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Angelino Alfano insiste: usiamo le forze speciali militari nella lotta contro il terrorismo. Alla Difesa frenano: ragioni di sicurezza nazionale, dicono. In realtà, sembra che la mossa del ministro "senza quid" dell'Interno sia motivata più da ragioni di visibilità politica che da possibilità tecniche operative.
Tant'è che Palazzo Chigi frena l'impiego delle forze speciali contro il terrorismo. Vorrebbe che la boutade di Alfano passasse nel dimenticatoio. A consigliare Renzi questa strategia sarebbe stato proprio Carmine Masiello, suo consigliere militare.
Masiello è un generale dei paracadutisti e istruttore parà, ma non è un incursore: titolo necessario per essere considerati "forze speciali". Lo era, invece, Marco Bertolini, ex Comandante del Comando operativo interforze, che da poco ha lasciato l'incarico.
Ma perchè Masiello avrebbe consigliato l'oblìo sulle frasi di Alfano? Eppure il decreto "Missioni" autorizza il loro utilizzo sul territorio nazionale in chiave antiterrorismo. Il motivo è legato al numero di Forze speciali a disposizione delle Forze armate.
Ufficialmente il numero è segreto. In realtà, sembra che tutti i militari che si possono fregiare del titolo di "incursore" non superano le 400 unità. Divisi fra Col Moschin (Esercito), Comsubin (Marina), "17° Stormo" (Aeronautica), e Gis (Carabinieri). Ignoto, invece, il numero degli uomini della Polizia (Nocs).
Buona parte di questi uomini sono poi impegnati nella Task Force 45 in Afghanistan, un nucleo di Rambo impegnati nelle operazioni riservate al fianco degli omologhi americani, come i Navy Seals: tant'è che una parte dell'addestramento degli incursori Usa è a Varignano, base delle forze speciali della Marina
Ne consegue che il contingente di incursori a disposizione di Alfano in chiave antiterrorismo potrebbe essere di poco superiore ai cento uomini: un po' pochi per metterli fuori dalle chiese...
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