Francesca Basso per corriere.it
Era chiaro sin dalla vigilia che la discussione al Parlamento europeo, riunito in plenaria a Strasburgo, sulla crisi dello Stato di diritto in Polonia avrebbe visto un ulteriore scontro tra Varsavia e le istituzioni europee.
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La premessa era nella lettera aperta inviata dal premier polacco Mateusz Morawiecki al Parlamento Ue, alla Commissione europea e al Consiglio europeo in cui ha chiesto «comprensione e reciprocità» e «disponibilità a condurre il dialogo con spirito di rispetto». Ma nella lettera Morawiecki aveva anche detto che «la Polonia è determinata a difendere la propria sovranità» e ha attaccato le istituzioni che, secondo Varsavia, agiscono oltre il loro potere e usano la leva finanziaria per «usurpare poteri».
Al Parlamento Ue il copione è stato lo stesso. E il rischio è che si ripeterà anche giovedì quando i leader Ue si incontreranno a Bruxelles per il Consiglio europeo. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha spiegato perché la sentenza della Corte Costituzionale polacca è un pericolo per la tenuta dell’Ue: «Questa sentenza — ha detto — mette in discussione i fondamenti dell’Unione europea. È una sfida diretta all’unità dell’ordinamento giuridico europeo.
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Solo un ordinamento giuridico comune garantisce pari diritti, certezza del diritto, fiducia reciproca tra gli Stati membri e quindi politiche comuni». Per Bruxelles lo Stato di diritto è messo in pericolo in Polonia perché la riforma della magistratura ha compromesso l’indipendenza dei giudici, come rilevato anche dalla Corte di Giustizia dell’Ue. La stessa Corte costituzionale polacca «è discutibile», ha detto von der Leyen, spiegando come procederà la Commissione per far rispettare lo Stato di diritto, che «è il collante che unisce la nostra Unione. È il fondamento della nostra unità.
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È essenziale per la tutela dei valori su cui si fonda la nostra Unione: democrazia, libertà, uguaglianza e rispetto dei diritti umani». Una delle conseguenze possibili è il blocco dei fondi del Recovery Fund (36 miliardi) destinati alla Polonia: «Le regole sono chiarissime. Abbiamo stabilito per legge che ci sono investimenti associati a delle riforme. Le riforme devono seguire le raccomandazioni specifiche per Paese. Una di queste, per la Polonia, è il ripristino dell’indipendenza della giustizia. Questo significa eliminare la sezione disciplinare e il reintegro dei giudici ingiustamente licenziati». Comunque per la presidente von der Leyen «il destino della Polonia è l’Europa».
Morawiecki ha criticato «la lingua delle minacce e delle imposizioni», ma al termine dell’intero dibattito ha manifestato la disponibilità ad abolire la «sezione disciplinare dei giudici» costituita presso la Corte costituzionale «perché non ha risposto alle nostre aspettative». Bisognerà vedere i tempi e i modi.
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«Non sono d’accordo che dei politici minaccino e terrorizzino la Polonia. Il ricatto è diventato un metodo di fare politica verso alcuni Stati membri, ma non è così che agiscono le democrazie», ha denunciato Morawiecki nel suo discorso durato 35 minuti durante il quale è andato all’attacco della Commissione europea e della Corte di Giustizia dell’Ue, confermando la linea indicata dalla sentenza, che ha stabilito che alcuni articoli del Trattato dell’Ue (l’articolo 1 e l’articolo 19) sono «incompatibili» con la Costituzione dello Stato polacco e che le istituzioni comunitarie «agiscono oltre l’ambito delle loro competenze». Il premier Morawiecki ha ricordato che la Polonia è «un Paese fiero.
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Abbiamo pagato con tante vittime la nostra lotta per la democrazia. Abbiamo salvato Parigi e Berlino dagli attacchi bolscevichi», combattuto «contro il Terzo Reich» e lottato anche quando «Solidarnosc ha dato speranza di rovesciare il sistema totalitaristico russo».
Ma la sentenza della Corte costituzionale polacca è un passaggio senza precedenti nella storia dell’Unione: «È la prima volta in assoluto che un tribunale di uno Stato membro — ha sottolineato von der Leyen — rileva l’incompatibilità dei Trattati dell’Ue con la Costituzione nazionale. Questo ha gravi conseguenze per il popolo polacco. Perché la sentenza ha un impatto diretto sulla tutela della magistratura».
«Il primato del diritto dell’Unione non può essere sopra le Costituzioni, non può violare dunque le Costituzioni», ha replicato Morawiecki: «La nostra Costituzione non consente di delegare poteri in un modo che porterebbe alla conclusione che la Polonia non è più uno Stato sovrano», ha proseguito aggiungendo che «se vogliamo collaborare, dobbiamo essere d’accordo che ci sono differenze.
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L’Unione europea non si disintegrerà solo perché i nostri sistemi legali sono diversi, operiamo così da decenni». Il premier polacco ha ribadito l’appartenenza di Varsavia all’Ue, così come vogliono i cittadini polacchi, che il 10 ottobre sono scesi in piazza per riaffermare la loro volontà di rimanere all’interno dell’Unione in protesta con il governo. Parlare di Polexit, ha detto il premier, vuol dire «raccontare fantasie e menzogne».
Ma «se volete creare un super-Stato europeo — ha avvertito Morawiecki — dovete chiedere agli Stati e alle popolazioni europee se lo vogliono. Il diritto primario è la Costituzione e viene prima di ogni altra fonte di diritto. Il primato del diritto dell’Unione non può violare la Costituzione».
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