SAPORE DI COFFY - IL MARCHESE FULVIO ABBATE: “COFFERATI TORNA A MOSTRARSI COME DIFENSORE GARANTITO DELL’ART.18 E IO SOGNO UN FILM DEI VANZINA SU DI LUI PER FARE GIUSTIZIA DI UNA SIMILE FACCIA DI BRONZO” -

manifestazione 23 marzo 2002 articolo 18 circo massimomanifestazione 23 marzo 2002 articolo 18 circo massimo

Fulvio Abbate per il “Garantista

 

Sergio Cofferati meriterebbe un film scritto e diretto dai Vanzina. A interpretarlo potrebbe essere, se non proprio Massimo Ghini (che è pure orgogliosamente di sinistra, e dunque gli verrebbe facile calarsi nella parte) il non meno esemplare Paolo Conticini, la dinamica spalla galante di Christian De Sica. Un film per raccontare Cofferati come oggetto di ammirazione sindacale, umana e, già chi ci siamo, perfino politica. Anche in assenza di risultati considerevoli, anche al cospetto del nulla, del suo silenzio. Non proprio una commedia, ma quasi.

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Perfino dei materiali filmati d’archivio potrebbero tornare utili per la buona riuscita del lavoro. Le scene, metti, della manifestazione per il “NO” alla modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Cos’era? Mi pare di ricordare che stavamo nel 2002, il 23 marzo di quell’anno, un secolo fa, e Roma, con il suo Circo Massimo, e non soltanto, sembrò colmarsi di (circa) tre milioni di persone, tutte per Cofferati.

 

Ovunque bandiere della “sua” CGIL e berrettini rossi, un’apoteosi raramente vista, sembrava quasi che dal cielo sopra la Passeggiata Archeologica dovesse da un momento all’altro scendergli sulla testa un’aureola, proprio a lui, Cofferati, il nuovo imminente leader, “il Cinese”, come lo chiamavano sui giornali, non senza somma considerazione per le sue doti di stratega silenzioso.

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Insomma, una delle più oceaniche manifestazioni italiane del dopoguerra. Personalmente, ricordo che alla fine del comizio provammo ad andare a pranzo alla trattoria della Sora Lella, ma non ci fecero entrare perché appunto provvisti di berrettini rossi dello SPI-CGIL, che sfregio da fascisti ci fecero negandoci la pajata!

VELTRONI E COFFERATI VELTRONI E COFFERATI

 

Questo per dire che sembrava proprio che Cofferati dovesse montare il cavallo bianco della riscossa sul Paese, e ancor prima sui dirigenti del suo partito, i Ds, mi pare. Con tutti a pensare che da un momento all’altro D’Alema, Veltroni, Fassino, Livia Turco, insomma tutto il gruppo dirigente stesse per consegnarsi chiavi in mano a Sergio nostro, anzi, loro. Per non dire dell’entusiasmo delle “compagne” durante le manifestazioni, sempre di quel periodo: tutte a mangiarselo con gli occhi, a dire “Sergio!!! Sergio!!!” come si fa con i condottieri, con i santi, con chi sa il fatto suo. In un implicito, eppure evidente, discorsetto che suonava all’incirca così: caro Cofferati mo’ che il tempo tuo s’avvicina, è fatta, hai dalla tua la forza vera dei lavoratori, del più grande sindacato italiano, è proprio fatta, Se’… E giù a mandare baci.

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Così, proprio così, facevano le stesse che, sempre allora, nei medesimi cortei sollevavano cartelli inneggianti a Veronica, già, la moglie di Berlusconi, con su scritto: “Silvio non ti merita”, pensa che idee, pensa soprattutto che beata ingenuità. A tutto questo, seguì un silenzio assordante da parte del Condottiero Vincente.

 

Quelli, D’Alema e gli altri, rimasero al loro posto. E Coffy? L’antifona fu chiara già durante il Concertone del Primo maggio a piazza San Giovanni: molti a quel punto si aspettavano che Se’ avrebbe portato a cantare, tipo Jim Morrison e Jimi Hendrix resuscitati appunto dallo SPI-CGIL per l’occasione, e invece ne venne fuori una roba striminzita perché, come ci fecero notare i bene informati, si trattava di depotenziare l’onda, non dare un’idea d’arroganza (sic), e poi lui non voleva dare ancora la sensazione di strafare in assenza di una “vera investitura popolare” (sic), ossia il responso delle urne.

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Hai capito perché il bravo Paolo Conticini lo interpreterebbe alla perfezione nel film diretto dai Vanzina che sogniamo per lui? Alla fine l’investitura arrivò a Bologna. Con la sua candidatura a sindaco della città che veniva dall’onta d’avere avuto Guazzaloca, un corpo estraneo al codice genetico democratico del luogo. Insomma, Cofferati giunge a Palazzo d’Accursio, riuscendo in breve tempo a brillare come il peggior sindaco che l’ombra delle Due Torri potesse accogliere.

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Dopo una campagna elettorale sotto il segno della “partecipazione” adottò, come mi ha raccontato un amico del posto, metodi da “monocrate”. Su tutto, la questione della proibizione ai ragazzi di bere le “birrette” in piazza Maggiore e nelle altre strade del centro storico, nottetempo. Parlò del grande tema della legalità per poi prendersela con i lavavetri, infine si dimise appellandosi agli impegni privati, familiari, fra i quali di dover seguire un figlio piccolo. Salvo poi, da lì a poco, catapultarsi in Europa con i galloni di deputato. Poi, s’è detto, assoluto silenzio. Cofferati, chi?

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Come se si fosse inabissato, e mai una parola che fosse una, rispetto alle attese tradite presso coloro, sempre quelli con la bandiera e il berrettino, che dall’uomo si aspettavano un gesto di discontinuità, una nouvelle vague per la sinistra di lotta e di governo.

 

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Dimenticavo, nel film che i Vanzina dovrebbero dedicare a Cofferati accanto a Paolo Conticini potrebbe esserci un cameo di Nanni Moretti nel ruolo di se stesso: Moretti che appena sceso dal palco della (già citata) manifestazione dei tre milioni si avvia a piedi lungo viale Aventino, diretto verso il chissà dove o forse il “Boh?”, lo stesso che apriva il film di Pasolini con Totò e Ninetto Davoli.

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E intanto che scorrono le altre immagini di Sergio che firma autografi e riceve complimenti e baci torna il tema dell’inqualificabile elettore del centro-sinistra nella sua capacità di credere in tempo reale alle promesse, alle dichiarazioni d’intenti dei loro beniamini, gli stessi che non sembra abbiano mai commentato il grande silenzio di Cofferati in questi suoi anni recenti a Strasburgo. Ora che l’uomo torna a mostrarsi come difensore garantito dell’articolo 18 non resta che il sogno di un film dei Vanzina per sciogliere il nodo, per fare giustizia di una simile faccia di bronzo. O no?

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