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LA MEZZA STRONCATURA DI “NATALE DEI CUPIELLO” DI CASTELLITO BY ALDO GRASSO: “IL FILM MANCA DI CORAGGIO: TROPPE VOLTE TENDE A COMPIACERE IL GUSTO QUANDO BISOGNEREBBE FERIRE LE COSCIENZE. L'INTERPRETAZIONE DI CASTELLITTO TENTA DI TENERE A BADA IL TUTTO, AFFIDANDOSI AL REGISTRO DELLA COMICITÀ TRAGICA (CHE NON GLI APPARTIENE, SI PRENDE SEMPRE TROPPO SUL SERIO), COME SE LE SUE PAROLE FOSSERO UN LUNGO MONOLOGO, INDIFFERENTE AI ‘PICCOLI’ MONOLOGHI DEI FAMILIARI: SOLO COSÌ SI SPIEGA LA DISGREGAZIONE FINALE”
natale in casa cupiello versione castellitto
Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Napoli, 1950. Il giorno di Natale è vicino e, come ogni anno, Luca Cupiello prepara il presepe; è il suo mondo perfetto, al riparo dalla realtà, dove ogni cosa trova la sua giusta collocazione. Ma a nessuno interessa. Non a suo figlio Tommasino cui chiede di continuo «Te piace 'o presebbio?», e che puntualmente gli risponde «No, nun me piace». Il Natale in casa Cupiello , il celebre dramma di Eduardo De Filippo, è approdato su Rai1 trasformato in film dal regista Edoardo De Angelis e interpretato da Sergio Castellitto.
natale in casa cupiello versione castellitto
È il racconto di un pranzo natalizio turbato da un dramma della gelosia e da un luttuoso epilogo. Nella memoria, Natale in casa Cupiello resta quello proposto in tv nel 1977, con un cast perfetto, a cominciare da Eduardo, con Pupella Maggio (la moglie Concetta), Luca De Filippo (Tommasino, detto Nennillo) e Lina Sastri (la figlia Ninuccia). I rischi grandi affrontati da De Angelis erano due. Trasformare un'opera teatrale in uno spettacolo tv non è facile, si rischia di restare impantanati a metà strada tra il cinema e il teatro (meglio tra il non-cinema e il non-teatro).
natale in casa cupiello versione castellitto
Il regista conserva l'unità di spazio e tempo della convenzione teatrale ma si concede delle «rotture», dei fuoricampo, per dare maggiore dinamicità al racconto. L'altro rischio era quello del macchiettismo che spesso, a teatro, maschera la componente aspra, «nera», crudele, il dolore abissale di un autore di cui spesso si evidenzia solo il sentimentalismo. L'interpretazione di Castellitto tenta di tenere a bada il tutto, affidandosi al registro della comicità tragica (che non gli appartiene, si prende sempre troppo sul serio), come se le sue parole fossero un lungo monologo, indifferente ai «piccoli» monologhi dei familiari: solo così si spiega la disgregazione finale. Brava Marina Confalone. Il film, però, manca di coraggio: troppe volte tende a compiacere il gusto quando bisognerebbe ferire le coscienze.
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