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Aldo Grasso per il ''Corriere della Sera''
Il motto estivo di Rai1 potrebbe essere questo: chi guarda solo il suo passato non merita di aver un futuro. Con I Migliori dei Migliori Anni (il meglio di tutte le otto edizioni del programma condotto da Carlo Conti), la rete compie un tuffo carpiato con doppio avvitamento nel passato. Come recita un comunicato, «si rivedranno i momenti più suggestivi ed emozionanti, un vero e proprio tuffo nel passato con tanti grandi ospiti, italiani e internazionali, pronti a ricordare gli anni più belli di sempre, tra oggetti del passato e canzoni del cuore».
Che poi questo passato sia un eterno presente - Orietta Berti, Massimo Ranieri, Fiordaliso, i Ricchi e Poveri - poco importa. Per aver creduto che la televisione fosse il nostro domani, per la legge del contrappasso siamo costretti a guardare a ritroso: «e in dietro venir li convenìa, /perché 'l veder dinanzi era lor tolto».
Non bastava Techetechetè , ci voleva Carlo Conti. Da quando esiste la riproducibilità tecnica delle opere, la nostalgia è diventata una componente essenziale dei media, generata in continuità, come già osservava (se non sbaglio) il ricercatore principe del tempo perduto, Marcel Proust, quando sosteneva che le «canzonette» scatenano quel tumulto di sentimenti che chiamiamo reminiscenza, il riaffiorare di vecchi ricordi (i media son una macchina del tempo perduto).
La nostalgia, un sereno equilibrio di inconvenienti, ci costringe a vivere in ciò che non c' è più, ci fa credere di aver vissuto giorni migliori, ma intanto ci allontana dal presente perché è impossibile scremarlo. Amiamo il nostro passato perché lo abbiamo svuotato di qualsiasi smania, di qualsiasi contenuto.
La nostalgia è canaglia, ma è anche accozzaglia. La nostalgia piace al pubblico più adulto ma allontana quello più giovane che, se mai, preferisce guardare il passato attraverso i frammenti di YouTube: Tele-Inps contro Tele-Precarietà.
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