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DAGOREPORT – CHE FINE HA FATTO IL FANTOMATICO "PONTE" CHE MELONI SOGNAVA DI CREARE TRA USA E UE? PRI…
“I MILANISTI DICEVANO CHE ERO L’AMANTE DI ALDO SERENA, LA GELOSIA E’ UNA BRUTTA BESTIA” – NICOLA BERTI, IL “CAVALLO PAZZO” EX INTER, SI RACCONTA TRA SERATE E SGROPPATE – "LA VITA NOTTURNA? NON HO MAI ESAGERATO. UNA SERA FATTA BENE OGNI TANTO LA FACEVO. ANCHE AI MIEI COMPAGNI DAVO FASTIDIO A VOLTE, PERCHÉ GUADAGNAVO TANTO, SORRIDEVO SEMPRE, E MI PERMETTEVO DI ANDARE A BERE UNA BIRRA AL PUB. LA SOCIETA’ MI FECE PURE PEDINARE" - LA "FACCIA D’ATTORE" E L'AMICIZIA CON UMA THURMAN, L’INNO DI MAMELI CHE “NON SI PUÒ SENTIRE”, LO “STRONZO” DI SACCHI, LA FINALE DEL MONDIALE ’94 COL BRASILE E QUELLA VOLTA CHE BERLUSCONI… - VIDEO
Paolo Tomaselli per corriere.it - Estratti
(...)
Era un baby fenomeno, visto che a 16 anni iniziò la scalata dalla C.
«Sì, giocavo, anche come centravanti e lavoravo. Tanto che Carmignani a Parma mi ripeteva di smettere con i mercati, perché mi vedeva stanco. A 17 anni ho debuttato in serie B, facevo anche lo stopper. Avevo una grande tigna, anche se non ero tecnicamente il massimo».
Quando firmò il primo contratto con la Fiorentina venne definito «il miliardario con lo zero in condotta». Perché?
«Assieme ad altri dieci “geni” in prima media andammo su una collina di Salsomaggiore a fumare e a perdere tempo. Per separarmi dalle cattive amicizie mi bocciarono».
A 14 anni fu ripescato dai carabinieri in una fontana.
«A Salsomaggiore c’era già Miss Italia, allora scavalcai un muro per entrare nel giardino dell’hotel che ospitava le ragazze e mi ritrovai accanto a Patty Pravo. A Salso mi sentivo a casa mia e facevo un po’ di casino...».
Marco Tardelli era il suo idolo da ragazzo?
«Fu Claudio Gentile, mio compagno a Firenze, che un po’ mi forzò a dire questa cosa. Certo Tardelli mi piaceva e quando me lo hanno presentato sono arrossito, anche se io ero più bravino (ride ndr). Nel Mondiale del 1982 comunque io impazzivo per il Brasile».
E nel 1994 se lo ritrovò in finale.
«Contrariamente a quanto si pensa mi ero candidato per calciare il rigore, ma Sacchi mi saltò. Mi consolai per la sconfitta andando a San Diego con i miei amici brasiliani».
Il suo appartamento a Soho, New York, tornò utile in quel Mondiale?
«L’avevo comprato un anno e mezzo prima ed era fighissimo. Ma quello “stronzo” di Sacchi, mi raccomando lo scriva tra virgolette, nel giorno di riposo ci dava libertà dalle 11 alle 23, quindi ci toglieva la serata. Però due-tre chiamate per fare festa al pomeriggio coi miei compagni forse le ho fatte (esplode a ridere, ndr)».
Lei, unico interista della spedizione, sembrava il meno sacchiano di tutti.
«E invece forse lo ero più degli altri, perché giocavo dove voleva lui. Ero uno serio, anche se fumavo il cubano in camera di Baresi. Quell’anno dopo un lungo infortunio, come ha detto il nostro allenatore Marini, ho salvato l’Inter dalla B, ho segnato nella finale di andata della Coppa Uefa che abbiamo vinto. E poi ho giocato tutto il Mondiale in fascia: un ruolo non mio».
Che fine hanno fatto i giocatori dell’Italia del Mondiale 1994 Usa?
«La gente non sopporta di vedere uno che si diverte»
Le malelingue dicevano: «Berti esce e beve». E oggi?
«Come allora: bevo il giusto».
Ha mai pensato: avessi fumato o bevuto meno, avrei vinto di più?
«No, perché non ho mai esagerato. Cioè, una sera fatta bene ogni tanto la facevo. Ma una ogni tanto».
(...) Il festaiolo ero sempre io, ma c’erano tanti compagni e tanti milanisti. Veniva anche Vialli da Torino».
Tra le sue frasi celebri c’è questa: «Sono antipatico perché la gente non sopporta di vedere uno che si diverte». Che ne pensa?
«Vale ancora oggi. Anche ai miei compagni davo un po’ fastidio a volte, perché guadagnavo tanto, sorridevo sempre, e mi permettevo di andare a bere una birra al pub, anche due. E qualche volte è capitato che alla domenica sbagliassi la partita».
Per lei, a differenza di altri, il calcio era una festa?
«Il giorno del derby lo zio Bergomi era tutto incupito perché doveva marcare Van Basten e ogni tanto lo prendo ancora in giro per questo. Io non vedevo l’ora di trovarmi davanti a quella folla: San Siro per me era la gioia assoluta».
Ogni tanto gliela facevano pagare?
«Per scherzo mi hanno bruciato un paio di scarpe da squash a cui tenevo molto. Le avevo indossate per due mesi di fila: l’ideatore fu Pagliuca».
La Fiorentina l’aveva già venduta al Napoli, ma lei si rifiutò e volle l’Inter. Perché?
«Ero già in Nazionale e si scatenò l’asta. Erano tutti a Salsomaggiore per me: Moggi, Boniperti, Galliani, Beltrami dell’Inter. Il rialzo nerazzurro arrivava sempre di notte e finii per guadagnare più di Bergomi, Ferri e Zenga messi insieme. Vincemmo subito lo scudetto dei record e l’asse fondamentale era Brehme, Berti, Serena».
Dove ha conosciuto sua moglie?
«A Saint Barth, era la direttrice del ristorante più bello dell’isola. È francese, di origine algerina. Sapeva che ero un ex calciatore, ma in quel periodo pesavo centodieci chili e giravo con lo scooter e il sigaro. Avevo progettato di andare lì a vivere, perché sapevo che l’adrenalina mi sarebbe mancata da morire. Ai Caraibi sono rimasto cinque anni e ho tenuto la casa: ho ammortizzato così l’addio al calcio».
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Nel '94 fece il Mondiale senza contratto: flirtava col Milan?
«Sì, ho incontrato Berlusconi ad Arcore per un pourparler. Io non sarei mai andato e anche lui si è tirato indietro, forse perché politicamente non sarebbe stato conveniente. Mi avevano proposto la scorta, avrei dovuto vivere vicino a Milanello: ma che vita sarebbe stata? Per fortuna l’Inter poi si è data una mossa».
La pedinavano per la sua vita notturna?
«Sì, poi mi convocavano in sede, mostrandomi dove ero stato. In un periodo storto mi mandarono per punizione una settimana a San Pellegrino Terme da solo con il preparatore, in un albergo per camionisti: non c’era neanche la tv in camera».
Sempre al Mondiale 94 disse che l’Inno di Mameli «non si può sentire».
«Invece per far ridere i miei compagni a Italia '90 mi mettevo la mano sul petto, ma a destra. Ero uno che sdrammatizzava, in un ambiente che si prende troppo sul serio. Ho fatto la carriera secondo le mie regole, mantenendo un equilibrio. Per questo non ho nessun rimpianto».
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Disse anche che il calciatore è una sorta di «oggetto sessuale». Che ne pensa?
«Ci sono momenti in cui sei figo, sorridente, magari ci sai anche fare. Però poi mi sono venuti dei dubbi, ho fatto dei viaggi in posti dove non ero conosciuto, per vedere se c’era differenza. E posso dirlo: il risultato non era lo stesso di quando facevamo le vasche in centro a Milano».
Altra fase celebre: «Ho ricevuto proposte sessuali anche da uomini». Anche colleghi?
«No, colleghi mai. Poi ovviamente i milanisti dicevano che io e Aldo Serena eravamo una coppia: la gelosia è una brutta bestia».
La sua amica Uma Thurman le ha mai detto che ha la faccia da attore?
«No, ma me lo dice Gabriele Salvatores».
La sua passione per Elvis Presley dove nasceva?
«Nessuno l’ha mai davvero capito, ma ho ancora tutti i vinili».
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Lo scherzo delle «Iene», con la figlia ventenne illegittima che viene dai Caraibi per incontrarla, è riuscito bene, che ne dice?
«Ci sono cascato alla grande! Secondo me l’ideatore è stato proprio Aldo Serena, gliel’ho anche chiesto, ma non dirà mai la verità. C’è stato un periodo in cui a Saint Barth ero single e passavano di lì le navi da crociera, poi c’erano gli shooting delle modelle...».
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Nel pieno del campionato se ne usciva con frasi come «l’attesa è la parte più bella del calcio». Non era banale.
«Volevo che l’attesa di una partita importante non finisse mai. E quei momenti ancora oggi mi mancano da morire».
Però se li è goduti.
«Sì. Mi sono goduto le cose e l’ho fatto in maniera del tutto consapevole: c’erano ottantamila persone che cantavano ‘Nicola Berti, facci un gol’. A me, un centrocampista, uno che da ragazzino vendeva le ricotte nei mercati: pura emozione. Dall’altra parte, quei cori li facevano a Van Basten. Ma si rende conto?».
NICOLA BERTI
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