RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Estratto dell’articolo di Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
Signor Finkielkraut, dopodomani si vota. È preoccupato?
«Molto, come non lo sono mai stato. Preoccupato e infelice. La decisione del presidente della Repubblica è stata strana e catastrofica, e adesso noi ci ritroviamo con due blocchi estremi. A sinistra, i socialdemocratici hanno accettato di allearsi con la sinistra radicale, ovvero antisemita.
Perché l’antisemitimo della France insoumise (il partito di Jean-Luc Mélenchon, ndr ) non è marginale, è programmatico, è una scelta di società. E a destra abbiamo il Rassemblement national, che non è più un partito petainista, non è più la peste bruna. Ma va combattuto comunque. Per quel che è e non per quel che alcuni sognano che sia».
Se non è più il partito petainista di un tempo, perché il Rn va combattuto?
«Perché sceglie la Russia contro l’Ucraina e quindi contro l’Europa, con tutto quel che rappresenta. […]».
Quanto all’evoluzione dell’estrema destra, c’è l’esempio di Giorgia Meloni e la sua rottura con i toni del passato, specie una volta arrivata al potere. Marine Le Pen e Jordan Bardella sembrano seguire la stessa strada, ma resta il problema della base. In Italia in questi giorni c’è il caso delle frasi antisemite e filonaziste di alcuni militanti del partito di governo. In Francia non si corre lo stesso rischio? Davvero il Rn ne è immune?
«La differenza che vedo tra Meloni e Le Pen è che la prima ha scelto l’atlantismo e il sostegno all’Ucraina, mentre la seconda purtroppo no. Quanto all’antisemitismo, è ormai chiaro che in Francia è legato all’ islamo-gauchismo […] È un antisemitismo d’importazione, legato all’immigrazione, ripreso dalla sinistra radicale che si coltiva così un bacino elettorale. L’estrema destra ha altre priorità, si fa interprete di un sentimento diffuso in una parte della popolazione, che non riconosce più il proprio Paese: arrivano troppi immigrati perché possano integrarsi. Questa preoccupazione, a torto chiamata razzismo, l’abbiamo abbandonata nelle mani del Rn. E oggi ne paghiamo le conseguenze».
Chi voterà al primo turno?
«Per la lista di Gabriel Attal, che aveva cominciato a essere un grande ministro dell’Istruzione prima di diventare premier. Non sono affatto un macronista. Vedo la lingua, la cultura, la scuola, la nazione disfarsi e in questo senso sono un conservatore. Ma il lavoro di Attal sulla scuola e sull’autorità andava nella direzione giusta».
E al secondo turno?
«Non voterò mai, mai, per un candidato del Nouveau front populaire (Nfp). O perché è della France insoumise (LFi) compromessa con l’antisemitismo, o perché è un moderato che però aderendo al Nfp, dominato dagli insoumis , è sceso a patti con l’antisemitismo. Poi, dipende da chi sarà presente al ballottaggio. Se fossi nel Vaucluse e dovessi scegliere tra il Rn e Raphaël Arnault (Nouveau front populaire), che ha magnificato il 7 ottobre come un’offensiva senza precedenti della resistenza palestinese, voterei per la candidata Rn. Non voglio un pogromista all’Assemblea nazionale».
Che effetto le fa, da un punto di vista personale, essere pronto a votare Rn? Lei è nato a Parigi da una famiglia di ebrei polacchi in parte sterminati dalla Shoah.
«Lo farei con la morte nel cuore. Mio padre è stato deportato ad Auschwitz nel 1942 e poi è arrivato in Francia, vivo sotto il suo sguardo. […] Vivere umanamente è dialogare con i morti. Penso che agendo così resterei fedele a mio padre. Che mi ha insegnato a non cedere mai all’antisemitismo, da qualunque parti arrivi».
Che cosa si aspetta in caso di vittoria del Rn?
«Manifestazioni, e un clima quasi insurrezionale. Sarebbe scandaloso, perché gli elettori vanno rispettati. […] Solito antifascismo di paccottiglia». […]
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