l’obiettivo di compiere il grande salto a cui ha sempre mirato. È l’ambizione pura, quello che attraverso lui raccontiamo nella seconda serie è: cosa sei disponibile a perdere, pur di ottenere quello che vuoi?».

 

Vi siete ispirati a fatti veri?

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«Sì, fatti veri rielaborati. Oltre a Napoli abbiamo girato in Honduras, Germania, Roma. L’universo Gomorra si espande. La prima volta non fu una passeggiata, stavolta alcune obiezioni di tipo politico e morale («esaltate la camorra») si sono spente, hanno apprezzato l’onestà intellettuale».

 

Un ritratto antropologico?

«Ci sono parti del nostro Paese che sono abbandonate a loro stesse, non c’è un’alternativa culturale alla violenza, che è l’unica possibilità di sopravvivenza. Eppure tornando a Scampia e Secondigliano la percezione è stata un po’ diversa, ha pesato anche la visita di Papa Francesco, il territorio è meno emarginato. Se durante le riprese abbiamo parlato con qualche boss? Una delle cose meravigliose di Napoli è che non capisci mai bene con chi stai parlando».

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C’è il fascino del male, ma non c’è empatia con i criminali.

«L’idea era l’estrema umanizzazione dei personaggi. Malgrado sia un mondo lontano dal nostro quotidiano, lo spettatore è portato a pensare che se fosse nato lì avrebbe vissuto le stesse cose. Il modello, come approccio realistico e per il linguaggio crudo e immediato è la serie Usa The Wire. Rispetto a Romanzo Criminale ho usato meno leggerezza, qui pur mantenendo il punto di vista criminale mi sono ben guardato dal rendere cool i personaggi, non scatta il meccanismo identificativo. La domanda che la stampa estera mi fa più spesso su Gomorra, che nasce da un’idea di Roberto Saviano, è: ma la realtà è davvero questa? Purtroppo sì».

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Lei ha detto che il miglior cinema si fa in tv.

«Non c’è più una gran differenza ormai. Vedo che il cinema si sta serializzando, e il suo linguaggio non è cambiato, mentre quello della tv, moltissimo».

 

Una domanda «personale»: è vero che lei ha cominciato come fonico in una strana situazione?

«Sì, era la parata del 2 giugno. Ed ero assolutamente negato».

 

 

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