Cristiana Lauro per Dagospia
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Milano sta diventando sempre più anche la capitale della comunicazione e degli eventi sul vino. Park Hyatt, Excelsior Hotel Gallia, La Bottega del Vino, L’ Alchimia, sono solo alcuni nomi di luoghi dove si svolgono frequentemente eventi intorno al mondo del vino. E poi congressi enogastronomici internazionali, come Identità Golose e altre realtà più recenti in forte crescita come Milano Wine Week - o Vivite per quanto riguarda il vino cooperativo - oltre a un giro crescente di collezionisti e appassionati. Insomma il vino italiano ha eletto Milano a sacro altare della comunicazione che divulga, promuove e vende. Fino a poco tempo fa tutto questo succedeva a Roma.
A La Bottega del Vino, che è uno dei punti di riferimento più noti in città per chi vuole bere bene, si è svolta nei giorni scorsi una delle degustazioni più interessanti degli ultimi tempi: grandi vini di Borgogna in annate piuttosto giovani. Anche per smontare il concetto di invecchiamento del vino che andrebbe spiegato un po’ meglio, visto che fin qui ha generato una serie di controversie e divergenze di opinioni, oltre a qualche cazzata sparata a vanvera.
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Non è preciso affermare che il vino invecchiando migliori perché dipende molto dal vino e dalla sua corretta conservazione. Maturare aggiunge e arricchisce, invecchiare toglie qualcosa che non tornerà mai più e questo vale per tutti, non soltanto per il vino. Un conto è la maturità, altro l’invecchiamento. Quindi levatevi dalla testa l’idea di far quotare le cantine di vostra nonna perché ai veri esperti non interessano più di tanto.
L’invecchiamento - come dicevo - dipende principalmente dal tipo di vino e di solito i vini di Borgogna - considerati il vertice della bevuta di alto livello - non sono i più longevi in circolazione. Molti grandi vini prodotti nel mondo - ma anche in Italia - vincono la maratona contro quelli provenienti dall’amata Borgogna. Per essere più chiari: mediamente entro quindici anni la maggior parte dei vini di Borgogna iniziano a perdere alcuni aspetti olfattivi capaci davvero di meravigliare.
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Ai gerontofili del vino, quelli che manifestano un’inclinazione quasi erotica per l’invecchiamento e aspettano trent’anni per aprire un grande Borgogna (vale lo stesso per i grandi nebbiolo), potete rispondere a cuor leggero che l’eleganza e la grazia di certi profumi - prima floreali, poi fruttati e progressivamente più complessi - con trent’anni di invecchiamento si perdono per strada. Anzi, sono prossime a infilare un piede nella fossa.
A proposito di vini quotatissimi alle aste internazionali, sul finire della stessa degustazione è stato messo in mezzo un outsider toscano della zona di Bolgheri per la precisione: Masseto 2010. E’ un merlot battuto alle aste internazionali a prezzi da capogiro. Viene stappato con molta parsimonia proprio perché costoso e oggetto di importanti investimenti finanziari. Praticamente se lo comprano tutto i collezionisti dei mercati di Hong-Kong, Londra, Usa, Cina ecc, dove girano tanti soldi, per intenderci.
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Tutto sommato penso che dovremmo andare fieri di essere produttori anche di questi vini preziosi e così quotati.
Invece fra i giovani palati italiani serpeggia un pesante pregiudizio, tanto per cambiare. Un po’ perchè Masseto è fatto con uve merlot - che da noi è come dire Belzebù - e un po’ perché siamo i più grandi lanciatori di palate di merda sul successo degli altri che la storia ricordi. Se solo fosse disciplina olimpica saremmo in fila sul podio a fare a gomitate con tutti gli altri zucconi come noi.
Un vino italiano molto quotato in tutto il mondo ci fa venire il nervoso, mentre se è francese (lo è quasi sempre, ahinoi) lo guardiamo ammirati e con un po’ di soggezione. Come se un altro fra i più grandi vini del mondo - che si chiama Chateau Petrus ed è francese, appunto - non fosse prodotto con lo stesso vitigno. Ma in Italia qualcuno - che le parole laico o flessibile non sa nemmeno dove stiano di casa - ha deciso che bisogna fare la guerra ai vitigni internazionali. E chi se ne frega se nel frattempo son passati treni, locomotive e convogli e noi siamo rimasti giù. Continuiamo a farci del male (Cit.)
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