DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Leonardo Martinelli per “la Stampa”
Era la fine degli anni Settanta. Un giovane diplomatico, in forze a Bruxelles presso François-Xavier Ortoli, allora presidente della Commissione europea, ricevette una telefonata. Inaspettata, imprevista. «Sono Valéry Giscard d’Estaing».
Proprio il presidente francese in persona. Che sapeva benissimo a cosa stesse lavorando quel diplomatico: l’ennesimo parere sulla domanda di adesione della Grecia alla Comunità economica europea. Destinato, come gli anni precedenti, a essere negativo.
A Vge (come i francesi chiamano l’anziano ex presidente) il suo connazionale disse che la competitività ellenica era troppo bassa. E che un’adesione prematura avrebbe avuto degli effetti negativi sulla Grecia stessa. Giscard d’Estaing, educato come sempre, ascoltò e cercò di argomentare. Ma poi, alla fine, sbottò, alla sua maniera (educatissima, da aristocratico francese intellettuale): «Non si lascia Platone alla porta ad aspettare».
L’adesione
Ormai è storia. Se la Grecia nel lontano 1981 entrò nell’Europa comunitaria, lo si deve soprattutto al presidente francese. In quegli anni erano in tre a premere per entrare nella Cee: con Atene, anche Madrid e Lisbona, tutte realtà che si erano liberate dalla dittatura da tempi relativamente recenti. Ma era proprio la Grecia a sollevare i dubbi maggiori: presso la Commissione ma anche da parte della Germania.
L’unico a incaponirsi fu Vge. Ma perché? Giscard d’Estaing (presidente dal 1974, lo stesso anno della fine del regime dei colonnelli e quello della nascita di Alexis Tsipras), era molto amico di Kostantinos Karamanlis, allora premier ellenico e alla guida del partito conservatore Nuova Democrazia. L’uomo politico (zio di Costas Karamanlis, primo ministro dal 2004 al 2009) era fuggito da Atene nel 1963, in esilio a Parigi. Lì aveva incontrato Giscard, amante dell’antichità classica. Era subito scoccata la scintilla.
Nel 1975 Vge sarà il primo statista europeo a rendergli visita ad Atene. Nella sua testa l’adesione alla Cee doveva servire in Grecia a consolidare la democrazia. Non solo: Giscard confidava in segreto ai suoi che quell’allargamento verso i paesi del Sud sarebbe servito a controbilanciare il peso del Regno Unito, membro della Comunità economica europea dal 1973. Non fu facile per Vge convincere il cancelliere tedesco Helmut Schmidt, ma il suo pressing fu tale che già il 28 maggio 1979 Atene firmò il trattato di adesione, una realtà dal primo gennaio 1981.
Il cambio della guardia
Intanto, però, il vento politico stava cambiando nella penisola ellenica: diventava sempre più popolare il socialista Andreas Papandreou (padre di George, primo ministro dal 2009 al 2011).
Le elezioni si tennero proprio in quel 1981. Per Papandreou l’adesione alla Cee, appena concretizzata, «sarebbe stata nefasta per l’economia greca», troppo debole. «L’avvenire della Grecia appartiene all’Europa», proclamava nei comizi Karamanlis. E lui, Papandreou, nei suoi, gli rispondeva: «L’avvenire della Grecia appartiene ai greci». Papandreou in realtà già allora segretamente rassicurava i vertici europei a Bruxelles. Alla fine vinse. E non fece alcun passo indietro rispetto agli impegni presi dal suo predecessore.
I vantaggi
Tanto più che nel frattempo, in Francia, nel maggio 1981, era diventato presidente il socialista François Mitterrand. Francia e Grecia si ritrovarono ancora legate a doppio filo. E Papandreou capì presto i vantaggi di stare in Europa, a suon di finanziamenti comunitari, assorbiti nell’imbuto del clientelismo.
Mentre gli obblighi, alla fine, erano ridotti, pochi i veri stimoli ad adattarsi alle nuove regole comunitarie, in particolare nell’efficienza dello stato. L’Europa unita? Solo un privilegio. Grazie Monsieur Giscard d’Estaing.
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