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IL CINEMA DEI GIUSTI - “TERMINATOR GENISYS” DI ALAN TAYLOR. NON È UN CAPOLAVORO, COME ERANO I DUE FILM DI JAMES CAMERON, MA È PIUTTOSTO DIVERTENTE E MOSTRA IL MIGLIOR E PIÙ IRONICO ARNOLD SCHWARZENEGGER DEGLI ULTIMI TEMPI

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Marco Giusti per Dagospia

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“Vecchio, non obsoleto”. Arieccolo il vecchio Arnold in versione Terminator. Possibile che un robot invecchi? In questo caso sì. Ma mena ancora parecchio, anche se, come in Terminator 2, si limita a spezzare le gambe alla gente. Il suo compito, in questo quinto film della serie, Terminator Genisys diretto dall’inglese Alan Taylor, ma di fatto un reboot che comprime i primi due episodi diretti da James Cameron e sviluppa in maniera diversa i caratteri dei protagonisti, è quello di proteggere fino alla morte Sarah Connor, interpretata qui da Emilia Clarke in versione mora, l’eroina di Games of Throne, perché solo grazie a lei e al figlio John che avrà con Kyle Reese, proveniente dal futuro, riuscirà a salvare il mondo dal potere delle macchine.

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Diciamo subito la Paramount ha molto lavorato sul progetto, è stato sentito a più riprese James Cameron, in modo che il suo eroe non ne venisse massacrato dalla nuova versione, è stato chiamato un regista, Alan Taylor, che aveva esordito al cinema con un film fine come I vestiti nuovi dell’imperatore, ma si è poi fatto una fama con la regia di episodi di serie importanti come Mad Men, I Sopranos e soprattutto Games of Throne, la sceneggiatura è stata affidata a Laeta Kalogridis, la sceneggiatrice di Shutter Island e I guardiani della notte, e a Patrick Lussier, sceneggiatore di Dracula 2000 e Scream.

 

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Nei ruoli dei due eroi umani, John Connor e Kyle Reese sono stati scelti due attori australiani, Jason Clarke (Zero Dark Thirty, Il grande Gatsby) e Jai Courtney (Divergent, Insurgent), puntando forse al mercato oceanico, mentre il mercato asiatico è coperto dalla presenza della star coreana Byung-hun Lee come Terminator cattivo che si scioglie e si trasforma in continuazione.

 

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Ma la novità maggiore è quella di Emilia Clarke, cioè la Khaleesi di Games of Throne, nei panni che furono di Linda Hamilton nei primi Terminator. Se Cameron puntava a farne una vera eroina più forte dei maschi, una Sigourney Weaver, i registi e gli sceneggiatori di Terminator Genesys ne fanno invece una versione Khaleesi riadattata per l’occasione. Anche se è piena di armi che userà, i maschi attorno a lei, dal vecchio Arnold Schwarzenegger alla nuova versione di Kyle, sono suoi schiavi fedeli come i personaggi maschili che la adorano in Games of Throne.

 

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E’ un’imperatrice che viaggia nel tempo e ha la possibilità di salvare l’umanità grazie alla conoscenza del futuro e alla sua possibilità di procreare, ma non è l’eroina selvaggia di James Cameron. Taylor sposta, come accadde in Terminator 2, il baricentro della storia sul personaggio femminile e rende il robot di Arnold Schwarnegger una simpatico giocattolone pieno di battute, guardatelo quando ride, ma riconducendolo alla Khaleesi non può puntare sulla sua forza quasi mascolina.

 

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Punta quindi alla sua forza di dominatrice dei personaggi maschili, tutti, umani, robot e mezzi robot e mezzi umani. Credo che questo sia l’aspetto più interessante di un film che è stato un po’ ingiustamente massacrato dalla critica americana (“manca di profondità tematica, di intelligenza concettuale…”), ma che ha dalla sua parte una rilettura curiosa del film di Cameron e dei suoi eroi.

 

E sposta l’operazione verso la serie di culto anche se si presenta come un reboot da supereroi. Con un budget da 155 milioni di dollari e l’idea di aprire una nuova trilogia, si è ritrovato un modesto primo incasso casalingo, solo 44 milioni nella settimana del 4 luglio e 13 in questa, ma già vanta un grande successo internazionale, 47 milioni di dollari solo questa settimana. Non è un capolavoro, come erano i due film di James Cameron, ma è piuttosto divertente e mostra il miglior e più ironico Arnold Schwarzenegger degli ultimi tempi. Certo, tutta la storia dei viaggi nel tempo tra il 2029 e il 1984 e il 2017 ci ha provocato un mal di capoccia notevole e mostra una certa caciaraggine di sceneggiatura, ma questo capita quasi sempre quando si viaggia nel tempo in un film americano. Da vedere. Già in sala.

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