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Scala: Sangiuliano, Meyer? Non ci sono incarichi a vita
gennaro sangiuliano salone del libro di torino
(ANSA) Il sovrintendente della Scala Dominique Meyer non è stato cacciato, ma terminerà il suo contratto. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano lo ha spiegato in una nota sottolineando che "il Consiglio di amministrazione, composto da persone autorevoli che giustamente non agiscono a mio comando, lo ha ringraziato e ha solo deciso di aprire una fase nuova. Una scelta nell'ordine naturale delle cose"
Il comunicato del ministro Sangiuliano è arrivato dopo che ieri Meyer alla conferenza stampa di presentazione della prossima stagione ha detto di essere stato "pensionato dalla Scala dal ministro" aggiungendo che "la vita continua...". "Sono ministro da un anno e mezzo e quando il suo mandato si concluderà avremo convissuto e collaborato serenamente per due anni e mezzo.
Meyer - ha osservato Sangiuliano - è una persona stimabile che ha lavorato bene, ma non si può negare agli organi direttivi della Scala il diritto di aprire una nuova stagione con una persona che ha dimostrato altrettanto valore". "Non esiste un incarico a vita, non esiste alcun automatismo giuridico del rinnovo e tanto meno un reato di lesa maestà - ha aggiunto - ad agosto 2025 Meyer sarà rimasto in carica per oltre cinque anni.
Quanto alla norma sull'età pensionabile, questa appartiene a una scelta generale non certo riferita a lui. I magistrati e i professori universitari vanno in pensione a 70 anni. I giornalisti e i diplomatici a 67 anni, così molti alti dirigenti dello Stato. È stata una scelta di buon senso. Per il resto gli faccio i migliori auguri".
MEYER
Pierluigi Panza per il Corriere della Sera - Estratti
«Ho diretto i più grandi teatri del mondo, da Parigi a Losanna, da Vienna a Milano e, a un certo punto, un ministro ha deciso di mandarmi in pensione»: il riferimento è al ministro Gennaro Sangiuliano sostenitore della legge sul pensionamento a 70 anni dei sovrintendenti. «Vado in pensione dalla Scala, ma la vita va avanti e andrò con piacere ad aiutare un’altra istituzione».
La presentazione della stagione 2024-25 è diventato un palcoscenico per l’addio di Meyer, anche se non si sa ancora la data: «Vedremo, mi hanno fatto aspettare due anni e mezzo per darmi il risultato di queste discussioni, dunque possono aspettare qualche mese che io dia la mia risposta. Faccio il mio lavoro e a un certo punto partirò con cortesia, come ho sempre fatto. Realizzare uno spettacolo come Il nome della rosa è più lungo della durata di un sovrintendente: forse lo vedrò da ospite» (è in programma dal 27 aprile 2025).
Il nome della rosa , dal romanzo di Umberto Eco, «prima» mondiale composta da Francesco Filidei per Scala e Opera de Paris (direzione di Metzmacher, regia di Michieletto) è uno dei 14 titoli della nuova stagione, corposa e con una platea di protagonisti: Meli, Salsi, Tezier, Berzanskaja, Nylund, Korchak, Florez, Enkhbat, Werba, Rebeka, Pertusi, Grigolo, Finley, Grigorian… due opere dirette da Chailly, Gatti con l’Orchestra di Dresda, Muti con i Wiener e poi Petrenko e Thielemann in Walkure e Siegfried .
Ma più della presentazione (assente il sindaco e presidente del teatro, Giuseppe Sala) ieri poterono i saluti, i ringraziamenti e l’elenco dei traguardi raggiunti: «Qui ho svolto più il ruolo di sovrintendente che quello di direttore artistico per via del Covid — ha detto Meyer —. Ho lavorato con grandi maestri come Chailly, che ringrazio unitamente al cda». Ha aggiunto che sarebbe stato felice di proseguire «come voleva una grande parte del personale e i privati, che danno 44 milioni all’anno».
Poi i dati: «Nel 2023 abbiamo fatto un utile di 8,7 milioni; il patrimonio della Scala è passato da 109 a 132,7 milioni, i ricavi da 27 a 34 milioni e la produzione da 123 del 2018 a 133 milioni. Il tasso di saturazione è stato del 94% per la sinfonica, l’89% per il ballo e il 90% per la lirica».
Quindi, si sono ridotti i consumi energetici, migliorata l’acustica, introdotto lo streaming e avviato un progetto di accessibilità. Anche dal direttore del Corpo di Ballo, Manuel Legris, sono arrivati i saluti: «Non ho sentito niente sul mio contratto che finisce a novembre 2025, quindi anche per me è l’ultima stagione».
Due parole sulle opere. Dopo 59 anni torna come inaugurazione La forza del destino diretta da Chailly con regia di Leo Muscato (edizione critica Ricordi del 2005, integrale della seconda versione milanese del 1869, protagonisti Netrebko e Kaufmann). A seguire Falstaff con Gatti e regia vintage di Strehler, lo Onegin diretto dall’emergente Timur Zangiev (regia e scene di Martone e Palli), il doppio Ring di Thielemann e la ripresa di Tosca .
Per il barocco L’opera seria di Florian L. Gassmann (il maestro di Salieri) del 1770 (è stato uno dei grandi successi di Meyer a Parigi) e, a seguire, il Trittico di Weill con Irina Brook e Chailly (« Mahagonny è durato un giorno senza pubblico per via del Covid e Happy End è da un secolo che non si rappresenta»), quindi la «Norma», con fantasma della Callas incluso («fu buata», ricorda Meyer) per Marina Rebeka con regia del geniale Oliver Py («comunque la faccia qui ci vuole coraggio»), la ripresa di «Rigoletto», «Cenerentola» dell’Accademia, il «Così fan tutte» di Robert Carsen sino all’itinerante «Fille du Régiment» con l’intramontabile Juan Diego Florez
dominique meyer beppe sala chiara bazoli prima della scala 2023
chailly meyersala sangiulianobeppe sala dominique meyer
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