TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA ANDATE A…
Alessandro De Angelis per “la Stampa” - Estratti
Sandro Veronesi, "Settembre nero" è il primo romanzo non ambientato nel tempo in cui scrive. È un suo desiderio di fuga dal presente?
«Sì, per una ragione semplice. Io ci metto tre anni per scrivere un romanzo, nei quali non vivo solo l'oggi, ma anche il tempo in cui si svolge il romanzo. Non avevo alcuna intenzione di vivere questo presente due volte. E magari di raccontare di gente che si lascia via WhatsApp».
Però è anche un tempo stimolante. Non suscita curiosità?
«Non mi ci riconosco più, soprattutto dopo il Covid. C'è stato un momento, tra un'ondata e l'altra, in cui sembrava possibile uscirne migliori. Poi, secondo me, ne siamo usciti peggiori: più rabbiosi e intolleranti di prima. Mi viene in mente Hemingway in Fiesta: "Come hai fatto ad andare in rovina?", "In due modi, prima un po' alla volta, poi tutto insieme"».
(...) Il potere dei social media è lampantemente un disastro. Sono un'immensa cloaca, eppure ad essi si dà potere, c'è chi li confonde con la realtà e ci passa la vita».
(...) La tv, i social, poi pensi e parli in cento caratteri. Questa Italia, in fondo, è figlia di Berlusconi. Ma la colpa è anche nostra. L'esempio ai figli lo devono dare i genitori e li devono proteggere educandoli».
Si parla tanto di egemonia culturale. Quale è la cultura egemone oggi?
«Non ce n'è una sola. Il problema è che le egemonie si nutrono l'una dell'altra, proprio nella contrapposizione. Quanto più esasperata e imbecille è la cultura woke, tanto più forte diventa l'egemonia brutale del trumpismo. Un po' come Hamas e Netanyahu: massacrandosi reciprocamente si sono giovati, rimanendo al potere».
Cosa dovrebbe saper oggi contrapporre la sinistra alla destra?
«La passione. Manca totalmente. Trump trasmette una passione brutale, la Harris neanche un po'. Mi fanno ribrezzo, ma quelli che sono entrati a Capitol Hill erano mossi da un furore negativo, violento, al quale non è stato contrapposto un furore positivo».
Due anni di Giorgia Meloni. È una rivoluzione o, in fondo, la solita palude?
«Che sia una donna a guidare per un partito di destra è abbastanza rivoluzionario.
Mica le hanno dato la quota rosa, se lo è conquistato. Così come è una rivoluzione la sua presa del potere. L'esercizio invece è scadente, come la sua classe dirigente. Non c'è sostanza. E la radice postfascista non è stata affatto recisa, è ancora piena di linfa».
La destra declina comunque un'idea di cambiamento, la sinistra esprime una nobile conservazione.
«La sintesi è questa: non te la cavi solo con il politicamente corretto o con la denuncia. Devi entrare in contatto con le ragioni della rabbia. Sfidarla con un sentimento e un'idea collettiva di futuro, sennò il futuro sarà nelle mani di Elon Musk e di pochi altri burattinai».
sandro veronesi foto di bacco (2)
Anche l'antifascismo, per come viene declinato, rientra nel politicamente corretto?
«L'antifascismo non è un patentino. È roba seria, difesa reale di valori. Andrebbe riletta una pagina di "Una questione privata" di Fenoglio. Il vecchio, che ha subito il fascismo sulla sua pelle, dice al giovane Milton: "Tutti li dovete ammazzare. Chi quel giorno non sarà sporco di sangue fino alle ascelle non venitemi a dire che è un buon patriota". È agghiacciante, ma quella era la temperie».
Non andò così.
«Ed è appunto questa la grandezza dell'antifascismo. Poi è arrivata la Costituzione. Cioè: io non faccio a te quello che tu hai fatto a me. Non facciamone una caricatura alla moda per una dichiarazione di giornata».
Si è commosso al film su Berlinguer?
«No, perché non ho fatto parte di quel popolo. Ma mi commuovo di default quando si parla di quel partito. È stata una grande scuola politica, poi sono arrivati gli autodidatti».
(...)
Quali passioni positive vede nella società?
«Ce ne sono tante, civili, culturali, ma isolate. Il problema è che diamo più importanza a un post rispetto a chi custodisce un museo. Mi viene in mente quel signore del film di Gianni Celati, grande raccontatore della pianura padana. Scende dal pullman e si chiede: "Dove dobbiamo guardare?" Ecco, noi stiamo guardando dalla parte sbagliata».
prima della fine. gli ultimi giorni di enrico berlinguer
Abbiamo fatto un'intervista sul disincanto.
«È così. Ho fatto cinque figli. Ho creduto fino all'ultimo nel futuro. Ora non ci credo più. Un sesto figlio non lo farei».
sandro veronesi foto di baccosandro veronesidibattito tra donald trump e kamala harris 6sandro veronesi foto di bacco (1)
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