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    PERCHÉ È COSÌ DIFFICILE CONVINCERE I BAMBINI A SMETTERE DI GIOCARE A UN VIDEOGIOCO? LA BUONA NOTIZIA È CHE I RIFIUTI NON C’ENTRANO CON LA DIPENDENZA DA TECNOLOGIA – SECONDO I NEUROLOGI DIPENDE TUTTO DALLA CORTECCIA PREFRONTALE, OSSIA LA PARTE DEL CERVELLO DEPUTATA ALLA GESTIONE DEGLI IMPULSI E COINVOLTA NEI PROCESSI DECISIONALI CHE, SE NON COMPLETAMENTE SVILUPPATA…


     
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    Cristina Marrone per "www.corriere.it"

     

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    Perché è così difficile convincere i bambini a smettere di giocare?

    I genitori di tutto il mondo combattono ogni giorno una battaglia titanica quando chiedono ai figli di spegnere i videogiochi per fare i compiti, cenare o andare a letto. In genere la richiesta è accolta con capricci, porte che sbattono o la classica controproposta: «Ancora un minuto».

     

    Ma perché è così difficile convincere i bambini a smettere di giocare? I neurologi hanno una teoria, e la buona notizia è che non c’entra con la dipendenza da tecnologia. In realtà bambini e adolescenti non hanno ancora sviluppato la capacità di interrompere un’attività gratificante per passare a qualcosa di poco divertente.

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    Il problema sta tutto nella corteccia prefrontale, ossia la parte del cervello deputata alla gestione degli impulsi e coinvolta nei processi decisionali che, fino ai 25 anni, non è completamente formata.

     

    Questa zona del cervello controlla le risposte emotive inibendo le spinte eccessive, permettendo così di padroneggiare le reazioni automatiche (e spesso spropositate) a emozioni intense.

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    L’incubo livelli: un dolce mangiato a metà

    Nora Volkow, direttrice del National Institute on Drug Abuse negli Stati Uniti ha spiegato al Wall Street Journal, che al tema ha dedicato un ampio articolo, come il nostro cervello sia programmato per cercare interessi e appagamento: «Spegnere il videogame al bambino prima che abbia completato un livello è come vedersi sottrarre una fetta di torta prima di essere arrivati a metà».

     

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    Solo che mangiare un dolce è un atto che ha una fine: una volta arrivati all’ultima briciola ci sentiamo appagati, mentre i videogiochi sono concepiti per offrire ricompense non conclusive (i livelli) che spingono il giocatore a voler continuare (e in alcuni videogiochi la fine non c’è mai).

     

    Immaginare gratificazioni meno immediate

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    «La capacità di interrompere qualcosa che ci piace si sviluppa progressivamente nell’infanzia, e va quindi costruita fin da quando i bambini sono piccoli, gestendo le interruzioni, spiegandone i motivi e aiutando a immaginare gratificazioni meno immediate, che arrivano al termine di percorsi che possono richiedere fatica» spiega Antonella Costantino, neuropsichiatra, direttore dell’Unità di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza all’ospedale Policlinico di Milano.

     

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    «È anche molto importante che i bambini possano sviluppare interessi differenziati con un range ampio di possibili gratificazioni, dalle quali è molto più facile andare e venire».

     

    Il ruolo della dopamina

    Secondo Chris Ferguson, psicologo esperto di videogame della Stetson University in Florida, l’attesa per giocare ai videogiochi si traduce in un aumento di circa il 75 per cento di dopamina nel cervello (il neurotrasmettitore che regola la sensazione di piacere e ricompensa) rispetto ai livelli di base.

     

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    Studi scientifici svolti anni fa ci dicono che più un giocatore diventa bravo, più i livelli di dopamina aumentano. Le ricerche però non sono mai state svolte su bambini perché richiedono l’uso di materiali radioattivi durante la Pet.

     

    Mentre gli adulti ragionando riescono (o dovrebbero riuscire) a canalizzare determinanti impulsi emotivi tenendo a freno le impetuosità e, riflettendo, passare a compiti meno graditi, (ignorando dunque l’aumento di dopamina nel cervello), nei bambini e negli adolescenti questo meccanismo non funziona ancora bene, proprio a causa di quella corteccia prefrontale immatura. Ecco perché smettere di giocare ai videogiochi diventa così difficile, a meno che non venga offerta un’attività ancora più appagante.

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    La strategia del timer

    Quindi è inutile staccare la spina esasperati, meglio avvisare con un po’ di anticipo che il tempo sta per scadere in modo che i ragazzi possano prepararsi. Inoltre può essere una buona strategia decidere insieme delle regole da rispettare.

     

    «Un buon trucco per la condivisione di queste norme» suggerisce Antonella Costantino, che è anche presidente della Società italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza «è rendere evidente che servono per tutti, che anche a noi succede a volte di fare fatica a interrompere qualcosa, e che quindi la regola aiuta tutti a ricordare un valore condiviso».

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    Utile è mettere in chiaro ancora prima di iniziare (e ricordarlo anche durante) che il gioco a un certo punto, dovrà finire. «Possiamo magari ribadire “Ti ricordi che tra 5 minuti devi chiudere il videogame perché devi fare i compiti?”» aggiunge l’esperta, che propone di usare strategie neutre come un timer o anche preavvisando i ragazzi che il tempo potrebbe scadere a metà di un livello di gioco e che purtroppo, a quel punto, dovremo interrompere comunque.

     

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    «I genitori possono suggerire, quando si avvicina l’ora X, di chiudere il videogioco poco prima dello scadere del tempo, una volta terminato il livello in corso e conservare i minuti non utilizzati per la prossima sessione, magari quando si dovrà affrontare una fase davvero complicata».

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