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    “DOPO ‘CENTO COLPI DI SPAZZOLA’ HO FINITO TUTTI I SOLDI, PENSAVO DI NON MERITARLI” – MELISSA PANARELLO PARLA DEL SUO NUOVO ROMANZO, "STORIA DEI MIEI SOLDI", CON CUI E’ CANDIDATA ALLO STREGA  – “MI PERMETTO DI PRENDERMI IN GIRO. È LA STORIA DI UNA PERSONA CHE HA AVUTO UN INASPETTATO SUCCESSO DA CUI SONO ARRIVATI TANTI SOLDI. CHE POI SONO FINITI. OGGI FORSE LI GESTIREI IN UN ALTRO MODO. ODDIO, FORSE MI ROVINEREI CON LO..."


     
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    Estratto dell'articolo di Ilaria Gaspari per www.corriere.it/sette

     

    melissa panarello melissa panarello

    Incontro Melissa Panarello nella sua casa piena di fiori e giocattoli. La sua bambina più piccola gattona sul tappeto, ogni tanto si impadronisce del registratore, ride. Noi parliamo di successo e vergogna, e del suo ultimo romanzo, Storia dei miei soldi (Bompiani). I soldi del titolo sono in realtà di Clara, attrice in disgrazia, che affida il compito di raccontare come li ha dissipati alla voce narrante: una scrittrice che ha conosciuto un successo precoce.

     

    Proprio come Clara, che nella finzione ha interpretato sullo schermo la protagonista di un suo libro; e come Melissa, che oggi gioca con i meccanismi dell'autofiction («non è la cronaca della tua vita, è il sentimento della tua vita») a vent'anni dal momento in cui il suo esordio con Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire attrasse su di lei, diciassettenne, clamori, moralismi, curiosità pruriginose. «Adesso mi permetto di prendermi in giro. La storia di Clara somiglia alla mia: è la storia di una persona che ha avuto un inaspettato successo da cui sono arrivati tanti soldi. Che poi sono finiti».

    (…)

    melissa panarello storia dei miei soldi melissa panarello storia dei miei soldi

     

    Adolescente, ha conosciuto un successo mondiale inaudito. Una cosa rarissima nel mondo delle lettere… 

    «Sì: ho avuto un successo molto grande col primo romanzo, che è andato scemando libro dopo libro. L'unico premio che ho vinto finora è quella specie di statuetta laggiù. Me l'hanno dato tantissimi anni fa, ma non sono nemmeno sicura che avessero davvero letto i miei libri…». 

     

    Non si sta sottovalutando un po'?

    «Forse. Ed è la ragione per cui ho scritto Storia dei miei soldi, credo. A un certo punto ho capito che questo giudizio negativo su me stessa ha molto a che fare con il modo in cui ho gestito il mio denaro: l'ho sprecato perché pensavo di non meritarlo. Oggi finalmente vorrei dire: guardate che un pochino valgo anch'io, magari non chissà quanto, però un mio valore ce l'ho».

     

    Certo che da ragazzina forse avrebbe avuto bisogno di un po' di aiuto nel gestire questa montagna di soldi, no?

    MELISSA PANARELLO MELISSA PANARELLO

    «Il problema di chi pensa di non valere niente è che si fa prendere tutto da tutti perché crede che gli altri se lo meritino, a differenza sua. È un grande classico, la sindrome dell'impostore: chi ne soffre sente di dover pagare lo scotto del successo».

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    Solo che lei è quella ragazzina…

    «Sì. Lei rimane sempre viva dentro di me. Era anche saccente, arrogante – molte cose che sono ancora, in maniera molto più morbida».

    (…)

    Due temi, due tabù. Cosa la spaventa, del corpo e dei soldi? L'attrito rispetto alla volontà?

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    «Ho sempre desiderato andare oltre la materia. Mi spaventa il fatto che la materia crei un confine: il corpo è un confine, i soldi sono un confine perché se non hai soldi non puoi fare molte cose. Ora che ho attribuito loro un valore simbolico, i soldi mi interessano moltissimo. Mi sembra di avergli dato l'amore che serviva».

     

    Molti moralismi che hanno circondato il suo successo di vent'anni fa si stanno ribaltando… pensa che oggi quel che è accaduto intorno a Cento colpi di spazzola sarebbe ripetibile?

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    «È una domanda che mi faccio spesso. Penso che oggi andrebbe tutto molto peggio: quello era un libro novecentesco, uscito in una società ancora novecentesca. Non esisteva l'iPhone, anzi nemmeno l'iPod – sentivamo la musica col lettore cd. Oggi, forse, è vero che non ci sarebbe quel moralismo; però ci sarebbe molto più odio. L'odio dei social. Mi avrebbe annientata».

     

    Il suo romanzo tocca un tema di cui si inizia a parlare in modo più libero e anche femminista: lavorare e guadagnare è una forma di emancipazione in un Paese in cui ancora molte donne non hanno un conto corrente a proprio nome. Penso alla ricerca di Annalisa Monfreda, al podcast Rame, al saggio di Irene Soave sul lavoro. Rispetto alle questioni finanziarie, pensa che ci sia una consapevolezza maggiore?

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    «Il percorso è lunghissimo, abbiamo appena iniziato. I soldi sono stati considerati per così tanto tempo qualcosa di sporco, di innominabile, qualcosa che ha a che vedere con la più profonda vergogna e vulnerabilità che ancora, per quanto se ne parli, continuano a essere un argomento molto faticoso, soprattutto per le donne. Oggi però forse li gestirei in un altro modo. Oddio, forse mi rovinerei con lo shopping online…».

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