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“NON SIAMO UN FESTIVAL DI STUPRATORI” - THIERRY FREMAUX, DELEGATO GENERALE DEL FESTIVAL DEL CINEMA DI CANNES, RISPONDE ALL’ATTRICE ADELE HAENEL CHE AVEVA ACCUSATO IL CONCORSO DI DIFENDERE GLI ATTORI E REGISTI ACCUSATI DI STUPRO (COME POLANSKI E DEPARDIEU): “NON LA PENSAVA COSÌ QUANDO È VENUTA A CANNES, A MENO CHE NON AVESSE UNA DISSONANZA COGNITIVA” – LE POLEMICHE SULLA PRESENZA DI JOHNNY DEPP...

 

Estratto dell’articolo di Arianna Finos per www.repubblica.it

 

thierry fremaux

Alla vigilia del Festival il delegato generale Thierry Frémaux parla di tutto; di cinema italiano e di creazione artistica, di libertà di pensiero, degli scioperi che squassano la Francia e delle polemiche sulla presenza di Johnny Depp e le accusa di essere "un festival di stupratori" da parte dell'attrice Adèle Haenel. Un lungo incontro con la stampa internazionale riunita al Palais, dove la rassegna prende il via, fino al 27 maggio.

 

Il delegato generale risponde in modo diretto alla polemica partita dalla lettera aperta che l'attrice Adèle Haenel ha pubblicato su Telerama. Lì spiega perché ha deciso di ritirarsi dalle scene per protesta dopo il César consegnato a Roman Polanski. Tra le dichiarazioni, forti, quella secondo cui "Cannes è pronta a tutto per difendere gli stupratori", ha detto riferendosi a Polanski, Gérard Depardieu e Dominique Boutonnat, presidente del Centre National du cinéma.

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Secondo Frémaux, Haenel, a Cannes nel 2019 per accompagnare il film di Celine Sciamma Ritratto della giovane in fiamme, ha fatto un commento "radicale e falso". Ragiona: "Non lo pensava quando è venuta a Cannes, a meno che non avesse una dissonanza cognitiva. Le persone usano il festival per dare risalto a certi temi, è normale, siamo una piattaforma e non me ne lamento.

 

thierry fremaux monica bellucci

Ma se voi giornalisti davvero pensaste che questo è un festival di stupratori, non stareste certo qui seduti ad ascoltarmi, lamentandovi di non riuscire a trovare i biglietti per le proiezioni".

 

Ma si aggiungono le polemiche relative alla presenza di Johnny Depp, protagonista del film che domani sera aprirà il Festival: Jeanne du Barry, regia di Maiwenn, in cui l'attore è re Luigi XV: "Non so nulla dell'immagine di Depp negli Stati Uniti. Nella vita ho una sola regola, che è la libertà di pensiero, di parola e di espressione, dentro i confini della legalità. Se a Depp fosse stato impedito di recitare o se il film fosse stato proibito, non saremmo qui a parlarne. […]".

 

Tre gli italiani in concorso. Rapito di Marco Bellocchio, Il sol dell'avvenire di Nanni Moretti e La chimera di Alice Rohrwacher. Frémaux ribadisce i concetti già espressi alla conferenza stampa di presentazione del festival sul grande cinema italiano.

 

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"Con due veterani e una giovane regista il cinema italiano a Cannes è ben rappresentato, anche se vive una situazione paradossale. Dopo gli anni Novanta, caratterizzati dall'assenza di dialogo con la televisione e dalla mancanza di un sostegno del governo, le cose sono molto cambiate, ma non basta. […]

 

E c'è ovviamente la guerra in Ucraina, "io stesso - dice Fremaux - porto il simbolo dell'Ucraina sul risvolto della giacca. Cannes è un grande momento mediatico ed è normale che la politica si affacci. L'anno scorso c'è stato il presidente Zelensky collegato in apertura, il nostro impegno per la pace continua".

 

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Sette donne in concorso, un record da parte di un festival che il collettivo 50/50 per anni ha accusato di misoginia, dati alla mano. "Il festival 2023 è testimone di un tempo in cui lo sguardo femminile illumina tutte le arti, non solo il cinema. Da qui partirà una nuova generazione giovane, affrancata dai maestri e tutta la selezione è oritentata ai nuovi talenti. […]".

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