Giampiero Mughini per Dagospia
MUGHINI
Caro Dago, guardo annunci sui giornali, pagine pubblicitarie, le mail che mi arrivano dal fatale numero 10 di Corso Como della Sozzani, l’appena nato numero di “Door”, la rivista che d’ora in poi il “Corriere Della Sera” dedicherà al design e allibisco. Dio che meraviglia la storia e la vitalità del design italiano di quest’ultimo mezzo secolo che Milano sta celebrando in questi giorni e ne arrivano estatici da tutto il mondo a inginocchiarsene.
mughini ospite a che tempo che fa
E pensare che a fine anni Sessanta, quando mi sono laureato in Letterature moderne, mai avevo sentito all’università la parola design. Mai. E seppure in un negozio parigino avessi visto un calendario in plastica bianca che mi piacque moltissimo e non so come avevo alcuni franchi per poterlo comprare, e cinquant’anni dopo ce l’ho qui innanzi che mi sta guardando.
Ed è un calendario che Enzo Mari aveva fatto per la Danese al tempo in cui quella sigla milanese dominava il mondo intero del design. La sua sede era a un angolo di via Manzoni, io ci sono entrato una volta quando ormai la Danese dell’epoca d’oro era giunta al capolinea e con tutto questo il locale aveva l’aria di un tempio e non di un negozio. Beninteso, la sigla Danese è tuttora viva e vitale.
GIAMPIERO MUGHINI
Non so quanti italiani di quelli che stanno percorrendo le arterie milanesi che marchiano il sistema sentimentale e topografico dell’odierno design italiano ne conoscono l’eccellenza e il risalto in quest’ultimo mezzo secolo. Il Centro Danese cui attingevano clienti di tutto il mondo (un’asta dei suoi pezzi prelibati s’è svolta un paio d’anni fa nientemeno che a Chicago), le opere anni Cinquanta di Carlo Mollino e Ico Parisi che non hanno rivali in tutto il mondo. Tutto ciò che in uno studio professionale portava la firma di Adriano Olivetti ed era l’azienda che in quel momento aveva il risalto che ha oggi la Apple e difatti chiamarono Mario Bellini purché andasse a lavorare negli Usa e lui disse di no, che stava bene in Italia e di questo noi tutti dobbiamo essergli grati (sto scrivendo al computer su un tavolo che Mario ha disegnato per me). E ancora, più tardi.
calendario Enzo Mari per Danese
La storia del gruppo Memphis scaraventata nel mondo da Ettore Sottsass e da un gruppo di suoi sodali che s’erano riuniti in una casa di villeggiatura in Sardegna, una storia che ha cambiato il destino del design internazionale anni Ottanta e Novanta, tanto che il più gran collezionista ne fu da subito il francese Karl Lagerfeld, il sovrano della moda anni Ottanta e Novanta.
E ancora il metà ligure metà e veneziano Gaetano Pesce che cinquant’anni fa s’è congedato dall’Italia per andarsene prima a Parigi e poi a New York da dove erutta la sua creatività in tutto il mondo, e ci sono opere sue in questo momento dappertutto a Milano, ivi compresa quella Ghianda, la casa editrice di design di cui sono un fanatico adepto da sempre e non sta né in cielo né in terra che io non adoperi il loro calzascarpe o il loro righello nella vita di tutti i giorni. Sì, il loro calzascarpe in legno naturale. Lo tieni in mano mentre fa entrare il mio piede nella scarpa ed è come se suonasse al modo di un violino.
calzascarpe Ghianda casa editrice di design
GIAMPIERO MUGHINI
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