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1 - LA CARICA DEI TWEET FASULLI
Filippo Sensi per "la Lettura - Corriere della Sera"
Fake sta per falso, finto, fasullo. Ma almeno in Rete, dove spesso le polarità si scambiano, può finire per diventare il suo opposto, più autentico del reale. Ne sa qualcosa il sindaco di Chicago Rahm Emanuel che, durante la campagna elettorale l'inverno scorso, si è trovato a fare i conti con un falso profilo su Twitter che aveva più follower di quello ufficiale.
Nato come uno scherzo, il caso di @MayorEmanuel è già diventato un classico di come i social network stiano reimpostando i fondamentali della politica, e non solo a Chicago.
Per chi, come Emanuel, veniva dalla Casa Bianca di Obama la Rete non avrebbe dovuto avere segreti; invece i tweet politicamente scorretti del suo clone lo hanno costretto addirittura a promettere di devolvere una somma in beneficienza pur di sapere chi si celasse dietro a quel fake. L'uomo si chiamava Dan Sinker, un docente di giornalismo che si è divertito a mettere alla berlina i tic e il gergo colorito di un duro come Rahm: «Non ho mai pensato di prendermi gioco di lui - ha confessato Sinker - piuttosto di divertirmi con lui».
Doveva essere, insomma, soltanto un esperimento di satira digitale, ma in breve tempo si è trasformato in un alter ego del candidato sindaco, una zona franca in cui trovare il Rahm Emanuel senza le ipocrisie e le convenienze di chi chiede il voto ai cittadini. E Twitter - come ha scritto Alexis Madrigal sull'«Atlantic» - era il «carnevale che ha bisogno di un doppio del re che sovrintenda ai festeggiamenti».
Il fake come trickster, un sosia burlone che scompagina le strategie disegnate dagli spin doctor, confonde, etimologicamente diverte. Abbastanza perché la creazione di identità fasulle che richiamino uno o l'altro candidato oppure il presidente del Consiglio - è accaduto in Italia con un profilo Twitter fasullo di Palazzo Chigi, finito con una denuncia alla polizia postale, o con il fake del neoministro allo Sviluppo Passera citato su Tg La7 la scorsa settimana- rientri a pieno titolo nella cassetta degli attrezzi di consulenti politici.
«Possono essere uno strumento potente per modificare la narrativa dei media», ammette Sam Graham-Felsen, che nel 2008 fu blogger-in-chief della campagna di Obama. «Questi profili possono costringere i giornalisti ad occuparsi di una storia imbarazzante per un rivale. Una campagna che non sperimenti una simile strategia si priva di un mezzo molto efficace dell'arsenale digitale».
Come documentato dal Washington Post, in vista del voto per la Casa Bianca è partita una corsa ad accaparrarsi vari domini online, spesso con i nomi degli avversari politici: indirizzi come obamaisntworking.com, ad esempio, utilizzato dalla campagna del repubblicano Mitt Romney.
Alla faccia della trasparenza, feticcio di una Rete che pretende di illuminare qualsiasi lato oscuro, i responsabili di questa corsa al sito farlocco, all'indirizzo equivoco restano spesso anonimi. Come è successo a un altro sindaco, quello di New York Michael Bloomberg, preso di mira per il suo spagnolo stentato da un profilo parodia, @elBloombito, creato - si è capito solo dopo - per farsi due risate dalla 25enne newyorkese Rachel Figueroa Levin, che ha perfino votato per il tycoon prestato alla politica. Satira che non è rimasta confinata agli oltre 25mila follower dell'account, ma è finita in uno scambio piuttosto acido tra Bloomberg e la stampa.
Oltre che come déplacement, i fake servono anche per convogliare nuovi seguaci, talvolta per gonfiare il numero degli utenti di un profilo. Come spiega al Corriere il digital editor dell'Economist, Tom Standage: «Il candidato repubblicano Newt Gingrich ha circa 1 milione e 300mila follower su Twitter, ma è ampiamente riconosciuto che solo 477mila di essi sono veri, mentre il resto è stato acquistato da società di marketing», da spambot a caccia di cinguettanti sprovveduti che non sanno riconoscere quanto sia verosimile il falso.
2 - «VIA ALL'ASTA FREQUENZE TV» IL FALSO PASSERA SU TWITTER BEFFA AGENZIE E GIORNALISTI
Anna Maria Greco per "il Giornale"
L'Avatar di Corrado Passera ha colpito ancora. Stavolta, l'euforia da social network ha come vittima l'Ansa, caduta nel gioco dell'anonimo navigante che su Twitter ha creato un falso «profilo ufficiale» del superministro dello Sviluppo economico. La nostra maggiore agenzia di stampa ha mandato ieri in rete, alle 14,38, un lancio che gli attribuiva una decisione particolarmente importante: «Non rinvieremo ulteriormente un'asta sulle frequenze tv. Il governo intende affrontare la questione immediatamente, senza tollerare indugi».
Malgrado il nome del ministro il messaggio «cinguettante» era inventato, ma a via della Dataria non ha destato sospetti. Lo stesso Passera ha avvertito il servizio economico dell'Ansa che non ha un profilo su Twitter. Aggiungendo: «Attenzione, è già successo in passato». E alle 14.57 l'agenzia ha annullato la falsa notizia, mentre nelle redazioni dei giornali si apriva un piccolo «giallo».
Il 4 dicembre il clone di Passera è comparso su Twitter, scrivendo nell'account fasullo di voler «creare un dialogo diretto con i cittadini». A proposito dei sacrifici chiesti dal governo, ecco il suo commento: «La catastrofe incombe e va evitata, anche se costa».
Ci sono caduti in molti e il ministro è dovuto correre a smentire. Eppure, quando due giorni dopo è andato in rete ancora un suo falso messaggio sullo stesso tema di ieri («Non escludo un'asta per le frequenze tv»), Enrico Mentana, e non solo lui, ha abboccato di nuovo, leggendo la notizia arrivata in diretta al Tg di La7. Altra smentita mentre il clone di Passera, affatto rassegnato, già preparava la sua nuova provocazione volatile. Arrivata ieri e andata puntualmente a segno, malgrado i precedenti.
Bisogna dire che questa «second life» di Passera su Twitter non sembra poi così credibile, se contiene messaggi sospetti come quest'altro postato sempre ieri: «Il rinvio delle riduzioni degli stipendi dei parlamentari costituisce un'arroganza inaccettabile. Come ministro e cittadino sono indignato». Toni un po' troppo sopra le righe per un ministro del governo più sobrio e low profile della storia repubblicana.
Difficile anche credere che Passera dialoghi su Twitter con la collega Elsa Fornero, dandole un benvenuto in rete e un «brava» per il suo ultimo «tweet». Probabilmente si riferisce a quello in cui un Avatar del ministro del Welfare definisce «vergognoso» il rinvio del taglio agli stipendi sui parlamentari. In un altro post la falsa Fornero ne dice di tutti i colori a Silvio Berlusconi, invitandolo a smetterla di definire «benestanti» gli italiani.
Sì, perché sul web si aggirano diversi falsi ministri, identità volatili difficili da catturare. E contro le quali, a quanto sembra, si può fare ben poco. Il profilo di Mario Monti pare che sia stato cancellato a novembre, ma subito è ricomparso. In un account ironico il clone del premier dice: «Chiedere sacrifici, credetemi,fa male». E ancora: «Non ci sono sorrisi o battute in questo Consiglio: decidiamo concordi ma sappiamo il costo delle decisioni». Sospetto è il fatto che segnali il falso account di Passera.
L'unico ministro che pare sbarcato effettivamente su Twitter, in due lingue, è quello degli Esteri: Giulio Terzi di Sant'Agata. E non sono mancate le critiche. Tra ministri veri e finti la confusione aumenta. Chi può esserci dietro agli Avatar ministeriali? Il clone del titolare dello Sviluppo fornisce un indizio: «Continuano a definire questo profilo un falso, magari creato dal giornalista Tommaso Debenedetti.
No, sono Corrado Passera!».Di chi parla? «Il genio della truffa», «campione della menzogna », «acronimo di imbroglione», sono alcune delle definizioni date al freelance che ha inventato un'intervista al romanziere Philiph Roth, pubblicata da Libero nel 2009. Si è scoperto che ne ha collezionate parecchie. Ma che sia il padre del Passera cinguettante è tutto da dimostrare.
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