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Alberto Mattioli per la Stampa
Sul palco della Sala Grande, con il Leone d' oro in mano, Guillermo Del Toro fa tre dichiarazioni. La prima: «Dedico questo premio a ogni giovane regista latinoamericano». La seconda: «Ho 52 anni, peso 110 chili e questo è un momento che non dimenticherò mai». La terza: «Credo nella vita, nell' amore e nel cinema, e lascio questo palco pieno di vita, di amore e di cinema». Applausi.
Alla conferenza stampa dei vincitori, Del Toro insiste sul suo giro vita: «Grazie mille, mi sento quasi magro». E spiega il suo film pieno di mostri: «In passato abbiamo sperimentato tanto. Oggi è il momento di capire che anche ai festival non si possono legittimare solo certe opere.
I film fatti con intelligenza meritano attenzione indipendentemente dal loro genere». Ma adesso Hollywood dovrà considerarla di più, magari verso gli Oscar? «Credo che il mio film sia un' opera di amore e di passione. Poi può portare anche qualcosa di positivo, ma l' importante è restare onesti con se stessi. Ricevere premi è meraviglioso, però non si fanno i film pensando ai premi». Sono 50 anni dall' ultimo Leone d' oro a un messicano, «ma non so se voglia dire qualcosa. Vuol dire molto per me, che faccio questo lavoro da 25 anni». Ispiratori? «Hitchcock e Buñuel su tutti».
I perchè di una scelta La giuria, invece, resta sul vago.
«Abbiamo parlato tanto. Più film vedevo e più desideravo discuterne. Scegliere è difficile, c' erano grandi film e solo sette premi», spiega (poco) le sue scelte la presidente, Annette Bening, e poi ringrazia le interpreti perché traducono gesticolando, «so Italian». Però si rifiuta di dire se la decisione di attribuire il Leone a Del Toro è stata presa all' unanimità oppure no.
La giurata italiana, Jasmine Trinca, parla della Coppia Volpi a Charlotte Rampling, protagonista dell' unico film italiano che finisce nel palmarès, sia pure per interposta attrice, Hannah di Andrea Pallaoro: «Rampling è una meraviglia, e su questo non c' è stata discussione. Per il resto, non si giudica un film dalla nazionalità. Il cinema è una lingua comune e collettiva».
Il vincitore più emozionato è quello doppio, Xavier Legrand che, con Jusqu' à la Garde , porta in Francia il «Leone del futuro» per la miglior opera prima e Leone d' argento per la miglior regia. Al primo premio, che comprende anche due assegni da 50 mila dollari, uno per lui e l' altro per il produttore, spiega che «mi chiedono spesso perché ho fatto il mio primo film su un soggetto così doloroso», una durissima separazione con prole sofferente, «e la risposta è semplicemente che non potevo aspettare». Al Leone, poi, Legrand il sensibile si è direttamente messo a singhiozzare.
Altri sono più scafati. Martin McDonagh riceve solo il Premio alla miglior sceneggiatura per T hree Billboards Outside Ebbing, Missouri , che secondo molti, anzi quasi tutti, meritava di più.
Lui si limita a evocare «la magnifica pasta mangiata e i magnifici Negroni bevuti», in questi giorni. Sono premi anche politicamente bipartisan, almeno per quel che riguarda il Medioriente. Il Gran premio della Giuria va a un israeliano, Samuel Maoz, per Foxtrot . La Coppa Volpi per il miglior interprete maschile a un palestinese, Kamel El Basha, per The Insult . È al suo primo film dopo una vita a teatro, quindi fra i vari ringraziamenti ci sono stati quelli «per i palestinesi che da trent' anni mi vengono a vedere, senza i quali non mi avrebbero mai chiesto di fare questo film».
Ma questi premi aiuteranno la pace? «Non faccio l' artista per sostituirmi ai politici», risponde il palestinese. «Io spero che l' arte possa aiutare il dialogo, essere seduti entrambi allo stesso tavolo è significativo», dice l' israeliano. E adesso Venezia 2017 è proprio finita.
DEL TOROGUILLERMO DEL TOROCHARLOTTE RAMPLING
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