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    MUORI E GETTY (AVRANNO I SOLDI MA FANNO UNA VITA) - LA MALEDIZIONE DELLA DINASTIA COLPISCE ANCORA: MUORE L’ULTIMO EREDE DEI GETTY - IL FIGLIO PREDILETTO DEL CAPOSTIPITE JEAN PAUL MORÌ A 11 ANNI, NEL 1973 IN ITALIA IL RAPIMENTO DEL NIPOTE


     
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    Vittorio Zucconi per “la Repubblica”

     

    La vendetta degli dei contro chi ha troppo, la inutile, ma acre consolazione di chi ha troppo poco, raggiunge una stupenda villa tra le palme sulle colline di Hollywood e fulmina un altro Getty, l’ultimo erede di colui che fu l’uomo più ricco del mondo. In quella villa, nudo dalla vita in giù, immerso nel suo sangue, la polizia di Los Angeles avvertita dalla telefonata di una donna, trova Andrew Getty, tredicesimo dei quattordici nipoti di J. Paul Getty, il primo e il più ricco dei “baroni del petrolio” sgorgati dai giacimenti dell’Oklahome e poi dai pozzi sauditi nel XX secolo.

     

    Nella terra ignota ai comuni mortali, quella che si estende fra immense ricchezze e sontuose infelicità, fra i fumetti e la tragedia greca, fra Shakespeare e i tabloid, la maledizione del Mercuzio in Giulietta e Romeo, «una pestilenza colpisca le vostre case», ritorna ancora e ancora nella saga di dinastie celebri come iGetty. E se il “castigo di Dio” per i superbi è spesso soltanto un apologo immaginario narrato per consolare gli umili, nessuna famiglia come i Getty sembra essersi impegnata tanto per tirarselo addosso.

     

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    Neppure i Kennedy, paradigma dell’accanimento del fato contro i propri rampolli, o i Rothschild, che videro l’erede della fortuna di casa, Raphael de Rothschild, morire da solo di overdose da eroina in un appartamento di Manhattan quindici anni or sono, sfidarono con tanta protervia come il vecchio J. Paul la benevolenza degli dei. Tale era la diffidenza, l’avversione che lui suscitava che persino il padre, colui che aveva avviato la società petrolifera, gli lasciò per testamento soltanto 50mila dei 500mila dollari del patrimonio.

     

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    Ma la “Saga dei Getty” sarebbe cominciata da J. Paul, prima con la scoperta del primo e più ricco giacimento nella polvere dell’Oklahoma, negli anni della Grande Depressione narrata da Faulkner e poi nelle sabbie del deserto saudita, al confine con il Kuwait di oggi, dove J. Paul fu il primo americano a ottenere diritti di sfruttamento dalla Casa dei Saud. Fu allora che pronunciò una frase destinata a definire la sua arroganza e il disprezzo per il resto dell’umanità, ridicolizzando il Vangelo: «I poveri erediteranno la Terra, ma non i diritti di sfruttamento del sottosuolo».

     

    Divenne l’uomo più ricco d’America, con otto miliardi di dollari, calcolabili in almeno 30 miliardi di oggi, producendo una tribù di figli e nipoti grazie a cinque mogli, cinque figli e 14 nipoti, che teneva accuratamente lontani da sé, per non diluire la propria ricchezza, tenuta ben stretta con un’avarizia di dimensioni romanzesche. Nella sua ultima abitazione, nel quartiere più elegante di Londra, Sutton Place, il vecchio Getty aveva fatto bloccare tutti i telefoni con lucchetti e installato una cabina telefonica a gettoni per gli ospiti che volessero telefonare.

     

    PAUL GETTY III DOPO IL RILASCIO PAUL GETTY III DOPO IL RILASCIO

    E fu allora che gli dei dovettero irritarsi parecchio. Una malattia gli portò via a soli 11 anni il figlio preferito, Timothy, quello sul quale aveva puntato come continuatore delle fortune della Getty Oil. Alla madre di lui, ed ex moglie, che aveva speso fortune per tentare di salvarlo, negò aiuti economici. E quello che la sfortuna aveva fatto per il figlio, i rapitori fecero per il nipote, John Paul III, sequestrandolo in Italia, dove viveva per coltivare la propria vena artistica.

     

    L’orecchio mozzato dai rapitori e spedito al patriarca fecero volumi di letteratura “noir” minore, ma anche in questo caso J. Paul non si smentì. Versò 2,2 milioni di dollari per riscattarlo, la cifra massima che il fisco americano gli consentiva di detrarre dalle tasse, prestando un altro milione richiesto dai rapitori al nipote, che J. P. III dovette restituirgli. Naturalmente con gli interessi.

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    Neppure l’interessato mecenatismo che creò fondazioni e il magnifico museo a lui intitolato, sempre per motivazioni fiscali, è stato immune da scandali e sospetti di traffici d’arte, che lui collezionava avidamente. Ma se altri rami della famiglia conobbero tragedie autoinflitte, come la quadriplegia provocata in un altro nipote da una crisi epatica dopo cocktali di stupefacenti, stimolanti, psicofarmaci e alcool, la morte di Andrew, l’oscenità del quadro che la polizia di Los Angeles ha trovato nella sua stupenda casa sono un inedito anche nella “Saga dei Getty”.

     

    PAUL GETTY III DOPO IL RILASCIO PAUL GETTY III DOPO IL RILASCIO

    Suicidio, omicidio, morte accidentale che sia stata, quella era stata la trentunesima occasione nella quale gli agenti erano dovuti intervenire nella “mansion”, spesso chiamati per allontanare una donna, già sua girlfriend che entrava in casa nonostante un mandato del tribunale, esigendo pagamenti che lui le doveva.

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    Dunque nulla, nei cento anni dall’inizio della “Saga dei Getty”, aggiunge elementi di nobiltà, o di sacrificio, nella loro lunga maledizione, se non il contrappasso della ricchezza che divora chi la eredita senza avere fatto nulla per meritarla. Non ci sono stati fucili o revolver di assassini sparati per stroncare carriere o ambizioni di servizio pubblico, come per i Kennedy.

     

    Sofferenza e solitudini filiali come nella tragedia che colpì Casa Agnelli nel suicidio di Edoardo. Fatalità e ipotesi mai provate di complotti, come nella morte della principessa Diana, madre degli eredi al trono dei Windsor. Né tentativi di riscatto politico, come nella House of Rockefeller, dove almeno uno di loro, Jay, ha servito disciplinatamente dai banchi del Senato per vent’anni gli elettori del West Virginia, nel Partito Democratico.

     

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    Della famiglia che negli Anni ‘30 rappresentava da sola, mentre l’America era piegata dalla Grande Depressione, la più alta quota in mani private del Prodotto Interno Lordo Usa prima di essere assorbita dalla Texaco, resta il corpo di un quarantenne viziato, riverso mezzo nudo nel proprio sangue, sulle colline di Los Angeles. Tormentato da un nome, dai soldi, da una donna e dalla propria lussuosa inutilità.

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