Estratto dell’articolo di Massimo Basile per “la Repubblica”

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Il guru dell’hiphop P. Diddy è rinchiuso da due mesi nel carcere di Brooklyn, accusato di traffico sessuale, violenze e possesso di stupefacenti. Ma c’è chi garantisce di avere le prove di accuse più gravi nei suoi confronti. Subito dopo l’arresto del producer sono spunti numerosi testimoni che hanno promesso rivelazioni.

Trenta donne lo hanno accusato di molestie e abusi, un ex amico ha parlato di abusi sessuali su Justin Bieber. Giornali e siti scandalisti hanno ricevuto proposte di scoop, da cedere dietro lauti pagamenti.

[…] è emersa la figura di un corpulento afroamericano che ha accettato di collaborare con gli investigatori: Courtney Burgess, un passato marginale nel mondo della musica, mormone praticante, incriminato nell’89, e poi prosciolto, per aver ucciso un ragazzo durante una sparatoria tra auto in corsa. Burgess si è offerto di testimoniare davanti al grand jury.

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A fine ottobre ha sostenuto in aula di avere immagini potenti: può diventare l’ennesimo testimone in cerca di fama o la “smoking gun”, la madre di tutte le prove. La procura gli ha ordinato di consegnare i file.

Lui ha raccontato che i video gli vennero consegnati nel 2008 da Kim Porter, l’ex fidanzata di Diddy, sotto forma di chiavette Usb, assieme a un manoscritto scritto da lei e in cui ci sarebbero riferimenti ai “party maledetti” messi in piedi dal producer.

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Porter non può confermare: è morta nel 2018. Una sua amica ha detto di non aver mai sentito nominare Burgess. Lui sostiene di aver tenuto le chiavette per dieci anni senza aprirle, perché pensava fossero nastri da ascoltare, ma di averlo fatto dopo la scomparsa della donna. Dentro, ha raccontato, trovò video in cui c’erano celebrità coinvolte in scene di sesso, ma non ha indicato nomi. […]

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