NON SOLO FISCHI – IL GIORNO DOPO LA CONTESTAZIONE ALLA SFILATA DEL 25 APRILE GLI EREDI DELLA BRIGATA EBRAICA SONO SODDISFATTI: “UN SACCO DI APPLAUSI E ABBIAMO DATO UNA TESTIMONIANZA IMPORTANTE” – “CI SCAMBIANO PER QUELLI CHE ODIANO LA PALESTINA, MA NON È COSÌ”

Francesco Rigatelli per “La Stampa

 

BRIGATA EBRAICABRIGATA EBRAICA

Non ci stanno i giovani ebrei a passare per soccombenti. La contestazione alla Brigata ebraica avvenuta durante la cerimonia per il 25 aprile è stata per loro solo l’ennesimo episodio di antisemitismo. «Chi ci ha fischiato? I soliti estremisti che hanno fatto una pessima figura», racconta Daniele Nahum, 32 anni. Lui è l’artefice del maggiore spazio dato alla Brigata durante le celebrazioni: «Di solito gli veniva riservato un angolino, quest’anno c’erano centinaia di persone. Un successo che ha suscitato applausi e commozione, mentre le contestazioni sono state minime».

 

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Nahum, ex capo dei giovani ebrei ed ex vicepresidente della Comunità ebraica milanese, è responsabile Cultura del Pd a Milano e come tale ha organizzato un convegno sulla Brigata ebraica all’interno di un programma, Bella ciao, sulla storia della Resistenza: «Da lì è nata l’idea di far sfilare la Brigata al centro del corteo con il Pd, protetta dal servizio d’ordine del partito, a fianco del vicesindaco Ada Lucia De Cesaris, dell’assessore Pierfrancesco Majorino, dell’architetto Stefano Boeri. Per la prima volta si è potuto ricordare degnamente la resistenza ebraica in Italia e in Europa. Molti pezzi della sinistra l’hanno capito». 

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Alla manifestazione ha partecipato anche Riccardo Correggia, 18 anni, capo di Hashomer hatzair, che significa giovane guardiano, praticamente gli scout socialisti sionisti. A Milano sono un centinaio e da cento anni si occupano di educazione. «Siamo una parte della Comunità che si fa riconoscere. Siamo anticonformisti e se c’è da criticare il governo israeliano lo facciamo senza problemi. Eppure se manifestiamo veniamo sempre scambiati per quelli che odiano la Palestina, ma non è così».

 

«Partecipare è stata una decisione difficile - ricorda Correggia -. Tra noi ci sono ragazzi piccoli, che a sentirsi gridare dell’assassino si spaventano, ma nel complesso sono contento perché siamo riusciti a dare un messaggio positivo. Tra l’altro molti della Brigata ebraica facevano parte del nostro movimento».

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Lo ricorda anche Guido Guastalla, che a 73 anni proprio giovane non è più ma il 25 aprile c’era ed è l’editore di Due della brigata, il libro di Miriam Rebhun, da cui è partito il dibattito. «È la storia di due fratelli gemelli - riepiloga Guastalla - mandati negli Anni 30 da Berlino in Palestina per sfuggire alle persecuzioni. Da lì uno parte per combattere in Francia, l’altro con i 5 mila della Brigata ebraica che risale da Taranto a Ravenna. Per cinquant’anni la storia è scomparsa dalla memoria storica, ma sa una cosa? Allora Israele non esisteva e la Brigata si chiamava palestinese. Viene chiamata ebraica oggi per evitare equivoci».