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    LETTA HA PROBLEMI CON LA MATEMATICA – LA DOTE AI 18ENNI PROPOSTA DAL SOTTI-LETTA NON È SOLO UN’IDEA TAFAZZIANA, È ECONOMICAMENTE INSOSTENIBILE: PER DARE 10MILA EURO AI GIOVANI CHE COMPIONO 18 ANNI SERVONO 2,8 MILIARDI – IL PD PENSA DI TROVARE I SOLDI CON UNA PATRIMONIALE SU CHI POSSIEDE ALMENO 1 MILIONE DI EURO MA LA PLATEA È INCERTA (300 MILA ITALIANI AL MASSIMO) E IL GETTITO DISCONTINUO...


     
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    Gianni Trovati per “Il Sole 24 Ore”

     

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    «Non è il momento di prendere soldi ai cittadini». Con una delle sue classiche sintesi, Mario Draghi nel maggio 2021 aveva bocciato così la proposta Dem della dote ai 18enni da finanziare con un’imposta di successione rafforzata. Ora il segretario Pd, che pure ha messo l’«agenda Draghi» al centro della campagna elettorale, la rilancia, forse nell’ipotesi che quel «momento» sia finito.

     

    Il cuore dell’idea è noto. Un assegno da 10mila euro che chi compie 18 anni, e proviene da famiglie di fasce economiche medio-basse, potrebbe spendere in formazione, piccola imprenditoria o in un alloggio.

     

    Il ritorno della proposta ha acceso critiche variegate, soprattutto da parte di chi sostiene che non sia una grande idea far partire la campagna elettorale parlando di nuove tasse e, più nel merito, da parte di chi pensa che per riaccendere l’ascensore sociale una formazione più efficiente e un ritorno della produttività che alzi occupazione e redditi sia più utile di un assegno una tantum.

     

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    Ma alla vigilia di un inverno complicato per il Pil e quindi per i conti pubblici, anche i numeri sono importanti. Secondo il Pd la dote andrebbe a circa metà dei neo 18enni, dunque a 280mila persone l’anno. Con un costo conseguente da 2,8 miliardi. Per finanziarla senza sottrarre fondi al resto bisognerebbe quindi aggiungere questa somma a un’imposta che negli ultimi tre anni ha prodotto in media 700 milioni all’anno Per arrivare a 3,5 miliardi (i 2,8 più il gettito attuale) bisogna moltiplicarla per cinque. Come?

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    La leva individuata dal Pd è quella di una tassazione progressiva sulle successioni di patrimoni da un milione in su (sotto c’è la franchigia) con un’aliquota massima del 20% a partire da 5 milioni. Nei documenti Pd si parla di una platea da circa 600mila persone, l’1% degli italiani.

     

    Nell’ultimo rapporto dell’Associazione italiana di private banking, una delle analisi di riferimento in assenza di un censimento ufficiale, i patrimoni milionari si incontrano invece in circa 165mila famiglie, cioè fra poco più 300mila italiani (immaginando ovviamente che i titolari siano solo i due genitori).

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    Ma oltre all’incertezza dei numeri c’è un altro aspetto che complica l’uso della successione come imposta di scopo. Questa deve avere un gettito costante, altrimenti negli anni di magra la «dote» finirebbe a carico anche della fiscalità generale. Gli incassi dalle successioni variano invece anche del 40-50% in un anno (lo dicono i bollettini delle Finanze), perché la «livella» agisce disinteressandosi del patrimonio di chi chiama.

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