"Mio padre era malato di gelosia. La donna non è dell'uomo, è ora di smetterla..."
Andrea Carnevale a #Pomeriggio5 pic.twitter.com/xWmMWcjNj4
— Pomeriggio 5 (@pomeriggio5) November 27, 2024
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Da corriere.it
Andrea Carnevale, ex calciatore e attuale dirigente dell'Udinese si è raccontato a Myrta Merlino nel corso di «Pomeriggio Cinque». Nella settimana in cui sono ricordate le donne vittime di violenza, Carnevale ha rivissuto il suo dramma familiare: la tragica esperienza di quando, a soli 14 anni, vide il padre uccidere sua madre a colpi di accetta e, dopo cinque anni, togliersi la vita davanti ai suoi occhi.
Mia madre ammazzata con un'accetta
«Avevo 14 anni ma ero già un ometto. Una volta si lavavano i panni al fiume e mia madre andava lì, a cento metri da casa mia. Una mattina c’erano tutte le donne, compresa mia sorella, mio padre si è svegliato, è sceso e l’ha ammazzata con un’accetta». Il racconto è cominciato così, il dirigente sportivo visibilmente commosso. «È stato un grande dolore», ha aggiunto.
«Basta con le violenze»
Carnevale ha scelto di rivivere il suo dramma, per la prima volta pubblicamente, con la sua testimonianza ha voluto fare un ulteriore appello alle donne vittime e agli uomini carnefici.
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I fatti di cronaca raccontano di femminicidi che si consumano quasi ogni giorno, l'ex calciatore ha detto: «Sono molto orgoglioso di parlare di questa storia in televisione, perché dopo cinquant’anni penso sia l’ora di raccontarla e di far capire agli uomini che oggi ammazzano le loro mogli che è ora di smetterla. Io è dall’età di 14 anni che non chiamo più mamma perché mio padre me l’ha portata via. Era malato di gelosia ed è quello che accade oggi. Un marito che ammazza la moglie lo fa proprio per gelosia, ma la donna non è dell’uomo, basta con questa possessività, con questa malattia. Oggi mi chiedo se allora si sarebbe potuto fare qualcosa».
La sua denuncia non bastò
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E, ancora: «È stata la nostra mamma che ci ha protetto, lei non voleva che andassimo dalle autorità perché allora, nei paesi, c’era un po' di vergogna. Eravamo noi, specialmente io, che andavo dai Carabinieri per dire che papà, tutte le sere, picchiava la mamma con pugni e cazzotti.
Il maresciallo purtroppo mi disse che finché non vedevano il sangue non potevano fare assolutamente nulla. Quando mamma è stata uccisa ho fatto un gesto estremo: sono andato dentro al fiume e con un secchio ho raccolto il suo sangue, sono andato a piedi su al paese e l’ho consegnato in caserma, al maresciallo, e gli ho detto: Lei voleva il sangue, eccolo qua. Ed è finita lì».
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Infine: «Andai anche a trovare mio padre in carcere ma dopo poco riprese ad offendere mia madre. Dopo cinque anni, si è tolto la vita davanti ai miei occhi».
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