Davide Zamberlan per "il Giornale"
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A migliaia ammassati sulla sabbia rovente, a prendere il sole ché pare la vitamina D faccia bene anche contro il coronavirus. Decine di ombrelloni multicolore, le ceste con i panini, le patatine, l'hummus, forse la frutta, difficile pensare ci fossero le lasagne; teli da mare, una folla a sguazzare sulla battigia, interrotta dalle sagome nere dei frangiflutti che entrano nell'acqua. In questi giorni di calura estiva, con temperature sopra i 30 gradi, Bournemouth, Inghilterra del sud quasi di fronte all'isola di Wight, è parsa come una città italiana della riviera adriatica nell'arsura dell'estate.
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Chi scrive non era lì a testimoniare in prima persona la voglia irresistibile di mare che ha preso in questi giorni migliaia di inglesi, ma la polizia del Dorset non si è tirata indietro: impotente di fronte a una marea umana incurante di ogni norma di distanziamento sociale, formale (2 metri richiesti dal governo) o di buon senso, non ha potuto far altro che dichiarare un major incident, scatenando l'inevitabile reprimenda dei politici e l'astio della rete per un comportamento totalmente surreale, sconnesso dalla realtà di un Paese che è prossimo ai 50mila morti da Covid-19.
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Il tema delle vacanze è centrale in questi giorni non solamente per l'idiozia balneare di Bournemouth. Il governo inglese sta infatti procedendo a una rivisitazione della regola delle due settimane di isolamento per le persone che giungono nel Regno Unito. La quarantena obbligatoria è entrata in vigore all'inizio del mese di giugno, accolta tra molte polemiche da parte della comunità scientifica (scettica sia sull'efficacia che sulla tempistica perché non imporla all'inizio della pandemia ma aspettare 3 mesi?) e dalle compagnie aeree e dal comparto turistico: state tagliando fuori il Paese dai flussi turistici internazionali proprio all'inizio dell'estate, senza alcun motivo scientifico valido.
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La ragione per continuare su una strada criticata da molti è stata politica: secondo i sondaggi questa era una misura che piaceva agli inglesi. La sottoporremo a revisione ogni tre settimane per valutarne l'estensione o il ridimensionamento, era stata l'avviso del governo. Che infatti lunedì dovrebbe annunciare l'inizio di un regime di ingressi preferenziali verso un numero ridotto di Paesi, virtuosi nella gestione del coronavirus: a partire dal 4 luglio, chi entra nel Regno Unito da questi Paesi non dovrà soggiacere alle due settimane di isolamento, che invece rimarranno in vigore per gli altri.
boris johnson sulla scogliera di dover - fotomontaggio del financial times
L'avvio dei ponti aerei dovrebbe avvenire in tre fasi: il primo gruppo, a partire dal 4 luglio, includerà anche l'Italia, oltre che Francia, Spagna, Grecia e Germania. Italiani in ingresso nel Regno Unito e inglesi di rientro dall'Italia non dovranno quindi autoisolarsi. In una seconda tranche, che sarà attivata in un momento successivo, partiranno i ponti aerei con i Paesi scandinavi, l'Olanda e alcune isole caraibiche.
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Una terza fase dovrebbe riguardare il sud-est asiatico e l'Australia, anche se la necessità di uno scalo aereo in un Paese potenzialmente escluso dal ponte complica la situazione. Il cambiamento di rotta, ampiamente anticipato dalla stampa e la cui conferma è attesa lunedì, consente al governo di invertire la rotta senza perdere la faccia. Soddisfatti il settore del turismo, le compagnie aeree, soprattutto i viaggiatori. Un po' meno la Commissione Europea che ha ammonito di non trattare in modo diverso Paesi europei con un profilo di rischio da coronavirus simile. Difficile pensare che a Downing Street se ne preoccuperanno.
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