TRAMONTO AMARO PER MURDOCH DECLASSATO DA TYCOON DELL’INFORMAZIONE A SPIA - A LOS ANGELES, IN UN’INFUOCATA ASSEMBLEA DI NEWS CORP. RIVOLTA DEGLI AZIONISTI MA MURDOCH RESTA IN SELLA (POSSIEDE IL 40% DEI TITOLI PIÙ IL 7% IN MANO ALL’ALLEATO WALID) - IL DEPUTATO LABURISTA TOM WATSON: “NON POTETE CONTINUARE A GESTIRE UN’AZIENDA DA 44 MILIARDI DI DOLLARI COME UNA FAMIGLIA DISFUNZIONALE”...

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Paolo Mastrolilli per la Stampa

La famiglia Murdoch è finita sotto processo, all'assemblea degli azionisti che si è tenuta ieri a Los Angeles negli studi della Fox, ma il patriarca Rupert ha vinto ancora, ottenendo la conferma per sé e i figli alla guida della News Corp.

Era già successo in passato che gli investitori più critici approfittassero di questo incontro annuale per attaccare la proprietà, anche se i numeri non favorivano il ribaltone che qualcuno aveva in mente. Stavolta però la situazione era diversa, per lo scandalo dello spionaggio telefonico ai danni della 13enne vittima di omicidio Milly Dowler, che ha portato alla chiusura di News of the World e ha scosso le fondamenta dell'azienda, e per i contrasti emersi all'interno della stessa famiglia.

Anche nei conti c'era qualche problema, visto l'annuncio di circa 200 licenziamenti tra Times e Sunday Times, per contenere gli aumenti dei costi e la diminuzione della pubblicità. Stavolta, dunque, gli avversari più determinati di Rupert erano venuti all'assemblea con l'intenzione di sostituirlo, e di votare fuori dal board i figli James, erede apparente ma negli ultimi tempi in rotta col padre, e Lachlan, ormai emarginato in Australia per gestire il business locale, e contento di essere lontano dal centro delle dispute.

A guidare l'assalto c'era il deputato laburista Tom Watson, che ha acquistato azioni proprio per poter partecipare all'assemblea. Watson ha paragonato Rupert al protagonista del film «Quarto potere» di Orson Welles: «Io penso che Murdoch stia arrivando al suo "momento Rosebud"», cioé la morte di Charles Foster Kane. «Non potete continuare - ha proseguito - a gestire un'azienda da 44 miliardi di dollari come una famiglia disfunzionale».

Il presagio della fine tragica di un impero, in sostanza, che era entrato nel mirino dei suoi rivali per ragioni politiche, prima ancora dello scandalo spionaggio. L'appoggio dato al conservatore Cameron nelle scorse elezioni è l'elemento che ha scatenato la reazione dei laburisti, ma la vicenda di News of the World è stata la scintilla che ha dato fuoco alle munizioni dei rivali di Rupert.

Watson, infatti, è andato all'attacco ancora su questo fronte, accusando News Corp. di aver fatto un uso molto più diffuso dello spionaggio: «Qualcuno della vostra compagnia ha persino finto di essere il premier Brown, e avete cercato informazioni private su Kate Middleton. Voglio che gli investitori istituzionali non abbiano alcun dubbio sui comportamenti criminali avvenuti da voi». Critiche sono arrivate anche dai rappresentanti dei fondi pensione americani, britannici e australiani, ma Murdoch è rimasto fermo: «Sono solo voci, non ne sono a conoscenza».

Proprio per rispondere in anticipo a queste accuse, ieri gli avvocati di News Corp. avevano annunciato l'accordo con la famiglia Dowler, per compensarla del danno subito con un pagamento diretto di 2 milioni di sterline, e con una donazione da un altro milione ad alcune associazioni non profit scelte dai genitori della ragazza.

Quindi Murdoch ha preso la parola, rispondendo con decisione agli attacchi di Watson: «Vi prometto che non ci fermeremo davanti a nulla, per arrivare fino in fondo a questa faccenda. Non ci sono scuse per i comportamenti immorali». Ha battuto anche il pugno sul tavolo, Rupert, e all'investitore Stephen Mayne, che si dichiarava a favore dell'elezione di un presidente indipendente, ha risposto: «Non mi piace chiamarla bugiardo, ma non le credo».

I numeri stavano dalla sua parte, perché la famiglia Murdoch ha il 40% delle azioni, e il suo alleato saudita Walid bin Talal il 7%. Quindi Rupert ha vinto, ma forse la battaglia per una transizione storica nella News Corp. è appena cominciata.

2- TRAMONTO AMARO PER IL RE DELLE NEWS DECLASSATO A SPIA
Andrea Malaguti per la Stampa

Quando è cominciato tutto? Come è stato possibile passare da dio indiscusso dell'informazione (cinico, duro - squalo appunto - eppure ammirato, temuto e riverito) a dittatorello invasato, arrogante e contagioso per tutto il suo gigantesco impero? E' un cammino complicato, pieno di errori e di fantasmi, quello che ha fatto scivolare verso l'abisso Rupert Murdoch e il suo inner circle - il suo cerchio d'oro - che collassa simbolicamente su una data precisa, il 19 luglio del 2011. Il giorno della gogna. «Il momento più umiliante della mia vita».

Il tycoon australiano, un patrimonio personale di 7,5 miliardi di dollari, si siede di fronte a una commissione d'inchiesta del Parlamento inglese. Di fianco a lui il figlio James, responsabile di News International, il ramo britannico di News Corporation, che controlla il Sun, il Times e il Sunday Times. E che da poche settimane ha posto fine, con una decisione clamorosa, ai 168 anni di storia di News of the World, il più popolare e venduto giornale del Regno Unito.

Chiuso per la vergogna. Messo in ginocchio dallo scandalo delle intercettazioni telefoniche. Definitvamente sepolto dal caso della piccola Milly Dowler, una bambina di tredici anni rapita e uccisa da un pedofilo nel 2002, il cui cellulare fu violato e manomesso da un investigatore privato pagato dal settimanale. «Per quanti anni vi siete intrufolati nella vita di personaggi pubblici di questo Paese? Per quanti anni avete rovistato nelle pieghe del dolore della gente comune?».

E' questo che vuole sapere il Parlamento, srotolando la lista infinita degli abusi. Politici, attori, familiari dei soldati morti in Afghanistan, amici e parenti delle vittime della strage del 7 luglio del 2005. Nessuno è stato risparmiato. E la polizia per anni ha insabbiato ogni cosa. La riapertura del caso Dowler ha fatto crollare il muro del silenzio. L'effetto domino è stato devastante. Undici giornalisti arrestati. Il capo di Scotland Yard e il suo vice costretti alle dimissioni. Il governo nella bufera. La rinuncia di News Corp ad acquistare il 100% di BSkyB, mandando in fumo un affare da 12 miliardi.

Quel 19 luglio Murdoch, 80 anni, ha il volto deformato da un sorriso sghembo, che tradisce la sua irrefrenabile agitazione. Ha l'espressione di un uomo vessato ingiustamente. «Ho sempre lasciato ai miei direttori libertà assoluta», balbetta. Non sa come giustificare i pagamenti effettuati negli anni dai suoi amministratori per cercare di mettere a tacere in via extragiudiziale le grida di protesta delle vittime delle intercettazioni. «Come faceva a non sapere delle 700 mila sterline pagate a Gordon Taylor, dirigente della Football Association?».

A quelle parole il male di vivere sembra impossessarsi di lui. E' da più di 40 anni che il Regno Unito gli bacia la pantofola. L'hanno fatto tutti. Dalla Thatcher a Blair, da Scotland Yard a David Cameron. Ora la sua autodifesa non convince nessuno. Murdoch decide di pagare i conti. Almeno quelli che può.

Ieri i suoi avvocati hanno consegnato alla famiglia Dowler due milioni di sterline. E' stato lo Squalo a volerlo. «Ciò che News of the World ha fatto a quella famiglia è orribile». Si scusa avvertendo sulla lingua il retrogusto acido di un dovere inadempiuto. Ha le pupille stupite, più vecchie e scolorite del solito. Non è così che immaginava il tramonto.

 

 

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