PAOLO SORRENTINO E ANTONIO CAPUANO
Marco Giusti per Dagospia
Oggi alle 16 al Cinema Troisi di Roma verrà celebrato alla presenza dei suoi autori, Antonio Capuano e Paolo Sorrentino, “Polvere di Napoli”, diretto nel 1998 da Capuano che lo scrisse assieme al giovanissimo Sorrentino. Un film totalmente stracult, all’epoca, diciamo, ma molto poco apprezzato, ahimé, da critica e pubblico.
POLVERE DI NAPOLI
Ma che oggi, grazie a “E’ stato la mano di Dio”, dove Sorrentino dichiara il suo amore per Antonio Capuano, che considera il suo maestro, e forse qualcosa di più, non dico quasi alla pari con Maradona, Dio e la fessa, però poco ci manca, ha davvero una nuova chanche di vita. Scrivevo più di vent’anni fa rispetto al film, che io consideravo già allora un piccolo capolavoro: O ti piace o le detesti. I più lo hanno detestato, considerandolo sballato, sconclusionato, anche offensivo rispetto al classico di Marotta-De Sica “L’oro di Napoli”, del quale è una sorta di parodia-variazione.
POLVERE DI NAPOLI
Eppure ha delle trovate fantastiche, un gruppo di attori strepitosi e dei momenti di culto. Esattamente come nel film di De Sica abbiamo una serie di episodi, anche se virano tutti al fantastico, anzi al fantastico realistico alla Capuanam seguendo il suo episodio “Sofialoren” inserito ne “I vesuviani”, dove un pescatore di innamora di un polpo femmina. Viene subito rivisitato lo sketch più noto, quello della partita a poker. Solo che qui il giocatore arriverà a perdere la vita con due terribili individui che uccidono i poveracci per farne salami e salsicce.
POLVERE DI NAPOLI
E infatti vedremo il giocatore già con la faccia da porco alla fine della storia. Se l’episodio più riuscito è quello della coppia sull’autobus con un numero da antologia di Teresa Saponangelo, poi diventata l’attrice di riferimento del cinema e del teatro di Capuano, quello più folle ha luogo a Pompei, dove il custode Pasqualo, chiamato così perché è mezzo uomo e mezzo squalo, fa visitare il museo a due improbabili visitatori , un napoletano trapiantato in Argentina, Silvio orlando, e la sua bella moglie Lola Pagnani, nel ruolo della sua vita.
POLVERE DI NAPOLI
Fra i tre personaggi capitano strane cose, anche perché la carica erotica di Lola appare paurosa. I due maschi arrivano a sfidarsi a duello come in un western, ma lei preferirà ai due umani un asino, molto più dotato di loro e, in un folle finale, andrà via nuda come Lady Godiva in groppa al suo amore.
Ha un monologo meraviglioso davanti a un televisore anche Giovanni Esposito, pronto a incontrare il suo idolo Richard Gere. Meno riuscito l’episodio poteico coi due suonatori di jazz finto-americani Silvio orlando e Tonino Taiuti, coppia alla Stanlio e Ollio. Na il film, nei suoi alti e bassi, raggiunge vette di stracultismo insospettate.
POLVERE DI NAPOLI
Aggiungo che grazie a questo film cercai Lola Pagnani, che ricordavo come danzatrice del ventre più che attrice, per un varietà su Rai Due, ma si presentò con in mano “L’espresso” e Carlo Freccero, allora direttore di rete, me la bocciò. Altri tempi. Oggi il film diventa un nuovo misterioso oggetto di culto, perfino da studiare, perché anello di congiunzione tra il cinema di Capuano e quello di Sorrentino. Cosa che, francamente, allora, nessuno poteva sospettare. Ci sono gran parte degli attori che troveremo nel cinema di Sorrentino e non solo, Teresa Saponangelo, Silvio orlando, Lino Musella, Gigio Morra. Lunga vita a Pasqualo, all’asino, a Lady Godiva, e a “Polvere di Napoli”.
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