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Silvia Fumarola per “la Repubblica”
Difficile non essere rapito dal cinema se da ragazzino seguivi tuo padre sui set del Corsaro nero e di Sandokan. Stefano Sollima a 49 anni conserva lo stesso entusiasmo infantile ma il suo sguardo sul mondo è lucido, nero, spietato. Con Romanzo criminale, A.C.A.B.-All cops are bastards, Gomorra e Suburra, il film più atteso della stagione dal libro di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo che anticipa Mafia capitale - uscirà nelle sale il 15 ottobre distribuito da 01 - ha raccontato l’Italia.
«Non devo essere io a rassicurare il pubblico, dev’essere lo Stato» spiega il regista, alto, asciutto, la faccia da attore «quella sullo schermo è solo la rappresentazione della realtà, la cosa terribile è quando succede davvero: è quello che deve farci indignare». Oggi è uno dei registi più richiesti, non ha frequentato scuole di cinema, è cresciuto sui set; sogna l’America e l’America pensa a lui: «Ho due agenti a Los Angeles, vediamo che succederà».
Stefano, suo padre Sergio Sollima, scomparso da poco, quanto l’ha influenzata?
«Ho avuto il privilegio di crescere nel mondo del cinema, tutte le emozioni le porto con me. Da padre capisco molto meglio la relazione con Sergio, ho smesso di essere figlio: sapere che ero riuscito a fare questo mestiere lo inorgogliva. Mi mandava i messaggi: “Parlano più di te che di me”».
STEFANO SOLLIMA SUL SET DI GOMORRA LA SERIE
Lei non ha frequentato una scuola di cinema.
«Sono cresciuto sui set, uno sguardo intimo sul mondo che non può che intrigarti: vedi i grandi che giocano, solo che lo fanno in maniera elaborata. Poi nel genere che faceva Sergio era insita l’avventura, i cavalli, i duelli: come facevi a non rimanere catturato? Mi ricordo quando, ho iniziato a capire che preparavano una scena girandola da diverse angolazioni. Parlavano parlavano e sembrava non succedesse nulla. Poi, magia, era tutto chiaro».
Chi è stata la prima persona che le ha dato fiducia?
«A livello di produzione, i primi corti me li sono prodotti da solo, quindi direi io. Poi la Grundy ho fatto Un posto al sole e La squadra , ho imparato molto di più con le serie lunghe che girando gli spot pubblicitari. Oggi se sono quello che sono lo devo a Riccardo Tozzi di Cattleya, mi ha dato il supporto e l’esperienza, la sua fiducia, mi ha messo a disposizione mezzi importanti. Sono le condizioni in cui puoi esprimere il tuo talento. Il mio punto di riferimento è lui».
È un appassionato del cinema di genere: registi preferiti?
«Michael Mann (La sfida) eWilliam Friedkin (L’ersorcista). Nel “genere” c’è tutto».
Ha appena finito di girare i due episodi di “Gomorra 2”, che pensa delle polemiche sulla rappresentazione del male?
«Mi piace raccontare quello che siamo veramente non quello che vogliamo essere o apparire. Questo trova riscontro nel pubblico perché il racconto è estremamente onesto, non si nasconde dietro a falsi moralismi. Come spiega bene Saviano, gli uomini della camorra sono anche buoni padri di famiglia, mariti affettuosi ma hanno un senso morale deviato. Sono molto più simili a noi di quanto immaginiamo. Il mondo è molto più contraddittorio, sfumato, doloroso di quello che vorremmo ma è anche bello per questo».
Non crede nel ruolo pedagogico di fiction e cinema?
«Perché ti devo rassicurare io? È lo Stato che ti deve rassicurare, non è dando una visione ammorbidita delle cose che vai a dormire tranquillo. Se la speranza non c’è è giusto dirlo. Da spettatore non sopporto che il regista mi prenda per mano per condurmi sulla sua strada morale, preferisco farmela da solo».
“Suburra” è una fotografia di Mafia capitale. Che impressione le fa?
« Suburra risponde a una domanda: dopo Romanzo criminale Roma oggi com’è? Non mi sorprende che il film si sia sovrapposto con l’indagine della magistratura e le inchieste giornalistiche, quando indaghi sui meccanismi, ti trovi a stare parallelo alla realtà. Un giorno stavamo girando nell’area di servizio di un benzinaio e ci siamo fatti qualche domanda».
Il “mondo di mezzo” lo stavate filmando. «Ma il nostro non è un instant movie, il libro è uscito prima. È compito degli artisti intercettare le cose nell’aria e avere il coraggio di raccontarle in uno spettacolo di intrattenimento bello da vedere». Roma si può salvare?
«È immutata e immutabile, oggi Roma è sporca, abbandonata a se stessa, vittima dell’incuria e del degrado. Noi romani siamo cinici e buoni ma diciamo la verità, questa città non è più una capitale di livello, è una grande città del terzo mondo ».
Ha sempre lavorato per Sky: le interesserebbe fare qualcosa per la Rai?
«Per il genere che pratico la cable tv è più aggressiva, ha una linea editoriale più spinta, non dico più libera. La generalista si rivolge a un pubblico più ampio, il tipo di storie che piacciono a me hanno una caratteristica disturbante non sono pacificanti».
Di “Gomorra” è stata annunciata la terza serie: la girerà?
«Non credo. Non vorrei continuare all’infinito, anche per Romanzo criminale è stato così. Gomorra 2 approfondisce il racconto psicologico dei protagonisti. Esaurita la sorpresa della prima serie adesso ti godi i personaggi, le sfumature di quel mondo complesso».
sollima sul set di sandokan 22
Il suo mondo, a parte ruoli di contorno, è sempre fatto di uomini, è un po’ misogino?
«Scherza? Le donne sono esseri superiori. Forse racconto quello che conosco umanamente meglio, perché da ragazzino sono cresciuto in collegio, convivevo con i miei coetanei, mi è rimasto il piacere di raccontare gli amici maschi. Ma con Gomorra e Suburra ho fatto un passo avanti, ci sono donne eccezionali».
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