Enrico Franceschini per “la Repubblica”
Gli studi su Matthieu Ricard
“La felicità è un cucciolo caldo”, recita Charlie Brown in una famosa striscia dei Peanuts. Ma se la felicità, in mancanza di un cagnolino nelle vicinanze, si potesse fabbricare e acquistare comodamente in farmacia, non correremmo tutti a comperarla? La risposta a questo quesito parte da un monaco buddista di 67 anni che trascorre le giornate in meditazione davanti alle montagne del Nepal: Matthieu Ricard ha offerto la propria mente e il proprio stato emotivo alla scienza, guadagnandosi il titolo di “uomo più felice del mondo”.
Gli studi su Matthieu Ricard
Gli studiosi del Laboratory for Affective Neuroscience dell’università del Wisconsin lo hanno sottoposto a centinaia di test, attaccandogli elettrodi al cervello e al corpo mentre meditava, scoprendo che il suo livello di intima soddisfazione, di profonda contentezza, insomma di felicità, è il più alto mai raggiunto da un essere umano. Buon per lui, ma l’esperimento non era soltanto alla ricerca dell’ennesimo record per il Guinness dei Primati: ha un interesse commerciale. Individuare la pozione magica che ci rende felici e poi, possibilmente, venderla.
Per rendere felici, o perlomeno ricchi, i suoi proprietari. Bisogna dire che Ricard non è un monaco qualunque: nato nella Savoia francese, figlio di un celebre filosofo, ha conseguito un dottorato in genetica molecolare al prestigioso Istituto Pasteur di Parigi lavorando con il premio Nobel Francois Jacob. Ma poi ha abbandonato la carriera accademica, si è trasferito in Himalaya e si è convertito al buddismo tibetano, diventando discepolo di alcuni dei più grandi maestri di questa tradizione.
Gli studi su Matthieu Ricard 3
Sulla sua esperienza ha pubblicato libri tradotti in decine di lingue, fra cui “Il monaco e il filosofo”, un dialogo con suo padre sul significato dell’esistenza, e “Felicità: guida allo sviluppo delle nostre più importanti capacità”. Per incontrarlo non è sempre necessario andare in Nepal: viene invitato spesso anche al convegno di Davos, dove insegna i suoi valori e l’arte della meditazione in seminari a cui partecipano alcuni degli uomini d’affari e degli economisti più potenti della terra.
A un certo punto, tuttavia, “l’uomo più felice del mondo” ha attirato l’attenzione di quella che un recente libro definisce fin dal titolo “The Happiness Industry”, l’industria della felicità: psicologi, neurologi ma anche economisti come il professor Richard Layard della London School of Economics. È noto che da qualche anno il benessere delle nazioni non viene più misurato soltanto in termini di prodotto interno lordo ma pure in base a un “indice della felicità” dei loro abitanti.
Matthieu Ricard
E l’appena rieletto primo ministro britannico David Cameron ha ordinato al proprio governo, già all’inizio del suo primo mandato, di raccogliere dati sulla felicità dei sudditi di Sua Maestà. Il passo successivo di quelli che alcuni chiamano “psico-economisti” è individuare gli elementi che producono la felicità, impossessarsene e metterli a disposizione del pubblico. Per scopi nobili, come curare la depressione, ad esempio, o magari più esplicitamente di solo lucro.
Il Dalai Lama con Matthieu Ricard
Le “pillole della felicità”, più note come antidepressivi (tipo il Prozac), esistono da un pezzo, così come le controversie legate al loro uso (ed abuso). Ora, racconta il Guardian , la tecnologia digitale promette passi avanti: sono già in commercio dei gadget come “The Muse” e “Thync” che promettono di migliorare il nostro stato emotivo e modificare il nostro stato mentale in pochi minuti monitorando l’attività cerebrale. L’idea che tutti rincorrono è catturare la serenità del monaco tibetano e trasformarla in una application. Ma è possibile? «La felicità è come la salute — ammoniva Checov un secolo e mezzo fa — Quando la possiedi non te ne accorgi».