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Tommaso Ciriaco e Aldo Fontanarosa per “la Repubblica”
Un braccio di ferro, ancora una volta all’interno del Pd. E il rischio concreto, immediato di una nuova deflagrazione del Cda della Rai (dopo il caso del ricorso per il canone, a novembre). In commissione parlamentare di Vigilanza, prende corpo un documento che – se approvato martedì 27 – stroncherebbe la riforma delle news, cardine del progetto riformatore del dg Luigi Gubitosi. Di fronte a una sberla bipartisan di queste dimensioni, il direttore generale potrebbe ritrovarsi senza maggioranze certe nel cda di Viale Mazzini a 3 mesi dalla fine del suo mandato.
Inevitabile vivere la rinuncia all’accorpamento delle 7 testate giornalistiche della Rai in due sole – questo il suo piano come un epilogo indigesto. Gubitosi vorrebbe varare una sola testata per tutta la tv di Stato. Ma la prima tappa sarebbe unire Tg1, Tg2 e Rai Parlamento in una newsroom unitaria; Tg3, Rai News 24 e l’informazione regionale della Tgr, in una seconda.
Il progetto, però, non convince Pino Pisicchio che sta curando una mozione ultra- critica proprio in commissione di Vigilanza. E non piace neanche ad ampi settori del centrodestra (leggi Brunetta e Gasparri) e del centrosinistra, sensibile in parte alle pressioni del Tg3 di Bianca Berlinguer e dell’Usigrai.
Il risultato è un testo recapitato ieri nelle caselle dei parlamentari: un vero e proprio atto di guerra contro il dg. «Il progetto Gubitosi - si legge nel documento - non garantisce il pluralismo e l’identità editoriale delle singole testate giornalistiche», né realizza una «valorizzazione di mercato». L’effetto dell’intervento, secondo la Commissione, è addirittura dannoso perché la riforma non rafforza «i principi di oggettività e lealtà del servizio pubblico».
Dopo aver rivendicato il proprio potere di veto sulla riforma (peraltro tutto da dimostrare), la Vigilanza si spende per salvaguardare i marchi giornalistici esistenti, dal Tg1 al Tg3, passando per Rai News e Rai Parlamento.
«Questa differenza di stile e identità» non rappresenta certo un problema. Semmai è «un elemento di fidelizzazione e di audience». La Commissione ricorda al dg i lusinghieri risultati negli ascolti dei telegiornali, che «superano di gran lunga quelli delle altre televisioni europee»; quindi elenca tutti i dubbi sui risparmi del piano Gubitosi che non potranno essere conseguiti con «un mero taglio lineare dell’offerta informativa».
L’ostilità al piano del dg raccoglie consensi trasversali in commissione. E rischia di compromettere gli equilibri nel Consiglio di amministrazione, dove il direttore può in teoria contare su una maggioranza di 5 a 3. In Vigilanza da una parte c’è la “guerriglia” guidata da Gasparri e Brunetta, che mai hanno perdonato a Gubitosi l’allontanamento di Mauro Mazza dalla guida del Tg2. Dall’altra, si intuisce la diffidenza della pattuglia dem. Il capogruppo in commissione Vinicio Peluffo, per dire, era informato del testo Pisicchio. La stroncatura, insomma, sembra inappellabile. Sembra, perché parecchio si muove alla vigilia del voto in Vigilanza, previsto per il 27 gennaio.
L’ala renziana - che fa capo a Michele Anzaldi e Lorenza Bonaccorsi - tenta un’estrema mediazione. La proposta è di rimandare il termine per la presentazione degli emendamenti (fissato per oggi); ed anche il voto della commissione sul documento anti-Gubitosi (forse il primo nella storia parlamentare a intimare ordini alla tv di Stato). Il rinvio permetterebbe di scavallare l’elezione del nuovo capo dello Stato per tentare una difficile ricomposizione. E scongiurare la paralisi di viale Mazzini.
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