LA GRANDE SCOMMESSA
Giulia Zonca per “la Stampa”
«Un ragazzo viscido che lavora in una grande banca», è così che il regista de «La grande scommessa», Adam McKay, descrive il personaggio di Ryan Gosling ed è così che il suo film ha fatto successo e si è candidato a 5 premi Oscar: con il cattivo ideale dell' ultimo decennio.
Non è un antieroe, non è un disperato, non è un serial killer psicopatico: «è uno viscido che lavora in una banca» ed è pure uscito da una storia vera. La finanza dice «instabile» e Hollywood traduce «cinico», il mercato si agita e il cinema lo sfrutta come trama del momento.
Tra guru e falsari
LA GRANDE SCOMMESSA
A maggio esce «Money Monster», ultima fatica di Jodie Foster, con George Clooney e Julia Roberts ovvero tutto lo star system riunito dentro uno studio televisivo che riproduce Wall Street. È il regno di Clooney alias Lee Gates, altro ritratto di uomo subdolo e privo di coscienza, cresciuto in banca, diventato famoso in tv e noto per lo scialbo motto «senza rischio non c' è ricompensa».
CLOONEY MONEY MONSTER
Si vende come un guru da tinello, spinge i piccoli investitori a osare e gli capita di mandarli in fallimento. Solo che uno la prende male e lo rapisce. Il bello è che quando Lee-Clooney lo vede con la pistola chiede: «Cosa è, una questione di sindacati?».
Sembra più una questione di bersaglio e oggi le banche, e chi ci gira intorno, lo sono. Siamo in una fase diversa dalla scalata al potere senza scrupoli di Gekko in «Wall Street», non è una caricatura, è la realtà spinta all' estremo e come tale diventa tendenza.
Non c' è un singolo corrotto al comando, non è più solo colpa del banchiere, ormai viene dipinto come genio del male anche il bancario, non è un sistema perché cambia, ma è ormai percepito come un nemico dall' opinione pubblica. La fiction ha preso questa paura e l' ha materializzata.
Il maligno del 2016 si muove tra figure ordinarie, usa un vocabolario comune, sta in camicia e cravatta, è spietato, vagamente sadico, dollaro-dipendente e non prova alcun senso di colpa. O almeno lo disegnano così.
Protagonisti sprezzanti
LA GRANDE SCOMMESSA
Nella scena madre de «La grande scommessa», «il viscido» Vennett (Gosling) spiega come il mercato immobiliare stia crollando e usa una torre jenga.
Toglie i pezzi e li butta sprezzante nella spazzatura, con abilità da narratore mostra come si possano gettare un gran numero di pezzi senza che l' impianto crolli, solo che poi ce n' è uno, identico agli altri, che una volta estratto tira giù tutto. A quel punto il regista si concede una libertà: si rivolge allo spettatore.
Uno degli attori gira la poltrona e parla al pubblico perché il dialogo è complicato, parlano di ipoteche, mutui, hedge fund e il regista teme di perdere l' attenzione. Soprattutto ci tiene a dire: «lo so che non ci stai più capendo nulla, è così che ti fregano» e anche se la battuta è un filo meno diretta, l' empatia è immediata.
GOSLING CLOONEY
A chiudere il trittico c' è l' ultima serie targata Show Time (il network di «Homeland»).
«Billion», appena uscita negli Usa, in arrivo da noi, esalta un viscido al quadrato che dona milioni alle famiglie delle vittime del terrorismo e ne frega il triplo come re dei fondi speculativi. Un cattivo destinato a trovare il suo posto tra il Jr di «Dallas e l' Underwood di «House of cards». Non aprite quello sportello.
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