DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
1. SALVINI: SE SERVE NE OSPITO UNO
Massimo Rebotti per il “Corriere della Sera”
«Se qualcuno mi chiede se sono disposto ad ospitare un profugo in fuga dalla guerra io dico di sì». Negli ultimi giorni di grandi cambiamenti sul tema immigrazione c’è forse da annoverare anche la disponibilità privata ad accogliere del leader della Lega Matteo Salvini? Lui precisa: «Non è che domani mattina mi metto a caccia di profughi per farmi bello» e polemizza con «quei miliardari per cui è facile pontificare, non avendo i problemi della vita quotidiana».
Il bersaglio è la popstar Bono che aveva invitato a non fare distinzioni tra profughi e migranti: «Ma distinguere è una questione di buon senso, lo dicevo stamattina anche a un parroco che mi accusava di non essere un buon cristiano». Salvini aggiunge di «rispettare» invece Gianni Morandi, che ha detto di voler aprire la sua casa a dei profughi, ma puntualizza che chi chiede regole «non è affatto brutto e cattivo» come viene dipinto.
Anche la sua disponibilità forse fa parte di un tentativo di ammorbidire i toni: «Io ho solo risposto a una domanda. E ho solo un bilocale» sorride. Sarebbe quindi una coabitazione un po’ stretta: «I giornalisti pensano che un leghista parli solo con bergamaschi o torinesi, ma non è così». Quindi, immaginando una chiacchierata con l’ospite, magari a fine giornata, Salvini cercherebbe oppure no di convincerlo a tornare «a casa sua»? «Tutti hanno il desiderio di tornare a casa. Anche io quando sono lontano da Milano».
I profughi però scappano da Paesi in guerra «e infatti lì bisogna intervenire, in Siria e in Libia, con la mano forte». Sulla nazionalità o religione dell’eventuale profugo da ospitare il segretario del Carroccio sostiene di non avere preclusioni — «Quando dono il sangue non chiedo a chi è destinato» — ma aggiunge che «la Merkel fa bene a scegliersi i siriani, che sono laureati, o il governo australiano a dare la precedenza alle minoranze cristiane perseguitate». L’unica condizione, quindi, è che sia una persona che fugge da una guerra e non un migrante in cerca di una vita migliore: «Eh, sì. Buono, ma non fesso».
Al di là del fatto che Salvini ospiti un profugo, eventualità che pare poco probabile, gli ultimi avvenimenti in Europa hanno forse tolto qualche argomento ai partiti più oltranzisti del continente? Lui nega: «Se l’Europa si sveglia, decide delle regole e ferma l’immigrazione incontrollata, vorrà dire che anche le nostre parole sono servite». Sostiene di volersi occupare anche d’altro: «Studio 12 ore al giorno il dossier pensioni, non mi voglio specializzare in immigrazione». Ma se si torna al punto conclude: «Temo che tra un mese saremo daccapo. E poi guardi il sistema italiano di distribuzione degli immigrati tra le varie regioni. È idiota…» .
2. MORANDI E GLI ALTRI (NON FAMOSI) CHI STA APRENDO CASA AI MIGRANTI
Renato Benedetto per il “Corriere della Sera”
La domanda si fa meno retorica: «Perché non li ospiti a casa tua?» è un immancabile luogo comune quando si discute, al bar o in un dibattito politico, di accoglienza dei migranti. Ora qualche porta si comincia ad aprire davvero: i cittadini iniziano a dare la disponibilità ad accogliere in casa i richiedenti asilo. Contattano Comuni e parrocchie, che, in diverse parti del Paese, organizzano «censimenti» dell’accoglienza.
Avranno contribuito le parole di papa Francesco. Oppure le immagini dei cittadini austriaci e tedeschi che davano il benvenuto ai rifugiati o quelle, drammatiche, dei migranti in mare e sulle coste, anche privi di vita. All’estero sono stati i leader a muoversi (come il premier finlandese Juha Sipila, che ha messo a disposizione la sua casa di campagna), con qualche vip (come Bob Geldof).
Qui è stato Gianni Morandi tra i primi a dirlo: ospitare un rifugiato in casa? «Sto pensando di farlo», ha scritto su Facebook, dopo aver spiegato di essere rimasto «molto colpito da come (in Germania, ndr ) hanno accolto i migranti». Ha fatto storcere il naso a diversi leghisti, finché Matteo Salvini, ieri, non ha detto in tv, ad Agorà : «Ospiterei un profugo nel mio appartamento, anche se ho un bilocale».
Non è leader di partito né di governo, ma deputata, la prima politica a farsi avanti in Italia: Giovanna Martelli, del Pd, metterà a disposizione di donne richiedenti asilo la casa, vuota, che ha a Mantova. «Una decisione presa con la mia famiglia. È il nostro metterci a disposizione del Paese, gestiremo i prossimi passaggi con la Prefettura», spiega. Qualcuno, soprattutto nei territori, ci aveva già pensato. Come Silvio Aimetti, sindaco di Comerio (Varese), pronto, già a luglio, ad ospitare, gratis, sei profughi in una casa di sua proprietà: «Non per buonismo, ma per dare una risposta concreta».
A dare l’esempio, poi, è il mondo ecclesiastico. L’ultimo caso quello del vescovo Giovanni D’Ercole, che ospiterà cinque migranti nella sua abitazione: ma sono diversi, da Livorno ad Avezzano (L’Aquila) a ospitare profughi tra diocesi ed episcopio. A Taranto l’arcivescovo Santoro una casa ai profughi l’ha trovata nel monastero Gesù Sacerdote delle Carmelitane Scalze: con tanto di trasloco per le monache di clausura.
Ma sono soprattutto i cittadini a dare la loro disponibilità. In tre giorni sono state 250 le famiglie che hanno telefonato al numero aperto della Regione Toscana per accogliere in casa un rifugiato (331/6983061). Alcuni pronti a farlo anche a titolo gratuito (il piano della Toscana prevede un rimborso). «Telefonano pensionati e giovani coppie, famiglie senza e con figli. Chiamano anche da fuori regione», spiegano.
Altrove ci si rivolge ai Comuni. In centinaia: così, da Brescia a Bari, si organizzano albi delle famiglie disposte all’accoglienza. Il coordinamento spetta alle prefetture e c’è sempre il coinvolgimento delle associazioni.
Perché tutto segua regole precise. Si deve stabilire, ad esempio, il periodo massimo di ospitalità. E che entità avrà, se ci sarà, il contributo per vitto e alloggio. Nodo non secondario: è stato un caso quello di Roberto Gabellini, che nella sua casa di Ceresolo (Rimini) ospita 17 richiedenti asilo. Polemica nata non solo perché Gabellini ha un passato nel Msi, ma anche perché riceve oltre 2.000 euro per l’ospitalità.
L’accoglienza «diffusa», in ogni caso, sembra diventare un modello. A Bologna Don Giovanni Nicolini, consulente del sindaco Merola sul tema, pensa a progetti di «accoglienza comunitaria»: «Troppo spesso siamo portati a delegare la solidarietà allo Stato», serve «responsabilità condivisa». Ma non per tutti aprire casa è la risposta. «Perché dovrei?», ha detto giorni fa Cecilia Strada, presidente di Emergency: «Vivo in una società e pago le tasse per aiutare chi ha bisogno. Ospitare è gentilezza. Creare, con le tasse, un sistema di accoglienza dignitoso è giustizia».
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