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    “IL CAV MI DEVE MOLTO. A PARTIRE DALLA PAROLA BUNGA-BUNGA” - LA RIVELAZIONE DEL COMICO PAOLO ROSSI: “ERA UNA STORIELLA CHE IO E ALTRI COLLEGHI RACCONTAVAMO IN 'COMEDIANS', SPETTACOLO IN SCENA ALL’ELFO NEGLI ANNI '80. POI QUALCUNO L’HA PORTATA NEGLI AMBIENTI MEDIASET” – LA BATTUTA “SI MUORE TUTTI DEMOCRISTIANI” DI LA RUSSA - QUELLA VOLTA CHE CON MORGAN “DEPRESSO FINO AL MIDOLLO” PROGETTO’ UNA RAPINA A CASA DI FABIO FAZIO. E PUPO COME DOSTOEVSKIJ - LIBRO+VIDEO


     
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    Estratto dell'articolo di Roberta Scorranese per il “Corriere della Sera”

     

    paolo rossi paolo rossi

    Paolo Rossi è un uomo diviso: tra la casa di Milano e quella di Trieste, tra tre famiglie, tra l’istinto casalingo e le tournée teatrali. «E adesso anche tra due cognomi», annuncia seduto sul divano del suo appartamento triestino, «mi faccio chiamare Paolo Rossi Kobau». Sua figlia Georgia, 29 anni, alza gli occhi al cielo: «L’ho scoperto oggi, per caso, su Wikipedia».

     

    Il cognome di sua nonna.

    PAOLO: «Me l’hanno cambiato di là (indica la vicina Slovenia, ndr ), l’ho lasciato».

    GEORGIA: «Peraltro, forse nemmeno ci chiamiamo davvero Rossi».

     

    Già, in «Chissà se è vero», il libro che avete scritto a quattro mani, c’è il racconto della vostra famiglia: pare che il nonno di Paolo non sia stato il suo vero nonno.

    P: «Jannacci diceva: “Una storia è bella? Allora è vera”».

    G: «Una sera a Napoli Paolo mi rivelò che in famiglia c’era questo segreto-non segreto, perché pare che tutti sapessero ma nessuno ne parlava. Chissà chi era il mio vero bisnonno, forse un pescatore di passaggio. O un marinaio».

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    (...)

     

    Ma almeno, Georgia, quando era a casa la faceva ridere con qualche battuta?

    G: «No, anzi. Mi terrorizzava facendo l’imitazione di Jack Nicholson in Shining ».

    P: «Eravamo in Lucania, un albergo sperduto nel nulla, noi i soli clienti, fuori i lupi.

    Lei si spaventò, ma pure io venni umiliato, perché la sera, in tv, diedero quel film e insomma, di fronte a Jack Nicholson originale io sparivo. Sfortuna. Un po’ come quando feci l’imitazione di un imprenditore edile e questo diventò premier. Oops!».

     

    Georgia, in privato, mi ha detto che lei, in fondo, è un papà affettuoso.

    paolo e georgia rossi paolo e georgia rossi

    P: «Vorrei vedere: ho assistito in sala operatoria a tutti e tre i parti».

     

    Anche se nel libro la chiama «L’impostore».

    G: «Perché con lui non sai mai quando sta dicendo la verità o quando sta recitando».

     

    Il primo spettacolo di papà al quale ha assistito?

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    G: «Non ricordo, ma rammento che a ogni spettacolo, a un certo punto lui si metteva a parlare di Berlusconi. Ecco, io ho imparato chi era B. dagli spettacoli di mio padre».

    P: «Silvio mi deve molto».

     

    Davvero? E che cosa?

    P: «La parola Bunga-Bunga, per esempio. Era una storiella che io e altri colleghi raccontavamo in Comedians , spettacolo in scena all’Elfo negli anni Ottanta. Poi, in qualche modo, qualcuno l’ha portata negli ambienti Mediaset».

     

    Ma no.

    P: «E secondo lei di chi è la battuta “Si muore tutti democristiani”, da cui mio figlio Davide ha tratto il titolo di un suo film? Di Ignazio La Russa. Ci incontrammo a San Siro, vollero farci una foto insieme e io chiesi che almeno ci fosse lo striscione dell’Inter. Quando ci salutammo, mi disse proprio quella frase».

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    Per chi avete votato alle ultime elezioni?

    G: «Io Pd. Ma Elly Schlein non mi piace, almeno per quello che ho visto finora».

    P: «Io non voto da tredici anni, da quando mi candidai (in Lombardia al Consiglio Regionale per la Federazione della Sinistra, ndr ). Ma non votai nemmeno quel giorno: mi guardai allo specchio, non mi fidai di me stesso e rimasi a casa. Forse sono stato l’unico candidato nella storia a non aver votato per sé stesso».

     

    G: «Paolo ha idee molto radicali in fatto di politica».

    P: «Coerenti. Io sono per le ronde culturali: girano per strada e chiedono, a campione, di recitare il V canto della Commedia. Non lo sai? Via, in campo di concentrazione».

    G: «E se uno nella vita vuole solo fare, poniamo, pasticcini e non interessarsi a altro?».

    P: «Parafrasando il più grande di tutti, Mourinho, “uno che sa tutto di dolci non sa niente di dolci”».

     

    (…)

    Però Paolo conosce molti personaggi dello spettacolo, forse per lei, Georgia, questo può essere divertente.

    G: «Racconta di quella volta che ti chiamò Morgan».

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    P: «Mi telefonò nel cuore della notte, depresso fin nel midollo. Cioè, capite: Morgan che, a terra, chiama me. Comunque, io per distoglierlo dai pensieri neri, gli dissi: “Dai andiamo a fare una rapina a casa di Fabio Fazio”. E passammo la notte a fare una piantina della casa di Fazio. A proposito, Fabio, se stai leggendo ti mando un bacio». Georgia, a un papà così divertente si perdona tutto.

     

    (...)

    Paolo, perché?

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    P: «Perché se lavori in teatro non ti puoi permettere di stare male, mento a me stesso per curarmi e per ristabilire una realtà storica diversa». G: «Una parte di me considera queste frasi inconcepibili, però dentro di me c’è una Georgia che lo capisce».

     

    E poi, Paolo, lei ha tanti amici e colleghi che le telefonano tutti i giorni.

    P: «Dopo le polemiche per la sua annunciata partecipazione a un festival in Russia, mi ha chiamato Pupo, lamentandosi: “Guarda come mi trattano, Paolo”. E io: “Pupo, ti stanno trattando come Dostoevskij”. E lui, senza battere ciglio: “Hai ragione, è proprio così”».

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