Gaia Piccardi per il “Corriere della Sera”
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Sudata, emozionata, bellissima. L' estate ruggente di Milena Bertolini, 53 anni compiuti da c.t. durante il Mondiale che ha fatto innamorare l' Italia del calcio femminile, è stata la nostra. L' avventura di un manipolo di calciatrici dilettanti che hanno attraversato con coraggio l' erba alta fino ai quarti con l' Olanda (domani in finale contro i favoritissimi Usa), prese per mano da questa donna di sottile carisma, che da bambina per giocare a pallone con i maschi si faceva chiamare Mario e da grande non ha bisogno di alzare la voce per farsi rispettare. Il presidente della Figc Gabriele Gravina sta per rinnovarle il contratto per il biennio dell' Europeo 2021. E ci mancherebbe.
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La sua forza tranquilla è piaciuta a tutti, Milena. Uomini e donne.
«Sono colpita: non mi spiego tanto gradimento. Mi fermano in tanti, soprattutto signore anziane e felici. È come se attraverso la Nazionale avessero finalmente vissuto un loro riscatto».
Come si fa la rivoluzione in silenzio?
«Non sono aggressiva. So arrabbiarmi senza sbraitare. C' è un aspetto di educazione, alla base. Le ragazze sanno fino a dove possono arrivare con me. Mi piace parlare, provare a mettermi nei panni degli altri. Ho fatto tanta gavetta prima di sedermi sulla panchina dell' Italia, sono molto ancorata alla realtà. Tipico del femminile».
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Determinanti i modelli di riferimento. Nonna Adalgisa, mamma Eves, emiliane di ferro, rezdore. Ci racconta?
«Sono gli esempi che ho avuto in casa. La nonna scesa dalla montagna, da Sassalbo, per mantenere la famiglia mentre il nonno partiva partigiano. Una zia che a 28 anni ha preso la patente da camionista, l' altra assessore alla sanità. E mamma che guidava l' azienda agricola, un lavoro da uomo, con concretezza, senza isterismi e senza sentirsi sempre in battaglia».
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Eves dice che suo padre Virgilio in Francia l' ha sostenuta da lassù.
«Mio padre, ecco, è stato fondamentale: ci ha riconosciute, me, mia madre e le mie sorelle, né come uomini né come donne. Come persone. Quando sono stata nominata c.t. stava già male, poco dopo è morto: mi è spiaciuto che non ne abbia potuto gioire. Durante il Mondiale l' ho sentito, ho pensato spesso a lui».
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In un momento particolare?
«Quando siamo arrivate a Valenciennes per il debutto contro l' Australia, i francesi ci hanno accolto con "Bella Ciao", un inno alla libertà. La stessa canzone che avevamo fatto suonare al funerale laico di papà. Cristiana Girelli, la nostra numero 10, è venuta da me commossa: Mile, io "Bella Ciao" l' ho sentita solo per tuo padre e per il nostro Mondiale! È un segno del destino!».
Quante volte ha rivisto Italia-Olanda?
«Non ne ho avuto il tempo ma ce l' ho stampata in testa.
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Uno straordinario primo tempo con un dispendio fisico che abbiamo pagato nel secondo. Però la partita più bella che abbiamo giocato, paradossalmente persa, è stata quella con il Brasile: meno fisicità, più tecnica che ha esaltato le nostre qualità».
Il complimento più bello che ha ricevuto?
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«Di un' amica della mia terra, che ha fatto politica con me: avete fatto un Mondiale per le donne. Il cambiamento culturale è in atto, abbiamo svoltato. E ora non si può più tornare indietro».
Diseguaglianza inaccettabile, ha detto Mattarella, a proposito del professionismo che si fa attendere.
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«Mi sono rivolta al presidente, come massima carica istituzionale: bisogna vigilare perché non ci si scordi di queste ragazze. Capisco che servano i tempi tecnici. Ci diamo qualche mese? Un anno? Ma poi deve arrivare».
Ha reso il tricolore al sindaco di Reggio Emilia?
«No, l' accordo era che lo tenessi. Ma non è l' originale del 1797, è una replica: quello storico non mi sarei azzardata a portarlo in giro!».
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Un Mondiale con la camicia fuori dai pantaloni: un modo di ribellarsi al rigore rappresentato dal tailleur?
«L' ho detto subito: la camicia nei calzoni non mi piace! Sì, forse ha ragione lei: è la mia maniera di ribellarmi alle rigidità, alle gerarchie precostituite. Tranquillamente, a modo mio. Ci sono regole importanti, quelle inutili possono essere trasgredite».
In Francia ha battuto tre colleghi uomini, nei quarti si è arresa a una donna (Sarina Wiegman c.t. dell' Olanda). Fa meno male?
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«Fa male uguale. Ma se proprio devo scegliere, meglio che a eliminarci sia stata una signora. Avrei voluto tutte donne al Mondiale, anche se poi contano le competenze».
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C' erano 9 selezionatrici su 24 squadre, la finale sarà una sfida tutta al femminile tra Ellis (Usa) e Wiegman (Olanda): cosa vuole dire?
«È bellissimo. Un messaggio potente. E pensare che sulla nostra preparazione tecnica ci sono ancora pregiudizi forti. Aver perso dalla finalista, poi, dà ancor più valore al nostro Mondiale».
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Chi lo vincerà?
«Gli Usa hanno due squadre ugualmente forti: le titolari e le riserve. Contro l' Inghilterra non ha giocato la fuoriclasse Rapinoe, è andata in campo Press che in qualsiasi altra Nazionale sarebbe inamovibile. L' Olanda ha 15 ottime giocatrici, ma potrebbe accusare la stanchezza».
L' arroganza con cui gli Usa si stanno prendendo il quarto titolo le piace?
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«Tra l' arroganza e la loro incredibile autostima, che sconfina in spavalderia, c' è una linea sottile. Però, è vero, c' è un modo diverso di vincere. A me l' esultanza sfrenata per il dodicesimo e tredicesimo gol alla Thailandia, come per distruggere psicologicamente le avversarie, non è piaciuta. Il rivale non deve essere umiliato».
E le vacanze, Milena?
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«Al mare. Non ho prenotato niente, sono ancora nel frullatore post Mondiale, ma voglio andare dove c' è un bel mare. Sud Italia, Croazia o Grecia. Sognavo la Polinesia però ad agosto c' è già il raduno a Coverciano per le qualificazioni all' Europeo. Sarà per un' altra volta».
La prima cosa che farà per se stessa dopo due mesi?
«Leggere un libro. Ho sul comodino "Leggerezza" di Laura Campanello. Ne servirebbe un po' a tutti».
Il regalo più grande che le lascia in tasca un Mondiale indimenticabile?
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«L' emozione che abbiamo smosso in Italia. E la soddisfazione personale di aver partecipato come c.t. pensando da dove sono partita. A Lemizzone di Correggio allenavo i bambini di 5 anni».
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