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    OSTIA, IL LUNGOMARE TORBIDO DI MAFIA CAPITALE - IL DECIMO MUNICIPIO DEL COMUNE DI ROMA VIVE SOTTO LO SCHIAFFO DEI CLAN: ARRESTATO IL PRESIDENTE TASSONE, GIÀ CHIUSI QUATTRO CIRCOLI DEL PD SU DIECI, APPALTI TRUCCATI E STABILIMENTI BALNEARI INCENDIATI


     
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    ANDREA TASSONE ANDREA TASSONE

    Sergio Rizzo per il “Corriere della Sera”

     

    «Avvito lampadine», rispondeva sempre Andrea Tassone a chi gli chiedeva quale fosse la sua occupazione. Ma non è certo avvitando lampadine che quel dipendente dell’Acea era arrivato dov’era arrivato. Era il presidente del decimo municipio del Comune di Roma, che governa quell’enorme pezzo della capitale che si estende dalla periferia ovest fino al mare.

     

    Fino a Ostia: una città di 94 mila abitanti attaccata alla metropoli solo per una questione amministrativa. Ma di fatto è un altro mondo. E non soltanto perché c’è il mare. Qui l’impasto fra affari, interessi criminali e politica è ancora più torbido di quanto le indagini su Mafia Capitale non abbiano già fatto scoprire.

     

    MARINO E ANDREA TASSONE MARINO E ANDREA TASSONE

    L’avvitatore di lampadine viene arrestato con la seconda ondata. Dalle intercettazioni i magistrati deducono che abbia intascato soldi da Salvatore Buzzi per favorire gli appalti alle sue cooperative. E che qualcosa lì sia successo pare confermarlo anche un dialogo fra Buzzi e una sua collaboratrice. «Gramazio (Luca Gramazio, consigliere regionale del centrodestra inquisito, ndr ) ci ha fatto avere un sacco di soldi sul municipio di Ostia… ci ha fatto dare un milione di euro», dice Buzzi. E aggiunge: «’Na mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso… so’ tutti corrotti, non so se l’hai capito».

     

    UN CONTESTO MALATO

    ANDREA TASSONE ANDREA TASSONE

    Il prosieguo dell’inchiesta e l’ eventuale giudizio diranno se le cose sono andate davvero così, se le accuse a Tassone saranno confermate, e se dunque nella tenaglia Buzzi-Carminati era finita pure Ostia. Ma il contesto, come lo chiamava Leonardo Sciascia, quello dice molto. Insieme a Tassone acchiappano anche il direttore del porto turistico di Ostia Paolo Solvi. Sospettano che pure lui sia della partita, nelle vesti di intermediario fra l’ex presidente del municipio e Buzzi.

     

    Passano un paio di mesi e alla fine di luglio tocca al padrone della società che gestisce il porto. Il magistrato sostiene di avere le prove che Mauro Balini, così si chiama, avesse collegamenti con la mafia locale. Di sicuro il suo nome era già spuntato in una inchiesta di due anni fa, denominata “Nuova Alba”, che aveva portato all’arresto di ben 51 persone con il teorema dell’esistenza a Ostia di un vero e proprio sistema criminale capace di controllare gli affari sul litorale.

     

    BUZZI CARMINATI BUZZI CARMINATI

    La botta per Balini adesso è durissima: nell’operazione che coinvolge il nipote di Vittorio Balini, imprenditore partito dal mestiere di bagnino e arrivato a manovrare i diritti delle più popolari serie televisive degli anni Ottanta, i finanzieri sequestrano beni per 400 milioni.

    La sequenza degli avvenimenti è sconcertante. Anche perché un mese prima dell’arresto Tassone si era dimesso in modo clamoroso dal suo incarico politico dopo la denuncia riferì l’ Ansa , di una «forte presenza» della criminalità organizzata nel suo municipio.

     

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    Presenza arcinota da anni. Per sapere quello che stava succedendo a Ostia sarebbe bastato leggere gli articoli su Repubblica della brava giornalista Federica Angeli, costretta a vivere sotto scorta per aver raccontato come gli affari del Lido di Roma fossero controllati dai clan. A far riflettere, semmai, avrebbe dovuto essere la debolezza della risposta della politica locale: sulla quale ora incombe un rischio gravissimo. Il commissario del municipio Alfonso Sabella, magistrato al quale il sindaco di Roma ha affidato l’assessorato alla legalità, non ha escluso affatto la possibilità che sullo scioglimento di quel municipio, già deciso come conseguenza delle dimissioni di Tassone, possa venire apposto il marchio d’infamia della mafia.

     

    ostia-manichini ostia-manichini

    MINACCE E ATTENTATI

    Da anni la situazione di Ostia ricorda certe epoche buie di stampo sudamericano. Minacce, intimidazioni e attentati a chi non si piega alla legge delle cosche locali sono all’ordine del giorno. Senza che la cosa abbia mai destato particolare preoccupazione nei partiti. Come se regnasse una pace fondata su interessi reciproci. «Di fronte alle tre famiglie Fasciani, Triassi e Spada», hanno scritto Federica Angeli e Carlo Bonini, «la politica si è sempre genuflessa con rispetto».

     

    Una pace fra i clan, che si sono spartiti le sfere d’influenza. E con la politica prona, per raccoglierne il dividendo di consensi e preferenze. Una pace densa di episodi maleodoranti di cui hanno dato puntualmente conto le cronache dei giornali. Capanni bruciati, stabilimenti balneari incendiati, negozi arrostiti.

    pianta ostia pianta ostia

     

    I roghi non risparmiano neppure gli uffici pubblici. Il 9 gennaio del 2003 era andato in fumo l’archivio dove erano custodite tutte le licenze edilizie. L’anno scorso invece la furia delle fiamme è stata scatenata contro l’ufficio ambiente, quello che si occupa delle spiagge. Un ufficio enorme all’interno della pineta di Ostia, dove si trovavano gli armadi con tutte le concessioni balneari: ridotti ovviamente in cenere insieme al loro prezioso contenuto. Perché la sabbia è l’oro di Ostia. E chi ha la sabbia comanda. Anche su chi ne ha di meno.

     

    OSTIA ANTICA OSTIA ANTICA

    Per non parlare delle intimidazioni. «Se torni ti spariamo», si è sentita gridare in faccia senza ritegno Rossella Matarazzo, la delegata per la sicurezza di Marino che era andata ad aprire i primi due varchi sul lungomare di Ostia, da anni chiusi al libero passaggio dei cittadini. «Se torni prendiamo il mitragliatore!».

     

    ATTACCHI SUI SOCIAL

    Iniziativa apparentemente banale, quella di sfondare le barriere illegali che dagli anni Ottanta impedivano l’accesso alla spiaggia, ma che ha rappresentato il primo gesto di rottura di quell’equilibrio fra politica e interessi opachi su cui basa il «Sistema Ostia». Un sistema ormai capace di rispondere colpo su colpo anche usando internet e i social network. Ne sa qualcosa Stefano Esposito, attuale assessore ai Trasporti del Comune di Roma e commissario del Partito democratico di Ostia.

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    Dopo le dimissioni di Tassone aveva attaccato via Facebook il clan degli Spada promettendo di «togliergli il sorriso», ricevendo in ricambio una gragnuola di insulti conditi da un arrogante sfottò: «A noi er sorriso nun ce lo leva nessuno…». Da allora un venticello sgradevole soffia miasmi in rete all’indirizzo di Esposito e Sabella. Determinato, quest’ultimo a non mollare la delega al litorale «fino a quando non sarà abbattuto il lungomuro di Ostia».

     

    Omicidio Ostia Foto GMT Omicidio Ostia Foto GMT

    Che però di sicuro non cadrà senza il passaggio fondamentale: la rigenerazione della politica. Marino dice che il partito democratico a Roma, ossia la forza che controlla la maggioranza del consiglio comunale, era un comitato d’affari. Se è così, a Ostia doveva essere ancora più grondante di marciume. Abilmente coperto dall’ipocrisia di elezioni primarie con un candidato unico del partito: gli altri erano stati opportunamente scoraggiati con la scusa di non rompere l’unità del pd. Rappresentata, appunto, da Tassone. Quattro circoli su dieci sono stati già chiusi; un paio ancora prima della sconvolgente relazione di Fabrizio Barca sulle tessere finte. E alla fine, a quanto pare, non ne resteranno che un paio.

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