DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
ANDREA ORLANDO .- CONFERENZA STAMPA DOPO LA SCONFITTA
Lorenzo De Cicco per repubblica.it - Estratti
«Siamo stati una cavia. E non ha pesato solo il veto di Conte su Renzi, che pure ci ha fatto pagare un prezzo. C’era anche la competizione Calenda-Iv. Era un cubo di Rubik. Uno che a una settimana dalla chiusura delle liste dice: no, te no. Quelli che vogliono distinguersi al centro. Il redde rationem nel M5S a tre giorni dal voto, poi, che non mi è sembrato intelligentissimo... Correvo con 10 chili in più sulla schiena».
Così si sfoga Andrea Orlando, alle dieci di sera, a un tavolino del Mog, il mercato orientale di Genova, sede del suo comitato, quando è tutto finito. Non doveva andare così, per il 55enne spezzino, quattro volte ministro, deputato da 5 legislature (la prima nel 2006, 18 anni fa), capo della corrente di sinistra del Pd, che puntava tutto sul rilancio local per restare in pista.
ANDREA ORLANDO .- CONFERENZA STAMPA DOPO LA SCONFITTA
Per il Pd, dopo l’inchiesta su Toti, queste elezioni erano quasi un rigore al novantesimo. Ed è vero che non è da questi particolari che si giudica un giocatore, però, anche fra i democratici, nell’ora dello scoramento, tanti si chiedono: com’è stato possibile perdere una regione persino quando l’ex presidente viene arrestato, per corruzione? E persino dopo che ha patteggiato? È stato possibile.
«Mi prendo anch’io la mia quota di responsabilità, ma la verità è che serve una coalizione nazionale stabile, come succede a destra, non ci possono essere formule variabili di volta in volta», ragiona l’ex ministro nella notte della sconfitta. «Siamo stati una cavia di com’è correre senza campo largo, serve un progetto, non si può stare insieme solo perché si sta all’opposizione. Serve una riflessione nazionale».
In questa partita, lamenta, «i liguri di Iv non sono stati neutrali». Ma sembra pungere anche Elly Schlein, quando sostiene che «il riavvicinamento di Iv ha creato un problema pure al Pd, la gestione non è stata ottimale». Che dirà a Conte in Parlamento: «Mettetevi d’accordo». E a proposito di M5S, che in Liguria ha avuto un tonfo, aggiunge: «È un problema se una forza politica perde voti, se non è in salute. Ma come risolverlo spetta a loro».
ANDREA ORLANDO BUCCI A DI BANANA - VIGNETTA BY GIANNELLI
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Certo non si può rimproverare a Orlando di non averci provato fino in fondo. Ha battuto ogni angolo della Liguria, da Sanremo a Lerici, incontri con gli operai e con gli industriali, quasi 200 eventi, campagna vecchio stile, su strada, anche per smentire lo “spin” della destra: «Orlando vive a Roma da vent’anni». «Macché – ha ribattuto lui per settimane – torno tutte le settimane». Casa popolare a La Spezia, palazzine Fanfani, ereditata dal nonno e riscattata. È lì che attende anche lo spoglio, mentre sul cellulare gli arrivano dati così così, poi sempre peggio, fino alla resa, alla telefonata all’avversario Bucci.
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IL TRACOLLO DEI 5STELLE TRADISCE ORLANDO
Francesca Schianchi per "la Stampa" - Estratti
ANDREA ORLANDO .- CONFERENZA STAMPA DOPO LA SCONFITTA.
Quando ancora i risultati sono incerti, e tra Bucci e Orlando è un sorpasso uno sull'altro ogni volta per un pugno di voti, la linea del Pd è già chiara: concentrarsi solo sull'ottimo risultato del partito, quel 28 e mezzo che migliora la percentuale delle Europee e doppia Fratelli d'Italia, e provare a ignorare quello complessivo del campo largo. Tentativo destinato al fallimento, naturalmente: fosse anche finita con una vittoria per un soffio, dentro e fuori dal partito è impossibile non vedere il tracollo del Movimento Cinque stelle, passato in Liguria in quattro mesi dal 10,2 per cento di giugno a meno del cinque per cento di ieri.
Una performance pessima, aggravata dalle fibrillazioni scatenate dal Movimento dentro la coalizione e dalle liti interne, culminate con l'ultimo sfregio di Beppe Grillo, che, residente a Genova, a votare per le Regionali non ci è nemmeno andato.
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ANDREA ORLANDO COME KAMALA HARRIS - MEME
E, spiegano da Genova, quello che più preoccupava, fin dall'inizio, non erano tanto i voti di Renzi persi – se proprio bisogna scegliere, meglio guadagnare il 4 e rotti dei Cinque stelle che il 2 e rotti di Italia viva, predicava ancora ieri sera un dirigente dem – quanto il danno di immagine, la sensazione trasmessa agli elettori di essere una coalizione arrangiata e litigiosa, e quindi poco affidabile.
Per questo, i dem hanno assistito con analogo sbigottimento alle polemiche tra vertici del Movimento a poche ore dall'apertura delle urne: Conte che annuncia di non rinnovare il contratto di consulenza a Grillo, e quest'ultimo che, come nulla fosse, rivendica il «diritto all'estinzione» del Movimento che ha fondato, non esattamente uno sprone alla partecipazione degli elettori.
Ciliegina sulla torta, ieri, la débâcle nelle urne. Eppure, nonostante l'irritazione palpabile di molti nel Pd, nonostante la tentazione di qualcuno di rimproverare la linea «testardamente unitaria» alla segretaria Elly Schlein, non si alzano voci contro Conte e il Movimento, e nemmeno contro la strategia di Largo del Nazareno: ordine di scuderia, o forse anche solo buon senso, visto che tra venti giorni, il 17 e 18 novembre, sono previste altre Regionali, in Umbria ed Emilia-Romagna, nuovamente alleati. E aprire nuovi fronti polemici, là dove a Perugia e dintorni la partita è aperta quanto la era in Liguria, non sembra proprio il caso.
«Le forze di opposizione riflettano sul risultato», dice Schlein. «Siamo il primo partito, doppiamo FdI ma da soli non bastiamo». L'eventuale resa dei conti, lo sa bene la segretaria, è rinviata a più avanti.Quando i Cinque stelle, che ieri ammettevano con Conte il «risultato deludente», tenendo però il punto sul no a Renzi («ci avrebbe solo fatto perdere ancora più voti»), dovranno tirare le somme di quello che vogliono essere alla famosa e continuamente rinviata assemblea costituente.
E la segretaria del Pd dovrà rispondere a chi, nel partito, sottotraccia si interroga sull'identità del partito e il profilo della coalizione. «Al Nord non si vince senza parlare al centro», le hanno detto più volte i riformisti del Pd. Non si tratta solo di coinvolgere Renzi, ma proprio di saper spostare il baricentro del partito, che loro ritengono troppo sbilanciato a sinistra, introducendo nel dibattito temi e proposte capaci di ammiccare a un elettorato moderato.
scazzo tra andrea orlando e marco bucci 6
Non è un'istanza nuova, la segretaria lo sa bene. E per difendersi dalle sollecitazioni sotterranee non farà che sottolineare lo score ligure, più o meno il 30 per cento se ai voti della lista Pd si aggiungono quelli di area confluiti nella lista Orlando. Sperava però che una vittoria in Liguria potesse rinsaldarla nella sua linea di alleanze. Ora deve concentrarsi sull'Umbria: perdere anche lì, potrebbe voler dire far deflagrare quelle contestazioni interne che finora ha saputo tenere a bada.
bucci orlandoscazzo tra andrea orlando e marco bucci 7ELLY SCHLEIN conte renzi schleinSCONFITTA DEI 5 STELLE IN LIGURIA - VIGNETTA BY ELLEKAPPA
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