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1 - OLTRE 32 MILIONI DI EURO CE LI HA CHIESTI “EUROPA”
Alessio Schiesari per il “Fatto quotidiano”
Trentadue milioni di ragioni per dirsi addio. Anzi, per essere precisi 32.236.852 euro. Tanto è costata in termini di contributi diretti all’editoria tenere in vita dieci anni Europa, voce ufficiale della Margherita prima e del Partito democratico poi. L’ultimo assegno staccato dal dipartimento dell’editoria nel 2013 è di 717 mila euro ma, negli anni di vacche grasse (il record è del 2005), l’obolo è arrivato a 3,7 milioni di euro l’anno.
Europa continuerà a esistere online, ma a lavorarci saranno quasi solamente i giornalisti di Youdem, la voce ufficiale del Partito democratico.
Solo tre giornalisti su quattordici dell’ormai defunta Europa saranno riassunti e la sede sarà trasferita nel cuore del quartiere generale Pd: al Nazareno. Un brutto regalo di Natale per i redattori del giornale, soprattutto per quelli che avevano creduto alla promessa fatta dal tesoriere di partito Bonifazi nel novembre scorso: compreremo il quotidiano. Impegno mantenuto, ma che non è servito a salvare il posto di giornalisti e poligrafici. E crea un precedente unico: un giornale di partito fagocitato dall’ufficio stampa del partito stesso.
Basta spulciare i bilanci però per rendersi conto di quanto, senza contributi pubblici, il quotidiano diretto da Stefano Menichini non potesse proprio stare in piedi. Il documento che riassume l’esercizio del 2013 parla di ricavi per 1 milione 397 mila euro (grossomodo la metà di quanto incassato l’anno precedente) a fronte di spese per il personale di 1 milione 549 mila euro. I costi di produzione (3 milioni 114 mila euro) sono più del doppio delle entrate. Ancora più povero il piatto della vendita di copie: 579 mila euro. Considerando 300 uscite in edicola annuali a un prezzo medio di 1,20 euro, fanno poco più di 1.500 copie vendute al giorno. Più che di nicchia, un quotidiano per pochi eletti.
Ad accompagnare la chiusura c’è una coda polemica tra l’ex direttore di Europa , Stefano Menichini, e Dagospia. Un lettore che si firma Fabio punta l’indice contro i compensi percepiti da Menichini: “Un vivo ringraziamento al direttore Menichini che per una decina d’anni (se non vado errato) ha preso diverse centinaia di migliaia di euro all’anno (lorde eh). Sono quei 500 euro netti al giorno che ti fanno stare sereno anche per il futuro. Un emolumento forse un tantino sproporzionato rispetto al valore informativo della testata e alla platea dei pochi lettori”.
La replica di Menichini e intrisa di fiele: una lettera “sconclusionata e assurda”, “di uno che gli pare di ricordare ma neanche è sicuro che due anni fa forse ha letto che io guadagnavo 500 euro al giorno”. Poi l’elegante invito al direttore di Dagospia, Roberto D’Agostino, a occuparsi solo di “tette e culi, che vi vengono meglio”.
STEFANO MENICHINI - Copyright Pizzi
Resta da capire se il lettore, parlando dello stipendio da 500 euro al giorno, avesse ragione o fosse invece incappato in una bufala. È lo stesso Menichini , contattato da il Fatto Quotidiano, ad ammettere che “sì, ci andavo molto vicino. Ma questo fino a tre anni fa, quando ho ridotto il mio compenso e quello degli altri collaboratori del 30 per cento”. E, dopo la spending review, quanto percepiva di stipendio? “Non lo ricordo, dovrei andare a controllare”, taglia corto l’ex direttore.
Gli stipendi da grande gruppo editoriale non sono l’unica voce alla lista uscite che sorprende, per un quotidiano che mai nel corso della sua storia ha superato le 4 mila copie vendute. Nel febbraio del 2004, per festeggiare il primo anno di vita del giornale, l’allora direttore Nino Rizzo Nervo annuncia “una tiratura straordinaria di 200 mila copie al giorno, il giornale venduto per tre giorni al prezzo di dieci centesimi con in omaggio le Carte di Europa”.
Si sa, l’ambizione è un lusso che non fa paura quando a pagare sono gli altri. Meno comprensibile è come si sia potuto continuare su quella strada per tanto tempo. Nel 2012 Europa spendeva ancora 1,6 milioni di euro per la carta, la distribuzione e il trasporto a fronte di un incasso nelle edicole di soli 400 mila euro l’anno. Per non parlare dell’affitto di una sede da 100 mila euro l’anno e consulenze per la raccolta pubblicitaria da 150 mila euro.
2 - LETTERA DI UN LETTORE A DAGOSPIA
STEFANO MENICHINI DIRETTORE DI EUROPA
Caro Roberto,
vedi l'etica cosa ti fa fare? dimetterti lasciando spazio ad altri colleghi meno fortunati.
Un vivo ringraziamento al direttore Menichini che per una decina d'anni (se non vado errato) ha preso diverse centinaia di migliaia di euro all'anno (lorde eh, anche qui la memoria potrebbe far cilecca, ma su Italia Oggi per un paio d'anni sono usciti gli stipendi di direttori e caporedattori di quotidiani e agenzie di stampa, e' facile verificare), sono quei 500 euro netti al giorno che ti fanno stare sereno anche per il futuro.
Un emolumento forse un tantino sproporzionato rispetto al valore informativo della testata e alla platea dei pochi lettori, ma questo non e' un caso isolato nell'editoria sovvenzionata.
Forse con l'abbandono del cartaceo il nostro direttore di sinistra (au caviar, anche lui) si e' sacrificato e ha acconsentito a ridurre gli emolumenti stellari, saremo sempre in debito.
Sara', ma a me questi direttori con il cervello a sinistra e il portafogli a destra non hanno mai convinto fino in fondo...
Ciao Fabio
3 - LETTERA DI STEFANO MENICHINI A DAGOSPIA
Dago, ma ti pare che fate un titolo su una lettera così sconclusionata e assurda, di uno che gli pare di ricordare ma neanche è sicuro che due anni fa forse ha letto che io guadagnavo 500 euro al giorno, ma forse anche no, magari si sbaglia? Dai retta, rimanete su tette e culi, che vi vengono meglio... e auguri.
Stefano Menichini
4 - DAGORISPOSTA
Un lettore scrive dei “500 euro al giorno di stipendio” di Stefano Menichini, e il futuro ex direttore di “Europa” reagisce in maniera scomposta. Ipotizzando uno stipendio netto tra i 5 e gli 8mila euro al mese (e quindi un lordo che, con benefit, tasse e contributi vari può arrivare tranquillamente a 15mila), 500 euro lordi al giorno non sembra affatto una cifra inventata. In ogni caso, siamo felicissimi di occuparci di tette e culi se l’alternativa è dirigere per nove anni - più due da redattore - un giornale che non ha mai letto nessuno, ha venduto sì e no duemila copie al giorno, destinate perlopiù agli uffici stampa, e nonostante questo ha percepito 31 milioni di euro di contributi pubblici.
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