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1. POLIZIOTTA SPARA AD UN MANIFESTANTE IN BURUNDI. LA FOLLA TENTA DI LINCIARLA
Da http://www.dailymail.co.uk/
Un filmato ha catturato il momento in cui una poliziotta apre il fuoco su un dimostrante anti-governativo in Burundi, causando la rivolta della folla che la assale con pietre e coltelli.
È successo a Bujumbura, capitale del Burundi, dove sono in corso scontri tra la polizia e decine di dimostranti che protestano contro la terza rielezione del presidente Pierre Nkurunziza, ritenuta illegale dai trattati internazionali.
Il filmato mostra la poliziotta, in evidente stato di agitazione, mentre si avvicina con i colleghi ai manifestanti accalcati contro un muro. Pochi attimi dopo scoppia una colluttazione tra un agente e un uomo che porta la donna ad aprire il fuoco con il suo AK-47 e uccidere il manifestante a 3 metri di distanza.
Ecco la sequenza:
Dopo aver sparato, la donna viene afferrata dalla folla, che la prende a calci e pugni trascinandola per la strade di Bujumbura. Le immagini mostrano come la poliziotta cerchi di salvarsi la vita, sottraendosi alle pietre e ai coltelli dei manifestanti. Alla fine alcuni poliziotti riescono a mettersi tra lei e la folla, permettendole di scappare con solo qualche graffio. Non è chiaro perché la donna abbia sparato e non ci sono informazioni sul suo stato di salute.
La donna riesce a salvarsi:
Almeno un manifestante è rimasto ucciso durante gli scontri di ieri in Burundi, mentre altre due persone sarebbero morte durante la notte per lo scoppio di una granata. Il numero delle vittime tra i manifestanti anti-governativi sale a 20 nelle ultime due settimane, mentre gli altri leader africani si sono riuniti oggi in Tanzania per parlare della crisi in corso in Burundi.
Questa mattina i vertici militari del Burundi hanno annunciato di aver ripreso il controllo sul paese, dicendo anche di aver deposto il presidente Nkurunziza. Queste affermazioni sono state poi smentite dall’ufficio di presidenza, che tramite un tweet ha detto di aver sventato un tentativo di golpe.
Gli attivisti scesi in piazza sostengono che la terza rielezione di Nkurunziza violi il limite di 2 mandati, previsto dalla costituzione e dai trattati di pace firmati al termine della guerra civile nel 2005.
Le violenze sono scoppiate una settimana fa, quando i dimostranti hanno bruciato vivo un uomo, ritenuto membro dell’Imbonerakure, la milizia del partito di maggioranza CNDD-FDD da cui gli oppositori dicono di essere stati aggrediti la settimana scorsa.
Da parte sua, il governo ha negato che l’Imbonerakure abbia attaccato i dissidenti, e ha gravemente condannato l’uccisione promettendo “misure severe” perché non riaccada nulla di simile in futuro.
Più di 50 mila persone si sono rifugiate negli stati vicini dall’inizio della protesta. L’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha detto che la crisi si sta avviando verso lo scenario peggiore, quello che potrebbe vedere emigrare 300 mila persone, alcune in altre zone del Burundi e altre all’estero. Ciò porterebbe al ricollocamento del 3% della popolazione di uno degli stati più popolosi dell’Africa.
2. MIGLIAIA IN FUGA DAL BURUNDI SULLA NAVE DELLA GRANDE GUERRA
Lorenzo Simoncelli per “la stampa”
Il Burundi è di nuovo nel caos. A nove anni dalla fine della guerra civile, migliaia di persone sono in fuga a causa dei disordini scoppiati - oltre 20 le vittime - dopo la decisione del presidente Nkurukinza di candidarsi per la terza volta alle elezioni di fine giugno, nonostante la Costituzione glielo vieti. Dei circa 50 mila che stanno scappando dal Paese, stima l’agenzia Onu per i rifugiati, 22 mila si dirigono verso la Tanzania.
Per arrivarci devono attraversare il lago Tanganica, le cui acque, ormai da un secolo, sono navigate dal Liemba («lago» in lingua locale). Non un battello qualsiasi, ma una nave da guerra di 67 metri, con tanto di bocche per i cannoni, utilizzata dal kaiser Guglielmo II durante la Prima guerra mondiale per difendere la colonia tedesca dagli attacchi di inglesi e belgi.
Affondato due volte, rimesso in piedi su volere di Winston Churchill, da oltre mezzo secolo è l’unico mezzo di trasporto per merci e persone sul lago Tanganica. Data l’emergenza umanitaria, l’Onu ha deciso di affittarlo dalla Tanzania Railways Corporation, la società proprietaria dell’imbarcazione.
Ogni tratta, circa tre ore di viaggio, costa 10 mila euro alle Nazioni Unite, ma permette di mettere in salvo circa 600 persone, la capienza massima della nave. «Siamo riusciti a fare già una trentina di viaggi, ma il numero di profughi continua a crescere», ha commentato Joyce Mends-Cole, il rappresentante dell’agenzia Onu per i rifugiati in Tanzania.
Non è la prima volta che la gloriosa nave da guerra, che ha ispirato anche il film «La regina d’Africa» con Humphrey Bogart e Katherine Hepburn, si è trasformata in un barcone della speranza per i profughi burundesi. «È molto triste essere costretti a usarla nuovamente, ho riconosciuto alcune delle persone che erano scappate negli anni precedenti prima degli accordi di pace del 2006», ha affermato il rappresentante dell’agenzia Onu per i rifugiati in Tanzania.
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Quasi una seconda vita per una nave che da oggetto di guerra si è trasformata in un traghetto verso la speranza. Nel 1997, sempre l’Onu, l’aveva utilizzata per rimpatriare oltre 75 mila profughi scappati dalla Repubblica Democratica del Congo lacerata dalla guerra civile scoppiata dopo la caduta del dittatore Mobutu.
Segnata dagli anni, con le paratie bianche arrugginite, il tempo di andare in pensione per la vecchia Liemba, però, non sembra ancora essere arrivato. Nella capitale Bujumbura, infatti, una parte dell’esercito, con un colpo di Stato, ha preso il potere del Paese, proprio mentre il presidente, che con un comunicato ha negato di essere stato deposto, si trovava in Tanzania in una riunione straordinaria con i capi di Stato dell’Africa Orientale per cercare di risolvere la situazione per vie diplomatiche.
Gli accessi al Paese sono stati chiusi e la situazione è «molto fluida», ha dichiarato il portavoce del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Da qui a fine giugno, quando si dovrebbe votare, l’instabilità politica rimarrà alta e migliaia di persone continueranno a lasciare il Paese.
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