Danilo Taino per il "Corriere della Sera"
Xi Jinping CINA
Qualche finestra inizia ad aprirsi sull'oscuro mondo dei prestiti che la Cina concede a diversi Paesi. Ieri, è stato pubblicato uno studio, durato 36 mesi, che per la prima volta analizza le caratteristiche di questi contratti, di solito avvolti di mistero.
Lo hanno realizzato AidData dell'Università William & Mary, il Center for Global Development, l'Institut für Weltwirtschaft di Kiel, il Peterson Institute for International Economics su cento prestiti cinesi in 24 Paesi. I termini che il prestatore impone sono «muscolari», dicono gli autori della ricerca.
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I contratti sono: 76 della ExIm Bank of China, otto della China Development Bank (Cdb), otto di banche commerciali di Stato, quattro di fornitori di crediti, quattro del governo di Pechino, per un totale di quasi 37 miliardi in dollari.
Un gran numero di contratti - il 100% di quelli della Cdb e il 47% della ExIm - ha clausole di confidenzialità che, a differenza di quel che avviene di solito, non riguardano il prestatore ma chi contrae il debito. Dal 2015 , tutti i prestiti contengono questo obbligo di segretezza.
Un modo per mantenere una certa oscurità. Il 29% dei prestiti cinesi applica garanzie di pegno o depositi di garanzia per coprirsi da rischi di insolvenza: una quota molto più alta del 7% medio dei contratti dei Paesi Ocse e dell'1% chiesto dai creditori multilaterali.
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Nel 70% dei casi in cui si usa il deposito di garanzia, le entrate prodotte dal progetto che il prestito finanzia devono finire nel deposito stesso. In cinque contratti della Cdb - con Venezuela, Argentina, Ecuador - la banca ha il diritto di impedire al debitore di prelevare fondi da quel conto corrente.
Tutti i casi analizzati impegnano il debitore a non intraprendere alcun processo di ristrutturazione multilaterale del debito, per esempio al Club di Parigi. Inoltre il 100% dei prestiti di ExIm Bank e di Cdb contiene la clausola di cross-default : se cioè il debitore è insolvente in un suo prestito qualsiasi, lo è anche in quello con il creditore cinese.
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La banca cinese detiene pure il diritto di ritirare il credito e di pretendere l'immediato pagamento in un ampio ventaglio di casi, anche di origine politica. E, nei contratti della Cdb, se il debitore è uno Stato che fa default è prevista la rottura delle sue relazioni diplomatiche con Pechino. Non proprio «prestiti dell'amicizia».
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